GIUSTIZIA

Uggetti, niente turbativa: le motivazioni dell’assoluzione in appello

Uggetti, niente turbativa: le motivazioni dell’assoluzione in appello

Sono arrivate le motivazioni della Corte d’appello di Milano, a spiegare l’assoluzione dell’ex sindaco Pd di Lodi, Simone Uggetti. Nel 2016 era stato arrestato e nel 2018 era stato condannato in primo grado a 10 mesi, per turbativa della gara bandita per la gestione delle piscine comunali di Lodi. I giudici d’appello ribaltano la prima sentenza, pur confermando i fatti per cui Uggetti era stato condannato. “È pacifica acquisizione che una bozza del bando”, scrivono i giudici, “veniva inviata dal sindaco Uggetti al Marini”: Cristiano Marini era il rappresentante della società Sporting, per cui il bando era stato costruito su misura.

Ma secondo i giudici “l’obbiettivo di affidare a Sporting Lodi la gestione degli impianti non era affatto irragionevole”, poiché “possedeva tutte le caratteristiche per realizzare la miglior gestione possibile delle piscine scoperte. Dunque, la soluzione era satisfattiva degli interessi economici e dell’interesse pubblico ad ottenere il miglior servizio possibile a beneficio dei cittadini del territorio lodigiano”.

Anche Uggetti aveva riconosciuto, appena scoppiato lo scandalo, “di aver fatto delle cavolate, tanto è che mi sono dato del coglione”. I giudici di primo grado avevano “individuato nell’operato del sindaco Uggetti una interferenza rilevante ai sensi dell’articolo 353” (turbata liberà degli incanti, ndr). Non così i giudici d’appello, che vedono invece negli atti del sindaco “l’acclarato perseguimento di obbiettivi corrispondenti all’interesse pubblico”; “l’assenza di un fuorviante interesse di carattere economico”; e perfino “la coerenza degli obbiettivi perseguiti dal sindaco con il programma elettorale e con il suo progetto per la città amministrata”, che attendeva “il miglior servizio possibile nella gestione di impianti natatori”.

Così i comportamenti che per i primi giudici erano delittuosi, ora diventano virtuosi: “È pertanto del tutto fisiologica l’interlocuzione specificamente avviata nel settembre 2015 dall’Uggetti” con Marini. Dunque, conclude la sentenza, “non risulta essersi verificato alcun sviamento di potere, nemmeno nell’esplicazione di quel margine discrezionale di intervento riconosciuto dalla legge per l’esercizio di poteri di indirizzo”. Gli imputati non avevano “l’obbiettivo di una incidenza indebita e collusiva sul bando di gara”.

Tutti assolti, dunque. Perché non si devono “punire indiscriminatamente le mere irregolarità formali attinenti all’iter procedimentale, irregolarità che, invece, debbono essere idonee a ledere i beni giuridici protetti dalla norma”. A parere dei giudici d’appello, “il bene tutelato dall’articolo 353” non è la “mera regolarità formale dell’asta”, ma “l’interesse della Pubblica amministrazione”. Dunque “la turbativa non ricorre in presenza di qualsiasi disordine relativo alla tranquillità della gara, essendo necessaria una lesione, anche potenziale, agli scopi economici della Pubblica amministrazione e all’interesse dei privati di poter partecipare alla gara”.

 

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Il Fatto quotidiano, 20 novembre 2021
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