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Processo Eni-Nigeria, possono rientrare le intercettazioni di Bisignani

Processo Eni-Nigeria, possono rientrare le intercettazioni di Bisignani

L’approvazione del decreto intercettazioni ha un effetto collaterale: può far rientrare nel processo milanese sulla corruzione internazionale in Nigeria – principali imputati Eni, il suo amministratore delegato Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni – un mazzetto di intercettazioni telefoniche utili per l’accusa e imbarazzanti per le difese. Sono intercettazioni raccolte nel 2010 dai pm della Procura di Napoli Henry John Woodcock e Francesco Curcio, che stavano indagando sulla cosiddetta P4, il gruppo manovrato dal deputato di centrodestra Alfonso Papa e da Luigi Bisignani, già iscritto alla P2, che per la P4 ha patteggiato 19 mesi di condanna.

Tra i tanti affari, nomine, vicende di cui Bisignani parlava al telefono nel 2010, c’è anche una strana trattativa per l’acquisto di un blocco petrolifero in Nigeria. È l’Opl 245, un immenso campo d’esplorazione di cui effettivamente Eni, insieme a Shell, ha acquistato la licenza nel 2011. È anche l’affare per cui Eni, Shell, i loro manager di vertice e alcuni intermediari italiani e stranieri sono sotto processo a Milano. L’ipotesi dell’accusa è che sia scattata la più grande corruzione internazionale mai scoperta, perché per Opl 245 Eni nel 2011 ha versato 1 miliardo e 92 milioni di dollari su un conto londinese del governo nigeriano, ma poi neppure un cent è rimasto allo Stato della Nigeria, finendo invece all’ex ministro del petrolio Dan Etete (nelle intercettazioni chiamato “il ciccione”), all’ex presidente della Repubblica Goodluck Jonathan (“il signor Fortunato”) e ad altri politici e mediatori nigeriani, italiani e internazionali.

Woodcock e Curcio avevano trasmesso quelle intercettazioni, per competenza, alla Procura di Milano, che aveva cominciato a indagare proprio sull’affare Opl 245. Ma il presidente del collegio giudicante, Marco Tremolada, le aveva ritenute inutilizzabili perché provenienti da un procedimento diverso. Ora il decreto Bonafede permette di utilizzare le intercettazioni anche in altri procedimenti in cui siano rilevanti e indispensabili. Così i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro potranno chiedere di farle rientrare negli atti del processo. In zona Cesarini, perché nella prossima udienza, il 25 marzo, è previsto l’inizio della requisitoria finale della pubblica accusa.

Che cosa dimostrano le intercettazioni resuscitate? L’intensa attività di Bisignani per concludere, a modo suo, l’affare nigeriano, raccontato in diretta, giorno per giorno. Ad aprire le danze africane è un suo amico, Gianluca Di Nardo. “Le conversazioni”, spiega Bisignani ai pm di Napoli, “si riferiscono alla possibilità dell’Eni di subentrare a una concessione petrolifera nigeriana”. Di Nardo aveva “un amico banchiere nigeriano che ha studiato in Inghilterra”, coinvolto nell’affare: è Emeka Obi, chiamato al telefono “il ragazzo della giungla”. “In buona sostanza”, dice Bisignani, “Di Nardo mi chiese se potevo intercedere e parlarne con Scaroni. Scaroni mi disse di mandare il banchiere nigeriano da Descalzi”.

Così nasce l’affare Opl 245, che da anni Eni e Shell tentavano invano di conquistare. “Il Di Nardo”, continua Bisignani, “avrebbe lucrato una mediazione se l’affare fosse andato in porto e anche io sicuramente avrei avuto la mia parte”. Si mette in moto la macchina. “Avverti il ragazzo che il signor Fortunato e la signora (…) hanno detto che tra domani e dopodomani vogliono fare questa cosa”. “Fortunato” è l’ex presidente Goodluck, la signora è la sua ministra del petrolio. Ma a un certo punto la trattativa ha un intoppo: “Ci hanno scavalcato completamente”, si lamenta Di Nardo con Bisignani il 13 ottobre 2010, “ci hanno inculato, ci hanno inculati di brutto. (…) Ci ha stuprato. (…) Non prendiamo più niente… zero, eh, capisci?”.

Suggerisce una reazione: “Guarda, tu devi chiamare il numero 2”. È Descalzi, mentre “il numero 1” nelle telefonate è Scaroni e “il numero 3” è Roberto Casula. Bisignani chiama. E Descalzi, mansueto, il 18 novembre gli risponde: “L’offerta finché non siamo d’accordo io e te non la mando avanti”. Poi spiegherà a De Pasquale: “Nella sostanza, Bisignani ai miei occhi rappresentava Scaroni. Volevo in qualche modo compiacerlo”. L’affare si fa, anche se cambia lo schema. Eni non paga più direttamente Dan Etete ed Emeka Obi, ma passa attraverso il conto londinese del governo. Però poi i soldi al “ciccione” e agli altri arriveranno.

Il Fatto quotidiano, 26 febbraio 2020
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