VATICANO

Il Codice Becciu. Le chat contro il Papa del cardinale e del suo clan

Il Codice Becciu. Le chat contro il Papa del cardinale e del suo clan

Il perdono di papa Francesco non ha bloccato la giustizia vaticana: il cardinale Angelo Becciu, già indagato per la gestione dei fondi della segreteria di Stato vaticana, risulta ora inquisito con altre persone anche per associazione per delinquere. Lo ha confermato ieri il promotore di giustizia Alessandro Diddi (che in Vaticano rappresenta il magistrato d’accusa), riferendo gli esiti della rogatoria avviata in Italia, presso il tribunale di Sassari, che ora ha trasmesso in Vaticano i risultati degli accertamenti condotti dalla Guardia di finanza di Oristano sulla Cooperativa Spes di Ozieri, guidata dal fratello di Becciu, Antonino.

Tra il materiale d’indagine arrivato a Diddi, chat estratte dai telefoni sequestrati a Maria Luisa Zambrano, nipote del cardinale, e al fratello di Becciu. In questo materiale, ha rivelato Diddi, ci sono anche “considerazioni su questo Ufficio e sullo stesso Tribunale”, oltre a considerazioni su giornalisti che secondo gli inquirenti vaticani “avrebbero partecipato a una campagna di stampa contro questo processo”. Sono arrivati anche 928 documenti di trasporto e bolle di consegna falsificate che sarebbero servite “a giustificare le somme erogate dalla diocesi alla Spes”.

I documenti falsi sarebbero stati costruiti prima del processo per giustificare movimenti di denaro del 2018. Diddi ha parlato di “pesanti ingerenze della Curia romana sull’attività della diocesi” di Ozieri, allora guidata da monsignor Sergio Pintor, morto due anni fa. “Pintor non aveva alcun controllo della Caritas” diocesana, ha riferito Diddi, poiché la diocesi e la Caritas erano gestite in sostanza dalla famiglia Becciu: “La Procura di Sassari è arrivata alle nostre stesse conclusioni”.

La relazione della Gdf di Oristano riporta anche la registrazione, realizzata con il telefono della Zambrano, di una telefonata tra il cardinale Becciu e papa Francesco (a sua insaputa) il 24 luglio 2021, tre giorni prima dell’apertura del processo in Vaticano e una decina di giorni dopo l’uscita del Papa dall’ospedale Gemelli dove aveva subito un intervento chirurgico. Nella telefonata, Becciu fa pressioni sul Papa: “Lei mi ha già condannato, è inutile che faccia il processo!”. E gli chiede di scrivere una lettera in sua difesa, dicendo di aver autorizzato l’utilizzo dei fondi vaticani da parte di Becciu. I fondi sarebbero quelli chiesti da un’indagata, Cecilia Marogna, per ottenere la liberazione di una suora rapita da gruppi jihadisti in Mali. (Il Fatto quotidiano, 25 novembre 2022)

 

“Un colpo in testa al Papa”. “Dan Brown è nulla, la realtà supera la fantasia”

“C’è del marcio in Vaticano”. Dopo il Codice Da Vinci, ecco il Codice Becciu: “Dan Brown è nulla, la realtà supera la fantasia”. Così si legge nelle chat tra il cardinale Angelo Becciu e il suo clan di famigliari e amici. “Manca il morto”, rispetto al bestseller mondiale sui misteri vaticani, fa osservare uno di loro. “Facciamo tornare in paese Angelino e ci mettiamo una bomba: più di uno, di morto”, ribatte un altro. Era il 13 luglio 2021 quando il cardinale, già indagato per la sua gestione dei fondi vaticani, scrive: “Buongiorno! Un bel programma per oggi”. E subito un amico della chat aggiunge: “Un colpo in testa al Papa”. Becciu replica: “Non ci riesco”. Ma l’amico incalza: “Lo facciamo noi”. Poi la chat finisce in gloria: “Dio ha il controllo di tutto, non c’è nulla da temere, basta credere, fidarsi e ringraziarLo sempre”. Amen.

