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La famiglia La Russa e la gestione delle eredità (Virgillito, Sindona, Ligresti)

La famiglia La Russa e la gestione delle eredità (Virgillito, Sindona, Ligresti)

Se Giorgia Meloni si vanta di essere “underdog” e popolare, colui che l’ha lanciata verso la formazione di un nuovo partito (“perché dovevamo saltare una generazione”), e cioè Ignazio La Russa, ha invece una storia che s’intreccia con i grandi giri della finanza e del potere tra gli anni Cinquanta e Settanta in Italia. La ricostruisce per la tv un’inchiesta di Report che andrà in onda l’8 ottobre 2023 su Raitre.

La saga inizia a Paternò, in Sicilia, dove lo zio, Rosario La Russa, fu nominato dal regime fascista podestà e il padre, Antonino La Russa, fu segretario del partito fascista. Era di Paternò anche Michelangelo Virgillito, il discusso finanziere che fu protagonista a Milano delle prime scorrerie finanziarie in Borsa.

Secondo la ricostruzione di Report, Virgillito, arrivato a Milano da Paternò negli anni Venti con le scarpe bucate e senza una lira, passa dal commercio di ferro vecchio alla finanza facendo da prestanome a un ricco ebreo che dopo le leggi razziali del 1938 non può intestarsi aziende e immobili e poi scompare in un campo di sterminio.

Così Virgillito si trova a essere il padrone di un impero, dopo aver scalato il gruppo Liquigas, con metodi spregiudicati e con l’aiuto di un altro siciliano, Michele Sindona, piduista e banchiere di Cosa nostra, che gli gestiva le operazioni finanziarie, organizzava le scalate e gestiva i meccanismi di raccolta dei fondi.

Nel 1956, Virgillito chiede aiuto al compaesano Antonino La Russa, che si trasferisce a Milano insieme ai figli Ignazio, Vincenzo e Romano, per gestire le società. Diventa vicepresidente della Liquigas, la cassaforte dell’impero.

A metà degli anni Sessanta, Virgillito è costretto a ritirarsi travolto dai debiti. Comincia una complicata partita di cui Antonino La Russa è una sorta di informale notaio. La Liquigas passa nelle mani di Raffaele Ursini, altro finanziere controverso, la Pozzi-Ginori nelle mani di Sindona. Antonino entra nei consigli d’amministrazione anche della Pozzi-Ginori e della compagnia assicurativa Sai, sfilata da Ursini alla famiglia Agnelli.

Sindona verrà arrestato e condannato e poi morirà nel carcere di Voghera. Intanto Ursini, accusato di truffa e bancarotta, è costretto a scappare in Brasile. È a questo punto che Antonino La Russa, che dal 1972 al 1992 è ininterrottamente senatore del Movimento sociale italiano eletto nel collegio di Paternò, presiede di nuovo al passaggio dai “perdenti” al nuovo “vincente”: il suo “figlioccio” Salvatore Ligresti, anch’egli nato a Paternò, che s’impossessa della Pozzi-Ginori di Sindona e della Sai di Ursini (nel cui cda entra il figlio Vincenzo La Russa). Tutto attorno a lui cambia, crollano Virgillito, Ursini, Sindona, ma il vecchio La Russa resta.

Report presenta anche la prima intervista televisiva dell’ex colonnello dei carabinieri Michele Riccio, che racconta le rivelazioni fattegli dal capomafia Luigi Ilardo sulla famiglia La Russa: Cosa nostra avrebbe dato indicazioni nel 1994 di votare, nella Sicilia orientale, Antonino La Russa e suo figlio Vincenzo. Ilardo dice a Riccio che “la famiglia La Russa aveva già da tempo contatti con Cosa nostra”.

Antonino però non si presenta alle elezioni del 1994. Vincenzo, invece, già deputato della Democrazia cristiana eletto nel 1983 a Milano, nel 1994 si candida a Paternò nelle liste del Ccd. Verrà eletto con 15 punti di scarto sull’avversario di sinistra. Né Vincenzo, né suo padre sono mai stati indagati per le dichiarazioni di Luigi Ilardo.

Report ha chiesto a Ignazio La Russa di rispondere ad alcune domande. Il presidente del Senato ha inviato un video autoprodotto che sarà mandato in onda domani sera: “Dovreste vergognarvi per questa volgare fake news e per questa falsità”.

Il Fatto quotidiano, 8 ottobre 2023
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