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Proposta. Una via di Milano dedicata a Francesco Saverio Borrelli

Proposta. Una via di Milano dedicata a Francesco Saverio Borrelli

Paolo Flores d’Arcais

“Una proposta doverosa, che il sindaco di Milano avrebbe dovuto anticipare”: così Paolo Flores d’Arcais, direttore di Micromega, giudica l’idea del lettore del Fatto quotidiano che propone di dedicare una via di Milano a Francesco Saverio Borrelli.

Una via dedicata al procuratore di Mani pulite?

Un sindaco democratico avrebbe dovuto anticipare la proposta del vostro lettore. Borrelli, il procuratore che a Milano istituisce il pool anticorruzione, rappresenta, insieme ai contemporanei pool antimafia, l’Italia migliore, l’Italia che dovrebbe essere la normalità e che invece, purtroppo, è l’eccezione. Borrelli rappresenta pienamente l’articolo della Costituzione che dice che il magistrato è soggetto solo alla legge e prende sul serio quello che è scritto in tutti i Tribunali (e che non è normalmente applicato), e cioè che la legge è uguale per tutti.

Che cosa vorrebbe dire una via intitolata a Borrelli nella città dov’è nata Mani pulite?

Un Paese che prendesse davvero sul serio la sua Costituzione – il patto solenne che ci lega tutti insieme in quanto con-cittadini e che dovrebbe quindi essere nel cuore di tutti noi e non solo nella retorica delle feste comandate – dovrebbe considerare Borrelli e le persone come lui i riferimenti simbolici dell’Italia futura. A questo servono le intitolazioni delle strade: esprimere quella che vorremmo fosse l’Italia futura.

Il clima oggi è piuttosto segnato da altre richieste: dedicare una via, o almeno una targa, a Bettino Craxi.

Una via a Bettino Craxi sarebbe una via alla delinquenza politica. Lo abbiamo scritto nel terzo numero di Micromega, nel 1986, quando Craxi era presidente del Consiglio. Scrivevamo che c’erano due Craxi. Il primo è quello che arriva alla segreteria del Psi in maggioranza con Lombardi e con Giolitti, nella stagione di Mondoperaio e della critica simultanea alla Dc e al Pci che non riusciva a liberarsi dal legame con l’Urss. Il secondo Craxi è quello che rompe con Lombardi e con Giolitti e che stringe una alleanza organica con la Dc. Diverta partito dell’establishment. Poi c’è il terzo Craxi, quello di Tangentopoli, che ha avuto condanne definitive, con una mole imponente di prove, che riguardano non solo il finanziamento illecito del partito, ma anche illeciti arricchimenti personali. Tutto stra-documentato. E con condanne in base a leggi che egli stesso aveva varato o mantenuto. E dunque la pretesa del Craxi latitante è stata quella di essere al di sopra delle leggi che aveva egli stesso formulato o mantenuto. Una pretesa pre-moderna: che le leggi possano valere per i cittadini, ma non per i politici, che le leggi le fanno ma sono legibus soluti. Una pretesa che ci fa tornare indietro di qualche secolo.

Si aspetta che il sindaco di Milano Giuseppe Sala accolga la proposta di dedicare una via a Borrelli?

Il coraggio etico-politico di Sala mi sembra un pochino al di sotto di quello di Don Abbondio. Per cui sarei stupito – felicemente stupito – se dedicasse una via a Francesco Saverio Borrelli e nessuna via e nessuna targa a Bettino Craxi. Riconoscere Craxi significherebbe disconoscere la Costituzione italiana, che è il fondamento delle leggi che Craxi ha infranto commettendo crimini che ne fanno – se le parole hanno ancora un senso – un criminale. Del resto, Sala ha già compiuto un gesto ai limiti dell’osceno: ha consegnato l’Ambrogino d’oro alla memoria, contemporaneamente, a Francesco Saverio Borrelli e a Filippo Penati, le cui gesta lo hanno portato a una non-assoluzione per prescrizione. Il clima, purtroppo, è quello della cosiddetta “riconciliazione”: ma in un Paese civile non viene neppure l’idea di mettere sullo stesso piano, per riconciliarli, i politici che commettevano reati e i magistrati che li scoprivano, obbedendo solo alla legge. Come non viene in mente di mettere sullo stesso piano chi ci ha restituito la libertà combattendo il fascismo e i fascisti che per 20 anni ce l’hanno tolta: anche a Giorgio Almirante vogliono dedicare una via. (Il Fatto quotidiano, 23 gennaio 2020)

Corrado Stajano, Nando dalla Chiesa, Umberto Ambrosoli

Corrado Stajano, scrittore e giornalista che a Milano ha dedicato uno dei suoi libri (La città degli untori), non ha dubbi sull’opportunità di dedicare una via a Francesco Saverio Borrelli: “Penso che sia doveroso farlo. Borrelli è stato un personaggio importante non solo per Milano, ma un protagonista della possibile rinascita di questo Paese. Il suo ‘Resistere, resistere, resistere’ è un programma che vale anche oggi”.

Il sociologo Nando dallo Chiesa aggiunge: “Borrelli è un magistrato che ha difeso la qualità della legge e della convivenza civile in una città come Milano, con una influenza che si è sentita in tutta Italia. E l’ha fatto senza secondi fini. Dopo aver fatto il procuratore, si è ritirato, non ha cercato posti o candidature che pure avrebbe facilmente ottenuto. L’ho proposto io, da sottosegretario del governo Prodi, come presidente del Conservatorio, conoscendo il suo amore per la musica e per garantire l’indipendenza di quell’istituzione, che aveva attirato gli appetiti di molti politici”.

Più cauto Umberto Ambrosoli, avvocato, ex consigliere regionale lombardo e poi presidente della Banca Popolare di Milano e di Banca Aletti. “Borrelli è stata persona estremamente seria, con alto senso dello Stato; ha guidato con mano saggia i ‘suoi’ sostituti della Procura ed è stato testimonianza di intelligenza, equilibrio e sobrietà. Il suo nome evoca una stagione che, pur con dei limiti, ha segnato un momento fondamentale di riscatto e di cambiamento.

Tuttavia”, continua Ambrosoli, “per come è nata, la proposta di intitolazione di una via non mi trova entusiasta. Mi spiego: la genesi di questa proposta radica in una contrapposizione alla richiesta di taluni di intitolare una via a Bettino Craxi. Non, quindi, nella mera volontà di celebrare le particolari benemerenze di Borrelli, né nella condivisa consapevolezza del valore della sua opera. Anzi, all’opposto: una proposta divisiva, ai confini del provocatorio (seppur in prospettiva di reazione). E la memoria di Borrelli non merita certo questa condizione”. È stato lungo, a Milano, il recupero della memoria sul padre di Umberto, Giorgio Ambrosoli, a cui la città ha dedicato una piazza soltanto molti anni dopo la sua uccisione da parte di un sicario di Michele Sindona.

“Recupero lungo, sì”, ammette Umberto. “Faccio un solo esempio: la partecipazione che c’è stata in occasione della commemorazione del quarantesimo anniversario della sua morte è stata assai maggiore di tutte quelle che ci sono state nei primi trent’anni”. Oggi è soddisfatto? “Papà ha offerto una testimonianza importante di libertà e di responsabilità. Sì, sono contento che la sua memoria viva e aiuti tanti a decidere che persone essere”. (Il Fatto quotidiano, 26 gennaio 2020)

 

Il Fatto quotidiano, 23 e 26 gennaio 2020
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