POLITICA

Maroni minaccia Salvini (come Berlusconi minacciava Bossi)

Maroni minaccia Salvini (come Berlusconi minacciava Bossi)

Se c’è uno che è rimasto spiazzato dal risultato elettorale del 4 marzo (che già di suo ha spiazzato mezza Italia) è Roberto Maroni. Credeva di aver avuto un’idea – anzi un’ideona, ma che dico: due idee – dimettendosi da presidente della Regione Lombardia senza ricandidarsi per il bis, che avrebbe vinto facile. Con una mossa sola si era liberato dall’incubo che non lo faceva dormire: la possibile condanna nel suo processo in corso a Milano, che avrebbe fatto scattare la legge Severino con immediata decadenza da presidente della Lombardia. E si era tenuto pronto per un ruolo da salvatore della Patria (ministro, superministro, addirittura presidente del Consiglio) per mettere insieme berlusconiani, leghisti e renziani dopo la prevedibile (grazie alla legge elettorale fatta apposta) non vittoria di tutti il 4 marzo. Una scelta, due risultati. Ovvero, come trasformare un pericolo (a Milano) in una opportunità (a Roma).

Poi però le cose non sono andate come previsto. I Cinquestelle hanno vinto un po’ troppo, e soprattutto Silvio Berlusconi ha perso un po’ troppo. La Lega è uscita dalle urne trasformata: non più la Lega maroniana di “prima il Nord”, ma la salviniana Lega nazionale che ha assunto la guida di tutto il centrodestra, strappata al vecchio Silvio. In queste condizioni, Maroni si è sì salvato dalla Severino, ma vede ridotte al lumicino le possibilità di servire a Berlusconi per dare una spruzzata di leghismo (buono, non quello cattivo di Matteo Salvini) a un eventuale governo con il Pd: missione impossibile. Prospettiva uscita dai radar.

Ma che deve fare, povero Bobo, non può mica darsi per vinto, in questa situazione in cui nessuno sa che cosa può accadere. Eccolo allora tornare in tv per provare a rilanciare il suo progetto, minacciando sfracelli in caso di alleanza Lega-Cinquestelle. “Vedo impossibile un governo assieme tra Lega e grillini, sarebbe un ritorno indietro alla Prima Repubblica, ai governi balneari”. Segue minaccia mirata: “Un eventuale governo Lega-M5S metterebbe in grande imbarazzo le alleanze di centrodestra che governano in Lombardia e in Veneto. Se ci fosse la rottura dell’alleanza del centrodestra, qualche conseguenza sul governo delle regioni ci sarebbe, è una questione di coerenza politica. Penso sia una cosa da evitare”.

L’avviso è a Salvini: se vai con i Cinquestelle, io sfascio le maggioranze che reggono la Lombardia, il Veneto e la Liguria. Sulla Liguria di Giovanni Toti, Maroni può poco (anche se “ha una maggioranza risicatissima”, fa osservare Bobo). Qualcosa forse può sul Veneto di Luca Zaia. Può tutto invece sulla Lombardia di Attilio Fontana, che ha scelto di persona e portato a una vittoria netta.

“Salvini è un ragazzo giovane, molto ambizioso e capace, ha una strategia in mente, può aspettare”, ha spiegato Maroni a Lucia Annunziata. “Può essere leader del centrodestra senza dividerlo. Io mi auguro solo che il patrimonio che io, Bossi, Berlusconi abbiamo costruito, tutto quello a cui abbiamo lavorato in questi anni, non venga buttato via. Sono certo che Salvini possa valutare i tempi giusti per la sua leadership”, altrimenti quella del 4 marzo potrebbe ridursi a “una vittoria di Pirro”.

Queste le minacce di Maroni. Dove le abbiamo già sentite? Ah ecco, a chi ha un po’ di memoria, queste parole non possono non far venire in mente quelle dette da Berlusconi nel 2013: “Se la Lega ci farà difficoltà al governo a Roma, potremmo sempre far cadere le giunte delle tre regioni Piemonte, Veneto e Lombardia”. Ma i tempi son cambiati, Bobo.

Il Fatto quotidiano, 23 marzo 2018
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