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Eni, dalla Nigeria la prova della maxitangente

Eni, dalla Nigeria la prova della maxitangente

Secondo la Procura di Milano, il cerchio è chiuso: nelle carte arrivate dalla Nigeria e appena depositate al processo con imputati Eni, Shell e i loro vertici (tra cui l’amministratore delegato della compagnia petrolifera italiana Claudio Descalzi), ci sarebbe la prova della corruzione internazionale. Sono documenti raccolti dalla Efcc, la polizia anticorruzione nigeriana. Raccontano il modo ingegnoso con cui un pubblico ufficiale della Nigeria ha incassato una parte (un paio di milioni di dollari) dei soldi provenienti dalla vendita, nel 2011, dei diritti d’esplorazione dell’immenso campo petrolifero Opl 245.

E che pubblico ufficiale: nientemeno che l’attorney general e ministro della Giustizia della Nigeria, Mohammed Adoke Bello. È, insieme all’allora presidente della Repubblica federale, Goodluck Ebele Jonathan, uno dei sei pubblici ufficiali nigeriani che i pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro ritengono i percettori della mega-tangente (1,092 miliardi di dollari) ricevuta nel 2011 in cambio del grande giacimento assegnato dal governo nigeriano dell’epoca a Eni e Shell.

Eni ha versato quella cifra su un conto JpMorgan a Londra, aperto dal governo della Nigeria, dunque si ritiene al sicuro da ogni accusa di corruzione internazionale. Ma – secondo l’ipotesi d’accusa – i soldi sono poi stati dispersi e spartiti tra i politici africani, senza che un solo cent restasse nelle casse dello Stato.

Ora le carte raccolte dalla Efcc chiudono il cerchio, provano l’acquisto da parte di Adoke Bello di una proprietà nel centro di Abuja, la capitale della Nigeria. I documenti bancari già presenti nelle carte del processo ricostruiscono il modo con cui l’allora ministro della Giustizia ha mascherato la tangente arrivata dall’Europa. Provano che, il 30 gennaio 2012, Adoke Bello ha aperto un conto presso la Unity Bank di Abuja. Lo attiva versando pochi spiccioli, ma sa che la banca gli concede uno scoperto altissimo. Infatti il 15 febbraio 2012 ritira 300 milioni di naira, circa 830 mila dollari. Con questi – soldi della banca – compra una grande proprietà nel centro chic di Abuja.

Va in rosso per 300 milioni, ma lo scoperto è sanato nei mesi successivi da una miriade di piccoli versamenti di contanti: 74 versamenti sono per cifre che vanno da 1 a 10 milioni di naira (vale a dire: da 2 mila a 25 mila dollari). Arriva qualche raro assegno. Poi il 16 e il 18 settembre 2013 entrano due versamenti più consistenti: 105 e 110 milioni di naira (più o meno 300 mila dollari) che arrivano dal sistema dei Bureau de Change nigeriani, i cambiavalute locali. Insomma: tante formichine portano soldini nel conto di Adoke, che così ripiana il suo debito con la banca.

Dove vanno i 300 milioni che l’ex ministro preleva in un botto solo dalla sua banca? Vanno alla società Carlin International Nig. Ltd, il 15 febbraio 2012. Causale: “Pagamento del Plot 3271”, cioè la grande proprietà nel centro di Abuja. La Carlin è una delle società riferibili al grande manovratore in contanti dei soldi versati da Eni al governo nigeriano: Alhaji Abubaker Aliyu, chiamato in patria “Mr. Corruption”. Secondo le carte appena arrivare dalla Nigeria, il Plot 3271, di 5,4 mila metri quadrati, passa dalla società City Hopper alla società A Group Properties Ltd, per 700 milioni di naira (poco meno di 2 milioni di dollari). Poi la A Group Properties lo passa alla Carlin, che per 300 milioni lo gira ad Adoke Bello. La A Group Properties, come la Carlin, è riconducibile ad Abubaker e come la Carlin è domiciliata all’indirizzo di Abubaker, al 32 di Mediterranean Street, Abuja.

La girandola di conti, versamenti in contanti, contratti d’acquisto si alimenta con i soldi che Eni versa nel maggio 2011 su un escrow account JpMorgan di Londra del governo nigeriano, che poi nell’agosto 2011 passano in due conti in Nigeria della società Malabu (riferibile all’ex ministro del petrolio Dan Etete). Poi i soldi girano e rimbalzano come una pallina di flipper: 54,4 milioni sono prelevati in contanti da Abubaker; 466 milioni sono trasferiti, sempre da Abubaker, ai Bureau de Change e poi movimentati in contanti. Arrivano, secondo i pm, mazzette all’allora presidente Goodluck, ad Adoke Bello, al suo predecessore Bajo Oyo, al ministro del petrolio Diezani Alison Madueke, al capo della sicurezza nazionale, generale Aliyu Gusau, all’ex senatore Ikechukwu Obiorah.

 

Aiutiamoci a casa loro

Nel 2011, Eni paga al governo nigeriano 1,092 miliardi di dollari la concessione del campo petrolifero Opl 245. Poi i soldi, secondo i pm, vanno a politici nigeriani e una parte torna a manager Eni: 917 mila dollari a Vincenzo Armanna; 50 milioni a Roberto Casula, responsabile per le attività della compagnia nell’Africa sub-sahariana. Una quota dei soldi andati al mediatore nigeriano Emeka Obi finisce su un conto di Lugano di Gianluca di Nardo, che aveva trattato l’affare insieme a Luigi Bisignani, grande amico dell’allora amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni.

 

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Il Fatto quotidiano, 7 novembre 2019
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