SEGRETI

La politica allunga le mani sulla Procura di Milano

La politica allunga le mani sulla Procura di Milano

Quella di Milano resta la Procura più importante d’Italia. Per la sua storia (dall’indagine scippata su piazza Fontana ai processi a Michele Sindona e Roberto Calvi, da Mani pulite alle inchieste sul terrorismo rosso, sulla mafia al Nord, su Silvio Berlusconi, sui rapporti tra politica e affari, sul potere economico…). E per il fatto di essere piazzata nella regione più ricca e attiva del Paese. Roma, d’accordo, non è più il porto delle nebbie del passato, ma è sotto la Madonnina che scorrono gli affari più “pesanti” del Paese.

Il procuratore Edmondo Bruti Liberati ha lasciato libero il suo grande ufficio al quarto piano del palazzo di giustizia e sono ufficialmente iniziate le trattative per trovare il suo successore. Il posto dovrebbe spettare a un magistrato di Area (Magistratura democratica + Movimento per la giustizia), “ma le correnti a Roma si parlano poco, in questo periodo”, dice un magistrato che conosce gli equilibri del Csm. Certo è che la politica ha gli occhi puntati su Milano e tifa per la continuità con la gestione Bruti, considerata “prudente” e apprezzata da Matteo Renzi che ha avuto parole di elogio per la sua “sensibilità istituzionale”.

Nella lista dei dieci candidati che hanno fatto domanda al Csm ci sono tre magistrati di Milano: Ilda Boccassini, Francesco Greco, Alberto Nobili. Gli altri sono il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri e quello di Bergamo Massimo Meroni, il procuratore di Trento Giuseppe Amato, quello di Novara Francesco Saluzzo, quello di Nuoro Andrea Garau. Poi c’è il giudice della Corte penale internazionale Cuno Tarfusser e si è infine aggiunto Giovanni Melillo, capo di gabinetto del ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Se l’orologio potesse tornare indietro di cinque anni, tutto sarebbe più semplice: Milano è una sede che ha sempre avuto il procuratore scelto tra i magistrati di Milano. Scegliere un “esterno” sarebbe stato un affronto. La partita si sarebbe dunque giocata tra Boccassini, Greco e Nobili. Oggi l’arrivo di un “papa straniero” è invece una possibilità concreta: perché qualcosa si è rotto, nel quinquennio di Bruti. Il conflitto con l’aggiunto Alfredo Robledo (sul caso Ruby, sull’inchiesta Sea, sulle indagini Expo…) ha lasciato più d’una ferita. Boccassini e Greco sono magistrati che hanno dimostrato sul campo grandi capacità investigative, nel contrasto alla mafia la prima, alla criminalità economica il secondo. Ma rappresentano la continuità con Bruti e più difficilmente – raccontano in Procura – sarebbero in grado di far rimarginare le ferite. Così, per la prima volta, un magistrato che viene da fuori potrebbe essere visto non come un “intruso” che umilia Milano, ma come il “pacificatore” che fa ripartire l’ufficio.

Chi, allora? Tarfusser esibisce ottimi risultati organizzativi, ma raggiunti nella piccola sede di Bolzano, imparagonabile a Milano. Saluzzo, quando era pm a Torino, fu addirittura indagato dai colleghi di Milano, quando nel 2001 fu accusato di aver avvertito l’allora presidente di Telecom Roberto Colaninno delle indagini in corso. Uno dei suoi accusatori, il pm Paolo Storari, è oggi a Milano, nel pool antimafia.

Uno dei favoriti è Melillo, che ha fatto molta attività “fuori ruolo”, prima come consigliere giuridico della presidenza della Repubblica, ora come capo di gabinetto del ministro della Giustizia. La sua nomina potrebbe essere dunque vista come una sorta di “commissariamento” della Procura di Milano da parte della politica. Se il procuratore non fosse nominato dal Csm ma eletto dai pm, probabilmente a Milano vincerebbe Alberto Nobili, “interno” ma stimato da tutti e capace di pacificare l’ufficio dopo la burrasca.

Il Fatto quotidiano, 19 novembre 2015
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