MILANO

I boss della ’ndrangheta nel Mercato comunale dell’Isola. Sala si autoassolve

I boss della ’ndrangheta nel Mercato comunale dell’Isola. Sala si autoassolve

Il Comune di Milano affida suoi spazi commerciali alla ’ndrangheta. È successo al Mercato comunale dell’Isola, in piazzale Lagosta. Ma il sindaco Giuseppe Sala se ne lava le mani: “In quel caso era di fatto un subappalto, nel senso che lo spazio era stato dato dalle società a cui noi avevamo affidato il mercato”.

La notizia è di quelle che, in un’altra città, sarebbe andata in prima pagina e avrebbe costretto l’amministrazione a ripensare il suo ruolo e a interrogarsi sulla sua permeabilità alle organizzazioni mafiose. Ma Milano è speciale, Sala gode di buona stampa, l’opposizione è invisibile, la società civile dorme. E poi c’è la Design Week, avanti con gli aperitivi e con gli eventi!

Lunedì 15 aprile, all’alba, gli agenti antimafia del Gico della Guardia di finanza si presentano al Mercato comunale dell’Isola, ormai gentrificato come il quartiere e trasformato in una location fighetta dove non trovi più botteghe per fare la spesa, salumieri e fruttivendoli, ma localini dove comprare specialità, mangiare a prezzi non proprio popolari e celebrare l’eterno rito milanese dell’aperitivo: il Comune, dopo la ristrutturazione, nel 2019 l’ha affidato al raggruppamento temporaneo d’imprese Serim Mediolana srl, che ha aperto le porte ai boss calabresi. Il negozio di prodotti alimentari Masseria, la pizzeria Granum, la pescheria Piscarius e poco più in là, in via Borsieri, il Beats Bar Milano sono controllati dal clan Piromalli, uno dei più potenti della ’ndrangheta calabrese.

La gip Sonia Mancini su richiesta della pm Silvia Bonardi ha disposto il sequestro di quattro società e l’arresto di quattordici persone, tra cui Salvatore Giacobbe, ’ndranghetista di alto profilo (possiede la “dote” di “Vangelo”), Girolamo “Mommo” Piromalli e Agostino Cappellaccio, il gestore operativo dei locali. Accuse: associazione mafiosa, estorsione, rapina, trasferimento fraudolento di valori e traffico illecito di rifiuti.

Perché gli arrestati non gestivano solamente gli stand del Mercato di piazzale Lagosta, in cui volevano allargarsi fino a controllarlo tutto, ma erano attivi nei classici business mafiosi delle estorsioni e del traffico di rifiuti e impegnati anche in attività come rapine, spedizioni punitive, intimidazioni. Uno dei quattordici arrestati, Giovanni Caridi, aveva ricevuto dal boss Giacobbe l’incarico di occuparsi del traffico di rifiuti e aveva già realizzato una ventina di operazioni illecite di smaltimento: “Tu stai tranquilla”, diceva Caridi in una telefonata intercettata, “il tempo che veniamo noi qua, e faremo diventare qua la terra dei fuochi”.

Tutto ciò, per il sindaco Sala, non sembra essere un problema per il Comune: “Le infiltrazioni mafiose a Milano ci sono, buona notizia che non trovino un terreno così facile. Che ci siano interessi mafiosi, ’ndranghetisti, camorristi su Milano, io non ho mai avuto alcun dubbio. L’importante è che la Procura continui a fare il suo mestiere”.

Bene: non siamo più al negazionismo di Letizia Moratti che sosteneva che “a Milano la mafia non c’è”; siamo a una fase nuova, quella secondo cui la mafia c’è, ma è un problema della Procura. Che i Piromalli siano riusciti a mettere le mani su uno spazio di proprietà del Comune non turba i sonni di Sala, che si giustifica: quegli spazi li avevamo dati “in subappalto”. Ma sono proprio i subappalti, da sempre, il campo di penetrazione delle organizzazioni mafiose negli affari.

Bene ha fatto il presidente della commissione comunale antimafia, Rosario Pantaleo, a chiedere gli atti (non pubblici) della convenzione con cui il Mercato dell’Isola è diventato terra di conquista della ’ndrangheta. Il Comune non può sentirsi estraneo a quel che succede negli spazi di sua proprietà. E Milano, passato il Salone del Mobile e il Fuorisalone, deve tornare a chiedersi come fare barriera alla mafia.

Il Fatto quotidiano, 19 aprile 2024
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