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Un molisano a Londra. I magheggi di Torzi, dalla Popolare di Bari al Vaticano

Un molisano a Londra. I magheggi di Torzi, dalla Popolare di Bari al Vaticano

Nella storia italiana, il finanziere d’avventura è una figura ricorrente, che attraversa tutte le grandi vicende economico-finanziarie degli ultimi decenni. Chissà se Gianluigi Torzi ambisce a far parte di questa storia a suo modo grandiosa. Per ora, ha avuto il raro privilegio di essere arrestato dalle autorità vaticane, con le accuse di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio: per aver fatto svanire almeno 15 milioni di euro in una complessa operazione iniziata nel 2014 che ruota attorno alla compravendita di un immobile di pregio in Sloane Avenue a Londra.

Sarebbero però oltre 400 i milioni dell’Obolo di San Pietro finiti nei magheggi di Torzi e dei suoi compagni d’avventura, il finanziere Raffaele Mincione e due responsabili dell’amministrazione vaticana, monsignor Alberto Perlasca e Fabrizio Tirabassi. “Un malinteso”, secondo gli avvocati di Torzi, Ambra Giovene e Marco Franco.

Intanto  Torzi esce dalle pagine finanziarie per entrare in quelle della cronaca. Chi è Torzi? Broker, molisano, basato a Londra. La sua immagine su Twitter è un mojito o comunque un cocktail variopinto. È nato a Guardialfiera, in provincia di Campobasso, dove mantiene le cariche nelle società di famiglia, tra cui la Microspore di Larino, che produce fertilizzanti.

Le cronache locali si occuparono di lui per un’inchiesta giudiziaria (poi finita con un’archiviazione) sull’acquisto di una villa sul mare, a Termoli, per l’ex presidente della Regione Paolo Di Laura Frattura (Pd). Poi la sua base è diventata Londra, il suo indirizzo il 33 di Bruton Place, a Mayfair, a due passi da Hyde Park, dove risultano basate molte delle sue società. Comincia come broker, poi passa all’investment banking e alla finanza corporate.

Il Fatto quotidiano s’imbatte in lui nel luglio 2019, quando racconta alcune operazioni tentate (invano) dal consigliere delegato della Popolare di Bari, Vincenzo De Bustis, per “rafforzare” la banca. Emissione di un titolo per far entrare 30 milioni di euro. E sottoscrizione di quote di un fondo lussemburghese, Naxos, per far uscire 51 milioni di euro.

Il titolo per 30 milioni doveva essere sottoscritto da una società maltese, la Muse Ventures Ltd, controllata da Torzi, nata nell’ottobre 2017 e con un capitale di soli 1.200 euro. L’operazione non si chiude, perché l’istituto di credito coinvolto nell’emissione dei titoli, Bnp Paribas, rileva problemi di trasparenza e di gestione dei rischi finanziari. Anche dentro la Popolare di Bari si nota “la sproporzione tra i mezzi propri del sottoscrittore” (la Muse) “e l’importo della sottoscrizione dei titoli”.

Il meccanismo s’inceppa: Muse non sgancia un euro, in compenso Naxos fa causa alla Popolare di Bari per 51 milioni. Si muove il Servizio antiriciclaggio interno alla banca: rileva che “l’anagrafica e l’identificazione della società in discorso”, cioè la maltese Muse di Torzi, “risultano incomplete, essendo carenti le informazioni relative al titolare effettivo e al codice fiscale”.

Dopo qualche approfondimento, emerge anche che l’amministratore di Muse, Gianluigi Torzi, insieme al padre Enrico, è nelle liste nere: presente “nelle liste mondiali di bad press (WorldCheck) per diverse indagini a suo carico avviate dalle Procure di Roma e Larino per reati di falsa fatturazione e truffa”. Risulta che anche la Procura di Milano abbia chiesto informazioni e documentazione su di lui. Risultato: l’operazione con questo personaggio è classificata “ad alto rischio” e con “evidenza antiriciclaggio negativa”.

Altra storia che lo vede protagonista è quella che ha a che fare con la compagnia assicurativa romana Net Insurance. Sotto osservazione, un ammanco di titoli di Stato scoperto dal nuovo amministratore delegato di Net Insurance, Andrea Battista, relativo all’emissione di obbligazioni realizzata dalla gestione precedente e curata da Torzi.

Il nome del finanziere molisano era spuntato anche a proposito di 14 milioni incamerati nel 2018 da due sue società londinesi (Sunset Enterprice e Odikon Service) come mega-commissione per la cartolarizzazione del credito di 80 milioni vantato dal Fatebenefratelli di Roma nei confronti della Regione Lazio. Ora l’arresto in Vaticano. Se le accuse saranno confermate, Torzi rischia di entrare davvero nella galleria dei personaggi della storia della finanza all’italiana.

Il Fatto quotidiano, 7 aprile 2020
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