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Casa di Montecarlo. Condannato Fini, l’uomo che si oppose a Silvio

Casa di Montecarlo. Condannato Fini, l’uomo che si oppose a Silvio

La condanna peggiore era già arrivata, rapida: l’esclusione dalla politica. Ora, sedici anni dopo, Gianfranco Fini incassa anche quella giudiziaria: 2 anni e 8 mesi, inflitti del Tribunale di Roma per riciclaggio nell’acquisto della casa di Montecarlo.

La contessa Anna Maria Colleoni nel 1999 aveva lasciato in eredità un appartamento di 50 metri quadrati in boulevard Princesse Charlotte, nel principato di Monaco, al partito di Fini, Alleanza nazionale, erede del Msi e predecessore di Fratelli d’Italia. Nel giugno 2008, l’appartamento era stato acquistato per soli 300 mila euro dalla Printemps Ltd, una società offshore riferibile a Gianfranco Tulliani, fratello della allora moglie di Fini, Elisabetta. Quattro mesi dopo, la Printemps lo rivende, per 330 mila euro, alla Timara Ltd, riconducibile a Elisabetta. Ma rivenduto nel 2015, l’appartamento ha fruttato 1 milione e 360 mila dollari: una plusvalenza di oltre un milione.

Dunque l’eredità della contessa, invece di arrivare al partito, è finita ad altri: alla famiglia Tulliani, di cui faceva parte l’allora compagna del leader di An, Gianfranco Fini. Non solo: secondo l’accusa, il denaro con cui Printemps e Timara comprano l’appartamento era di Francesco Corallo – imprenditore delle slot machine con affari in Italia, Olanda, Antille Olandesi – che ha usato la compravendita per ripulire fondi di provenienza illecita.

Corallo è figlio di Gaetano Corallo, re dei casinò di Saint Marteen, nei Caraibi, e amico del boss catanese di Cosa nostra Nitto Santapaola. Il figlio Francesco era il titolare della Atlantis World Group, concessionaria di slot machine anche in Italia, dove l’azienda era rappresentata da Amedeo Laboccetta, allora parlamentare di Alleanza nazionale e amico di Fini. Fini fu ospite di Corallo a Saint Marteen nel 2004. Due anni prima, a capodanno del 2002, ospite nell’isola (almeno secondo quanto scrisse nel 2017 il quotidiano La Verità) era stato Adolfo Urso, oggi ministro delle Imprese e made in Italy nel governo Meloni.

Diventata pubblica nel 2010, la vicenda della casa di Montecarlo fu immediatamente amplificata dai giornali, dalle tv e dai sostenitori di Silvio Berlusconi che ne fecero una campagna martellante contro Fini, che era appena entrato politicamente in conflitto con Berlusconi. Allora si parlò di “macchina del fango” scatenata dal fronte berlusconiano per colpire il leader politico che aveva osato sfidare Silvio (“Che fai, mi cacci?”). I fatti, però, erano veri. Così lo scandalo stronca la carriera politica del fondatore di Alleanza nazionale, diventato presidente della Camera, terza carica istituzionale italiana.

Era una trappola? Certo che Fini c’è cascato dentro in pieno. La sua autodifesa: sostiene di essere stato ingannato da Elisabetta e di non avere saputo chi fossero gli acquirenti dell’appartamento.

Viene subito aperta a carico di Fini un’inchiesta per truffa, che finisce con un’archiviazione. Anni dopo, però, nel 2017, la Procura di Roma apre una nuova indagine, questa volta per riciclaggio: per capire la provenienza dei soldi usati dai Tulliani. Ora arriva la sentenza di primo grado: 2 anni e 8 mesi a Fini, 5 anni a Elisabetta, 6 a Giancarlo Tulliani (latitante a Dubai) e a suo padre Sergio.

La famiglia Tulliani è ritenuta responsabile di aver usato soldi di Corallo, compiendo così operazioni di riciclaggio. Corallo ha usato la compravendita per ripulire fondi di provenienza illecita (come l’evasione fiscale), che hanno fatto molti giri attraverso società offshore – scrivono i magistrati – “in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa, utilizzando diversi conti correnti anche esteri”.

Per Fini, l’accusa aveva chiesto ben 8 anni di pena, ma i giudici lo hanno ritenuto colpevole soltanto di aver dato l’autorizzazione alla vendita. “Dopo tante polemiche, tante accuse, tanta denigrazione politica… di che cosa sono responsabile? Di aver autorizzato la vendita: non mi è ben chiaro in che cosa consista il reato”, ha commentato a caldo Fini. “Io non ho autorizzato la vendita dell’abitazione di Montecarlo a una società riconducibile a Giancarlo Tulliani. Quando ho dato l’ok non sapevo chi fosse l’acquirente”.

La difesa di Fini (gli avvocati Michele Sarno e Francesco Caroleo Grimaldi) aveva sostenuto anche nel processo che Fini non conosceva la provenienza del denaro per l’acquisto della casa. Lo aveva confermato in aula anche la sua ex moglie: “Ho nascosto a Gianfranco, padre delle mie figlie, la volontà di mio fratello Giancarlo di comprare la casa di Montecarlo, la successiva vendita e il fatto di aver accettato la comproprietà propostami da mio fratello come restituzione di un prestito che gli avevo fatto anni prima, ero certa che il denaro per l’acquisto fosse di mio fratello”. Invece era di Corallo.

La vicenda giudiziaria sarà ridefinita dal processo d’appello o, più probabilmente, dalla prescrizione. Quello che resta certo è che l’uomo che aveva osato opporsi, a destra, a Berlusconi e aveva avviato un percorso politico ben diverso da quello oggi incarnato da Giorgia Meloni, è stato buttato fuori dalla scena politica. Dalla “macchina del fango”, ma ancor più dai suoi errori.

Il Fatto quotidiano, 1 maggio 2024 (versione ampliata)
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