SEGRETI

Strage di Bologna. Gli artigli di Gelli e le domande mancate del giudice

Strage di Bologna. Gli artigli di Gelli e le domande mancate del giudice

Udienza delicata, quella di ieri, 12 maggio 2021, all’ultimo processo sulla strage di Bologna, aperto alla ricerca dei finanziatori e dei mandanti, indicati dalla pubblica accusa in Paolo Bellini, fascista e collaboratore dei servizi segreti, e in tre personaggi ormai non più in vita: il capo della loggia P2 Licio Gelli, il direttore dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato e il suo collaboratore Mario Tedeschi, direttore del Borghese.

È stato ascoltato come teste Renato Bricchetti, il magistrato che negli anni Ottanta ha indagato sul crac del Banco Ambrosiano e ha su questo interrogato, il 2 e 3 maggio 1988, Licio Gelli. Senza fargli neppure una domanda sul “Documento Bologna”, ritovato allora a Gelli, che faceva riferimento a conti correnti svizzeri e a finanziamenti milionari usciti dall’Ambrosiano, transitati a Gelli e finiti (secondo l’accusa) a finanziare la strage.

In una relazione del 15 ottobre 1987, l’allora capo della polizia Vincenzo Parisi raccontava le allusioni dell’avvocato di Gelli: “Se la vicenda viene esasperata e lo costringono necessariamente a tirare fuori gli artigli, allora quei pochi che ha, li tirerà fuori tutti”. Tra i documenti sequestrati a Gelli nel 1982 vi erano “appunti con notizie riservate, che spetterà, poi, a Gelli avallare o meno, sulla base di come gli verranno poste le domande stesse”.

Le domande, sette mesi dopo, non gli sono state poste. Responsabilità — ha fatto intendere Brichetti — dei finanzieri che gli preparavano gli interrogatori. L’accusa ha depositato il certificato penale di uno di loro: il maresciallo Gaetano De Gennaro. Tre pagine, otto condanne per corruzione, una per concussione, undici per collusione. In tutto, venti condanne accumulate dopo il 1988. “Lo usavo perché era il più veloce a battere a macchina”, ha spiegato Brecchetti. Può essere lui, davvero, la causa di una disattenzione così madornale, che ha spinto Bricchetti a non fare a Gelli neppure una domandina su che cosa voleva dire il titolo, Bologna, del documento che gli era stato sequestrato?

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Il Fatto quotidiano, 13 maggio 2021 (versione ampliata)
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