GIUSTIZIA

Santanché, La Russa, Grillo, Dell’Utri: le indagini distrutte dalla “sentenza Renzi”

Santanché, La Russa, Grillo, Dell’Utri: le indagini distrutte dalla “sentenza Renzi”

di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali /

La “sentenza Renzi” della Corte costituzionale arriva come una boccia da bowling ad abbattere i birilli di altre inchieste in giro per l’Italia: quelle milanesi che riguardano Daniela Santanché, il figlio di Ignazio La Russa e i rapporti tra Beppe Grillo e l’armatore Vincenzo Onorato; e l’indagine fiorentina su Marcello Dell’Utri per strage.

La Consulta – su richiesta di Matteo Renzi – ha stabilito che i materiali estratti da telefoni e computer (chat, email) equivalgono alla corrispondenza, dunque sono coperti dalle garanzie costituzionali riservate ai parlamentari. Così i pm non potranno più estrarre né utilizzare chat o email scambiate con un parlamentare, o dovranno prima chiedere l’autorizzazione a Camera o Senato.

Daniela Santanchè era parlamentare quando inviava o riceveva le email, poi sequestrate dalla Guardia di finanza, che i pm della Procura di Milano stanno analizzando per dimostrare le accuse di falso in bilancio ipotizzate a carico della allora imprenditrice delle società del gruppo Visibilia, negli anni tra il 2016 e il 2020. Ma ora la “sentenza Renzi” impone che i pm rinuncino a utilizzarle, oppure chiedano il permesso al Senato. Molte email avevano destinatari multipli, tra cui Daniela Santanché, a volte solo in copia: rinunciare a tutti i messaggi inviati anche a lei significa buttare gran parte del materiale che potrebbe provare il falso in bilancio.

Ora la Procura di Milano dovrà decidere se fare a meno di quella corrispondenza elettronica o chiedere l’autorizzazione al Senato. Così una sentenza della Corte costituzionale che asserisce di essere “strumentale alla salvaguardia delle funzioni parlamentari” si trasforma in uno scudo inviolabile per attività che nulla c’entrano con l’attività parlamentare, come i comportamenti imprenditoriali di Daniela Santanché alle prese con la crisi delle sue aziende. Di più: lo scudo finisce per proteggere, per contagio, anche chi parlamentare non è, solo perché ha inviato messaggi, magari solo in copia, a un parlamentare; oppure ha usato una scheda telefonica di un parlamentare.

È il caso di Leonardo Apache La Russa, indagato per violenza sessuale, che utilizzava un telefono la cui scheda sim era intestata allo studio legale del padre Ignazio, presidente del Senato. Anche in questo caso la “sentenza Renzi” potrebbe proibire l’utilizzo del materiale (chat, foto, messaggi) estratto dal cellulare di Leonardo Apache. La Procura di Milano gli ha sequestrato il telefono che aveva in uso, ma ha restituito la sim intestata allo studio del padre.

Lunedì sarà fatta la copia forense del materiale contenuto nel telefono: i pm hanno escluso di estrarre e acquisire agli atti messaggi, conversazioni e immagini che eventualmente riguardino il presidente del Senato. Ma il procuratore della Repubblica di Milano, Marcello Viola, insieme ai pm titolari delle inchieste stanno studiando la sentenza della Consulta, per verificare se la procedura che hanno avviato sul caso La Russa jr. non confligga in qualche modo con la sentenza costituzionale. Sul caso Santanché, valuteranno se rinunciare alle email o se rivolgersi al Senato per chiederne l’autorizzazione all’utilizzo.

C’è un terzo caso, a Milano: l’indagine su Beppe Grillo per traffico d’influenze in cui il fondatore del Movimento 5 stelle è accusato di essere intervenuto presso parlamentari del suo movimento a favore di Vincenzo Onorato, patron del gruppo Moby, che tra il 2018 e il 2019 finanziava con  240 mila euro il blog di Grillo, di cui era amico di lunga data, pagando inserzioni pubblicitarie Moby. Negli stessi mesi, il fondatore dei 5 stelle girava ai suoi parlamentari le richieste d’aiuto di Onorato, in crisi finanziaria e desideroso di ottenere aiuti pubblici.

La Procura di Milano ha chiuso le indagini a marzo e sta decidendo se chiedere il rinvio a giudizio per Grillo e Onorato. Ora dovrà valutare se potrà utilizzare le email scambiate tra Grillo e i parlamentari 5 stelle, sequestrate dalla Guardia di finanza nel gennaio 2022.

L’ex senatore Marcello Dell’Utri è indagato a Firenze nell’inchiesta sui mandanti esterni delle stragi mafiose del 1993. Il 13 luglio, su ordine dei pm fiorentini, è stata perquisita la casa dell’ex parlamentare e il suo ufficio di via del Senato, a Milano. A Dell’Utri è stato sequestrato anche un telefono ricco, a quanto risulta al Fatto, di conversazioni con amici parlamentari.

Ora quei messaggi whatsapp e sms, anche se rilevanti ai fini dell’indagine, non potranno più essere utilizzati, se non con l’autorizzazione della Camera di appartenenza degli interlocutori. Con la conseguenza che i pm saranno costretti a fare in Parlamento una discovery su atti di indagini segrete e delicatissime, dando un aiuto insperato ai soggetti coinvolti ed eventualmente indagati.

di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali, Il Fatto quotidiano, 29 luglio 2023
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