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Expo per la giustizia, Cantone all’attacco del Comune di Milano

Expo per la giustizia, Cantone all’attacco del Comune di Milano

Medico, cura te stesso, dicevano gli antichi. Ma il magistrato sa controllare se stesso, se si lascia fare sotto il naso appalti fuori legge per milioni di euro? E non in una sede nascosta e periferica, ma proprio nel palazzo di giustizia di Milano dove 25 anni fa nacque Mani pulite? È una delle domande che ci si pone dopo aver letto il documento di 22 pagine che l’Anac, l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, ha appena inviato al Comune di Milano.

Racconta la storia di 16 milioni di euro stanziati dal ministero della Giustizia per rendere più “smart” il palazzo di giustizia di Milano in occasione di Expo. Soldi distribuiti con 72 affidamenti dal Comune di Milano, come stazione appaltante, negli anni in cui sindaco era Giuliano Pisapia. Fondi “Expo per la giustizia” impiegati per software e hardware del processo civile telematico, per la nuova sala server delle intercettazioni, per il sistema di segnalazione interna al palazzo.

L’Anac, dopo aver mandato la Guardia di finanza a Palazzo Marino a chiedere i documenti degli appalti, ha analizzato un campione di 25 affidamenti per lavori superiori ai 40 mila euro e ha concluso che tutti e 25 sono viziati da irregolarità. E solo due sono stati fatti con gara.

Sono tre le delibere di giunta che li hanno decisi, il 3 settembre 2010, il 29 luglio 2011 e il 16 novembre 2012. Della torta di 16 milioni, spesa tra il 2010 e il 2015, è stata messa a gara solo una fetta, del valore di 5,8 milioni. Tutto il resto senza evidenza pubblica, spesso in nome della “sicurezza”, dell’“unicità del fornitore” o della “continuità” con appalti precedenti. Non va bene, dice ora l’Anac, che dà al Comune 30 giorni di tempo per rispondere alle contestazioni: procedure in cui non si spiegano i motivi per cui la stazione appaltante non ha fatto le gare e in cui non si dimostra l’unicità del fornitore né la continuità con servizi già prestati. Sulle 25 procedure contestate, ben sei affidamenti diretti, del valore di 5 milioni di euro, sono stati concessi a due sole aziende, Elsag Datamat e Net Service. Due società poi fuse tra loro e legate a Selex, gruppo Finmeccanica.

Chi è responsabile delle procedure giudicate non corrette dall’Anac? Certamente la stazione appaltante, cioè il Comune di Milano. Ma il funzionario comunale responsabile, Carmelo Maugeri, ha dichiarato alla stampa che le decisioni erano tutte prese d’intesa con i magistrati che partecipavano al “Tavolo della Giustizia della città di Milano”, cioè il “Gruppo di lavoro per l’infrastrutturazione informatica degli uffici giudiziari di Milano”. I più attivi erano l’allora presidente del Tribunale, Livia Pomodoro, e il responsabile dell’“ufficio innovazione”, il gip Claudio Castelli, oggi presidente della Corte d’appello di Brescia. A protestare per la scarsa trasparenza del “Tavolo” fu, nell’autunno 2014, la rappresentante della Procura generale, Laura Bertolé Viale, che puntò il dito sugli affidamenti senza gara.

Ora gli uomini di Cantone hanno potuto analizzare i verbali del “Tavolo della Giustizia” e anche le e-mail scambiate tra i partecipanti. Da queste si comprende come la decisione di procedere senza gara fu presa già a partire dall’8 luglio 2010, ben due mesi prima della delibera di giunta del 3 settembre 2010. Si decise di coinvolgere Elsag Datamat e Net Service, soggetti “già conosciuti”, prima ancora di sapere di che cosa avevano bisogno gli uffici giudiziari. Insomma, il fornitore era stato scelto prima di sapere di che cosa si aveva bisogno.

Un lungo paragrafo del documento Anac è dedicato alle molte irregolarità nella procedura per il sistema di segnaletica interno al palazzo di giustizia, realizzato oltretutto con grandi monitor che da anni non segnalano niente. L’Anac contesta anche il ruolo della Camera di commercio di Milano, a cui il Comune ha affidato alcuni lavori (la realizzazione del sito internet del Tribunale, l’implementazione della rete intranet) senza giustificare perché dovesse occuparsene proprio questo ente.

Al “Tavolo” partecipavano, ha scoperto ora la Guardia di finanza, anche soggetti esterni all’amministrazione comunale e al ministero della Giustizia. Giovanni Xilo, per esempio, di cui ora l’Anac chiede al Comune a che titolo fosse presente, se abbia poi svolto ruoli attivi nelle procedure degli appalti e se fosse in conflitto d’interesse. Un’altra richiesta di Cantone riguarda le commissioni di collaudo dei lavori: risultano essere formate da magistrati in forza presso gli uffici giudiziari, cosa proibita dalla legge. Come e da chi sono stati scelti?

L’Anac ha mandato i risultati del suo lavoro alla Corte dei conti (perché valuti eventuali responsabilità contabili), alla Procura generale della Cassazione (per eventuali profili disciplinari a carico di magistrati) e alla Procura di Milano (per gli eventuali rilievi penali). Il procuratore Francesco Greco ha aperto un fascicolo a modello 44, dunque per ora senza indagati, con l’ipotesi di turbativa d’asta. Se a essere iscritti, in futuro, fossero magistrati milanesi, l’inchiesta traslocherebbe a Brescia.

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Il Fatto quotidiano, 13 luglio 2017 (versione estesa)
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