Cupo, il tenore delle conversazioni telefoniche di Angelino Becciu, almeno quanto il clima del romanzone di Dan Brown. “Vuole la mia morte”, scrive in chat il cardinale il 22 luglio 2021, riferendosi al Papa, “non pensavo arrivasse a questo punto”. Giovanna Pani, moglie del fratello, prova a consolarlo: “Vedrai che la verità trionferà”. Ma lui, sconsolato: “Per ora sono loro a trionfare e trafiggerci!”. “Ma la vittoria sarà degli onesti”.

Scrive Pani: “È cattivo, vuole la tua fine”. A chi si riferisce? A “su Mannu”, che in sardo significa “il Maggiore”, il capo: il Papa, dunque. Angelino risponde: “Mai avrei immaginato che non un Papa, ma un uomo arrivasse a tanto”. Pani lo sostiene: “È un grande vigliacco. Ma tu combatti e fai risplendere la verità, è dura lo so, coraggio, vinceremo in pieno… c’è del marcio in Vaticano”. “

E come ne uscirà la Chiesa?”, s’interroga Becciu, “a me le ossa le hanno già rotte e quindi non farò più notizia”, ma “che razza di responsabilità si è assunto chi ha adottato questa politica di falsa e inopportuna trasparenza?”, continua il cardinale, lasciandosi andare a espressioni dialettali sarde: “Tutti come pere cotte ne scendiamo”. Colpa del Papa, che nelle chat viene chiamato anche “Zizzu” (Ciccio, cioè Francesco). “Puzzinosos”, invece, sono coloro che hanno condotto le indagini e avviato il processo in cui Becciu è imputato: “puzzinosu” vuol dire puzzolente, fetido, maleodorante. Ma anche diavolo, demonio.

Papa Francesco al suo arrivo in Vaticano, nel 2013, aveva trovato Angelo Becciu seduto alla scrivania di sostituto agli Affari generali della Segreteria di Stato, praticamente il numero due dell’organo di governo della Santa sede, che gestiva i soldi del Vaticano. Nel 2018, lo aveva promosso cardinale e prefetto della Congregazione per le cause dei santi.

Ma poi era scoppiato lo scandalo del palazzo di Sloane Avenue a Londra, comprato da Becciu con tanti soldi e rivelatosi un ottimo investimento soltanto per i faccendieri che avevano fatto con lui l’affare, i finanzieri Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi. Il Vaticano, così timido ai tempi di Marcinkus, questa volta fa sul serio. Avvia un’inchiesta, condotta dal promotore di giustizia (il pm del Papa) Alessandro Diddi, che scopre anche gli affari in famiglia di Becciu: attraverso la cooperativa Spes di Ozieri, il cardinale e suo fratello Antonino gestivano gli affari della diocesi e la Caritas locale. Scopre infine che il porporato manovrava anche i (tanti) soldi che passavano per le mani di una disinvolta signora con la passione per l’intelligence e le borse di Prada, Cecilia Marogna, che si era data da fare per pagare il riscatto per una suora rapita in Mali.

Diddi fa arrestare Torzi e Marogna e il Vaticano cambia l’ordinamento giudiziario, rendendo possibile che anche un cardinale possa essere processato dal tribunale vaticano. Così il 27 luglio 2021 inizia il processo a Becciu, che già nel settembre 2020 si era dovuto spogliare della porpora cardinalizia. Intanto Papa Francesco ha tolto alla Segreteria di Stato la gestione dei soldi, che passa all’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa). Poi il Papa della misericordia concede a Becciu di rientrare come cardinale in Concistoro.

Ma non sembra essere stato ricambiato: lo dimostrano le chat raccolte dalla Guardia di finanza di Oristano e arrivate in Vaticano dopo una rogatoria verso l’Italia promossa da Diddi: quei messaggi che il cardinale si scambia con amici e famigliari, “seppur non appaiano fornire fonti di prova di fatti costituenti reato”, annotano le Fiamme gialle, “descrivono l’habitat (maturato nella cerchia dei familiari e dei più stretti congiunti degli odierni indagati) nel quale l’argomento del processo vaticano al cardinale Angelo Becciu viene trattato, restituendo una serie di commenti e valutazioni che dimostrano l’esistenza di un regime condiviso di sostanziale ostilità nutrito da costoro verso le autorità giudiziarie vaticane e verso il pontefice”. È il Codice Becciu. (Il Fatto quotidiano, 26 novembre 2022, versione ampliata)

 

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giannibarbacetto.it, 28 settembre 2020
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