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Claudio Descalzi: così cerco la mia riconferma alla guida dell’Eni

Claudio Descalzi: così cerco la mia riconferma alla guida dell’Eni Foto Roberto Monaldo / LaPresse 17-01-2016 Roma Economia Trasmissione tv "In Mezz'Ora" Nella foto Claudio Descalzi (ad Eni) Photo Roberto Monaldo / LaPresse 17-01-2016 Rome (Italy) Tv program "In Mezz'Ora" In the photo Claudio Descalzi (ceo Eni)

Quello che una volta era il giro delle sette chiese, per portare a casa una nomina o una riconferma, per Claudio Descalzi è una serie di “incontri istituzionali” con cariche dello Stato: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, il presidente del Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) Raffaele Volpi. Il risultato non cambia: l’amministratore delegato di Eni, alla vigilia delle nomine, tenta la rimonta per far dimenticare gli scandali in cui è coinvolto e per essere riconfermato alla guida della più strategica delle aziende italiane.

In un Paese normale sarebbe fuori gioco. È imputato di corruzione internazionale per la supertangente di 1 miliardo e 92 milioni di dollari pagati dalla compagnia petrolifera per il giacimento Opl 245 e finiti tutti, invece che allo Stato nigeriano, ai politici locali e a una corte di mediatori italiani e internazionali. È sotto osservazione per il gigantesco conflitto d’interessi in Congo, dove società controllate dalla moglie, Marie Madeleine Ingoba, hanno incassato da Eni circa 300 milioni di dollari per affitto di navi e servizi logistici. È indicato come l’utilizzatore finale di un’incredibile manovra di depistaggio, commissionata da Eni – secondo i magistrati milanesi – all’avvocato Piero Amara, per inquinare le inchieste milanesi; e realizzata – sempre secondo i pm – dalla security della compagnia anche spiando, dossierando, pedinando e intercettando alcuni dei magistrati impegnati nelle indagini.

Le responsabilità non sono ancora attribuite – le stabiliranno le sentenze – ma i fatti sono accertati. Dunque, delle due l’una: o Descalzi è un corrotto, con un gigantesco conflitto d’interessi in famiglia e un potente apparato d’intossicazione giudiziaria a sua disposizione; oppure non si è accorto di quello che avveniva per anni attorno a lui. Forse la seconda, per un top manager di Stato, è peggio della prima. Ma niente paura: la sua strategia, negli “incontri istituzionali” che sta realizzando, è passare al contrattacco. In due mosse: sminuire le accuse e calare il suo asso.

Le imputazioni processuali sono tutte da provare, la moglie è di fatto autonoma e separata da anni, le accuse che gli sono rivolte dall’avvocato Amara, che ha cominciato a collaborare con i magistrati per tentare di uscire dalla sua difficile situazione giudiziaria, sono la vendetta di un uomo che per anni ha succhiato soldi all’azienda, in compagnia di manager infedeli che sono tutti stati licenziati. Erano l’eredità della gestione precedente – dice la “versione di Claudio” – quando Eni era nelle mani di Paolo Scaroni e del suo amico Luigi Bisignani. Che gliel’hanno giurata, perché Claudio ha rescisso i vecchi legami e ha avviato il rinnovamento della compagnia.

L’asse calato, con il capo dello Stato come con il presidente del Copasir, è geopolitico. Eni, da sempre, pesa più del ministero degli Esteri e del servizio di sicurezza esterna. Il mondo dell’Oil and gas è più delicato e cruciale di quello delle armi e della difesa. Eni ha attività in scacchieri delicatissimi del mondo e contatti con le compagnie concorrenti, ma anche con gli Stati. Descalzi, da sempre nel magico mondo dell’Oil and gas, conosce bene e ha rapporti diretti con gli Emirati, l’Egitto, la Libia. E la Russia. Si accredita dunque come indispensabile a qualunque schieramento politico per reggere il “gioco grande” che si svolge sulla scena geopolitica.

Parla con tutti, Descalzi. Al presidente Mattarella racconta i grandi scenari che si muovono sugli scacchieri internazionali. Al cinquestelle Fraccaro illustra la promessa e vagheggiata svolta verde dell’azienda per forza di cose più nera e fossile che c’è; mentre undici parlamentari M5s, tra cui Giulia Grillo, Federica Dieni e Antonio Zennaro, scrivono al capo politico Vito Crimi di vigilare affinché le nomine siano fatte in trasparenza e discontinuità. Al leghista Raffaele Volpi, presidente del comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, spiega come difendere le aziende strategiche italiane da attacchi e scalate straniere. Con Descalzi, Volpi ha avuto un incontro preliminare in cui è stato affrontato il tema della scalabilità, non solo in Borsa, ma sottraendo asset e management.

Il “gioco grande” sullo sfondo è quello degli scontri geopolitici. Gli Stati Uniti di Donald Trump contro la Russia di Vladimir Putin, con cui Eni ha avuto e continua ad avere rapporti stretti. L’arrivo dei cinesi sugli scenari africani. E lo scontro Italia-Francia: la francese Total è pronta a soffiare i giacimenti petroliferi Eni, in Libia come in Nigeria. Anche a costo di alimentari i conflitti regionali, sostenere le milizie libiche, fare lavoro d’intelligence per alimentare inchieste giornalistiche e giudiziarie che azzoppino i concorrenti. Come Eni in Nigeria. Descalzi disegna grandi scenari e invita i suoi interlocutori istituzionali a guardare lontano. Per non far vedere vicino: le difficoltà industriali, i ritardi, i processi, le inchieste, i conflitti d’interesse, i depistaggi.

Il Fatto quotidiano, 22 febbraio 2020
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