GIUSTIZIA

Rinviati a giudizio i pm del processo Eni

Rinviati a giudizio i pm del processo Eni Milan, ITALY: Italian Prosecutor Fabio De Pasquale arrives for the Berlusconi-Mills tax fraud trial at the Milan courthouse 21 November 2006. The trial of and his British lawyer David Mills was adjourned today to next week after the defense demanded the recusal of one of the judges. The defense argued that Judge Edoardo d'Avossa ruled in other trials involving Berlusconi, notably the "Medusa" case in which he was acquitted of false accounting after initially being sentenced to 16 months in jail. AFP PHOTO / Paco SERINELLI (Photo credit should read PACO SERINELLI/AFP/Getty Images)

Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia, Christian Colombo, ha rinviato a giudizio il procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e il sostituto procuratore Sergio Spadaro, oggi alla Procura Europea. Il reato ipotizzato è “rifiuto d’atto d’ufficio”, per non aver depositato elementi di prova che potevano essere favorevoli agli imputati nel processo per corruzione internazionale Eni-Nigeria, che si è poi concluso il 17 marzo 2021 con l’assoluzione generale.

De Pasquale e Spadaro andranno dunque a processo, come chiesto dai pm bresciani Francesco Milanesi e Donato Greco con il procuratore Francesco Prete. Gli elementi di prova erano stati segnalati dal pm di Milano Paolo Storari. De Pasquale, dopo averli esaminati, aveva spiegato, in una relazione inviata il 5 marzo 2021 al suo procuratore Francesco Greco, perché non riteneva di poterli né doverli depositare.

Si trattava di alcuni passaggi di una chat in cui uno degli imputati di Eni-Nigeria, Vincenzo Armanna, parlava di 50 mila dollari da dare a un teste: possibile prova di aver “comprato” una testimonianza falsa contro Eni – secondo Storari – ma spiegabile – per De Pasquale e Spadaro – anche con il tentativo di “comprare” il “file” che avrebbe provato il passaggio di tangenti in Nigeria.

In questa incertezza, i pm decidono di non depositare quella chat. E di non depositare neppure alcuni screenshot che secondo Armanna provavano i depistaggi di due manager apicali di Eni, Claudio Descalzi e Claudio Granata, a danno delle indagini della Procura milanese: certamente falsi secondo Storari, ancora sotto perizia informatica per De Pasquale.

Contestato infine il deposito tardivo di un video che, secondo i pm del processo Eni-Nigeria, era ininfluente e poteva avere una lettura duplice, a proposito delle motivazioni con cui Armanna si era presentato nel 2014 in Procura ad accusare i vertici Eni, che avrebbe seppellito “sotto una valanga di merda”: ma con accuse vere (secondo i pm d’accusa) o false (secondo le difese Eni)?

In difesa dei pm si è schierato ieri anche il rappresentante del ministero della Giustizia. Ed è stata depositata una lettera del presidente del gruppo anticorruzione dell’Ocse, Drago Kos, che li definisce “luminosi esempi per i pm di tutto il mondo”. Ora, dopo la decisione del gup di Brescia, saranno i giudici a decidere se quelle dei due pm milanesi erano legittime scelte processuali o scippo di prove a favore della difesa.

Leggi anche:
Eni, la strana storia del “video Bigotti”
L’Ocse boccia l’Italia per i processi Eni e Finmeccanica

Il Fatto quotidiano, 19 gennaio 2023
To Top