GIUSTIZIA

Caselli: “I magistrati dovrebbero stare più attenti a certe cene”

Caselli: “I magistrati dovrebbero stare più attenti a certe cene”

Magistrati indagati in Calabria per corruzione in atti giudiziari e favoreggiamento mafioso. Toghe che partecipano a riunioni convocate in nome del “garantismo” insieme a un variopinto parterre di personaggi (da Flavio Briatore a Matteo Salvini, passando per Maria Elena Boschi). Polemiche sul ministro della Giustizia che va ad accogliere in aeroporto il latitante Cesare Battisti e poi posta un video su Facebook. E festeggiamenti per i cento anni di Giulio Andreotti. Gian Carlo Caselli, una vita da magistrato tra Torino e Palermo, osserva con pacatezza quello che sta succedendo. “Dell’inchiesta sui magistrati calabresi posso ovviamente parlare solo in astratto”, dice. “Ma se le prime notizie risultassero vere e fossero poi confermate dalle indagini in corso, per la magistratura (non solo calabrese) sarebbe un brutto colpo”.

Quindici toghe di vari uffici sono sospettate di reati gravi, legati all’esercizio delle loro funzioni.

Sì, sarebbe – sottolineo sempre il condizionale – una macchia velenosa. Ma c’è anche il risvolto della medaglia: è la stessa magistratura che ha individuato la macchia, che ha scoperchiato quello che potrebbe risultare un groviglio perverso. Prova inequivocabile che la magistratura rimane un’istituzione affidabile e solida, perché (e non tutte le pubbliche amministrazioni possono vantarsene) dimostra di saper applicare la legge con giusto rigore anche al suo interno. Senza indulgenze che contrasterebbero con il principio della legge uguale per tutti. In un momento difficile, non è poco. Comunque, oltre al lavoro del magistrato penale, bisognerà seguire con attenzione anche quello del Csm, perché ferite come queste vanno suturate bene e in fretta.

Il ritorno di Battisti? Ritiene che il governo lo abbia gestito in modo poco sobrio?

Vorrei dire un paio di cose, una per il presente e una per il passato. È comprensibile che chi governa voglia intestarsi anche qualche successo delle forze dell’ordine. È successo altre volte, ma senza le smodate esagerazioni avutesi con Battisti. Accolto come una star, mancava solo il red carpet, ed esibito nello stesso tempo come uno scalpo. Tutto ciò che può sembrare spettacolo, gogna o vendetta, più che applicazione della legge, non va. Essenziale invece è far capire a Battisti e ai tanti che sono stati contigui a quelli come lui, e che magari ancora ragionano come lui, la forza di quelle regole democratiche che lui e altri volevano abbattere a colpi di revolver sparati alle spalle di vittime inermi.

Quella per il passato?

Trovo ancora oggi inaccettabile l’atteggiamento dei francesi, manifestato anche nel caso Battisti: una saccente presunzione di superiorità verso il nostro sistema giudiziario, frutto di pregiudizio e ignoranza. Prima di giudicare si dovrebbe conoscere. Per esempio, si scoprirebbe che il processo ai capi storici delle Brigate rosse è stato fatto non solo con il pieno rispetto delle regole processuali, ma persino dell’identità politica degli imputati detenuti: è stato loro consentito di controinterrogare le vittime, a partire da Mario Sossi, un magistrato che avevano sequestrato e imprigionato. Nessun tribunale speciale. Nessuna persecuzione. I francesi si son bevuti le fake news raccontate dai fuorusciti italiani e da molti intellettuali che nel nostro Paese si nascondevano dietro la formula ipocrita né con lo Stato, né con le Br’. Un suicidio per il buon senso e tanto ossigeno per i vari Battisti.

A Roma la giornalista Annalisa Chirico ha organizzato un “toga party” per una “nuova giustizia”, facendo sedere intorno a tavoli da 6 mila euro, alcuni importanti magistrati insieme a politici, imprenditori, lobbisti e varia umanità.

Premetto che ognuno va a cena con chi gli pare. Ma per i magistrati ci vorrebbe più attenzione e sensibilità. Il procuratore nazionale antimafia che ha declinato ufficialmente l’invito lo ha dimostrato. Altri no. Ed è preoccupante anche perché in parallelo con le cronache della lussuosa cena, circolano notizie su una specie di guerra di posizione circa prossime nomine a importanti uffici direttivi che potrebbero proprio riguardare anche magistrati ospiti della cena. Una rogna in più per un Csm che voglia sottrarsi ad accuse di lottizzazione. L’invito prevedeva il dress code smart casual: forse perché si temeva che qualche magistrato potesse presentarsi in toga e tocco per farsi meglio riconoscere? Ma questo, ovviamente, è uno scherzo…

Si sta celebrando con varie iniziative il centenario della nascita di Andreotti, dalla sua Procura portato a processo per mafia.

La salute della democrazia è un bene prezioso. Può non reggere a prove di masochismo istituzionale. Come nel caso delle manifestazioni per Andreotti. In sé nessuno le contesta. Ma se hanno il patrocinio del Senato, si svolgono in Senato, alla presenza del presidente del Senato, stendendo un velo su tutte le vicende e i misteri che hanno portato ad accostare la figura di Belzebù al sette volte presidente del Consiglio e 27 volte ministro, in particolare cancellando la sua responsabilità per aver commesso fino al 1980 il reato di associazione a delinquere con Cosa Nostra, come accertato con sentenza di appello confermata in cassazione, ecco che si fa del male alle istituzioni democratiche. Che io sappia, l’unico che ha osato dirlo è il senatore dei Cinquestelle Mario Michele Giarrusso. Per il resto afasia e amnesia.

Nella foto: il ministro Matteo Salvini, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, Giovanni Malagò e la giornalista Annalisa Chirico. Tutti presenti alla cena romana che ha messo insieme destra e sinistra, imprenditori e vip, Maria Elena Boschi e Flavio Briatore. Tutti insieme appassionatamente: tutti, tranne i Cinquestelle.

Il Fatto quotidiano, 19 gennaio 2019
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