SEGRETI

Il “giuramento” di Paolo Bellini, killer per tutte le stagioni

Il “giuramento” di Paolo Bellini, killer per tutte le stagioni

di Gianni Barbacetto e Sarah Buono /

È l’uomo che collega le vecchie e le nuove strategie della tensione. Un concentrato criminale. Un cocktail di criminalità comune e mafiosa, eversione politica e degli apparati dello Stato. Un killer per tutte le stagioni. Un Fregoli dell’illegalità, che passa in un amen dal ruolo di collaboratore delle istituzioni a quello di killer di mafia.

Paolo Bellini, di cui ora la Procura generale di Bologna ha chiesto l’arresto in carcere dopo aver ottenuto la sua condanna in primo grado per la strage di Bologna, nei 70 anni della sua vita non si è fatto mancare niente. È stato ricettatore, militante neofascista, amico di boss di Cosa nostra, killer della ’ndrangheta, ricercato, latitante, imputato, condannato per vari reati e per 18 omicidi eriusciti e tentati, infiltrato, fonte dei carabinieri e dei servizi di sicurezza, collaboratore di giustizia, testimone di giustizia, infine condannato all’ergastolo per strage.

È il militante neofascista di Avanguardia nazionale che attraversa con Stefano Delle Chiaie la stagione dell’eversione nera culminata nella strage del 2 agosto. È l’uomo che si muove, non senza sponde con il generale dei carabinieri Mario Mori, nella stagione delle stragi del 92-93 e della trattativa Stato-mafia, che discute con Nino Gioè, uno dei killer di Giovanni Falcone, della possibilità di far saltare la torre di Pisa.

Intercettato, ora la sua storia la racconta così, tirando in ballo un “giuramento”: “Io ho sopportato quarant’anni a stare zitto, tutto il fango che mi hanno buttato addosso per quarant’anni, quel gruppo specializzato, infamità nei miei confronti e nei confronti di una classe politica particolare, va bene? E non potevo mai contrastarli perché c’era di mezzo un giuramento, va bene? Ecco, adesso basta, hanno superato tutti i limiti”. E ancora: “Cinquant’anni, sono cinquant’anni di storie d’Italia dentro ai quali io sono stato dentro, un po’ di qua, un po’ di là, un po’ di su, un po’ di giù”.

Malgrado un curriculum criminale da brividi e una storia processuale da Guinnes dei primati, era a casa sua, a Palestrina, in provincia di Roma, dove viveva insieme alla sua attuale moglie ucraina. Era in detenzione domiciliare – uno dei modi di scontare la pena alternativi al carcere – per il mazzetto di omicidi che aveva commesso nei primi anni Novanta. L’arresto è arrivato perché aveva in programma di “punire” due “colpevoli” della sua condanna per strage: la ex moglie Maurizia Bonini e il giudice della Corte d’assise Francesco Caruso.

La prima non aveva confermato il suo alibi in aula, raccontando che era tornato a Bologna da Rimini in tempo per essere alla stazione alle 10,25 quando scoppiò la bomba. Lo aveva anche riconosciuto in un filmato girato da un turista alla stazione subito dopo l’esplosione: “C’è anche la fossetta” sul viso. E lui: “Ma prego. Poi vedremo la fossetta e vedremo le fosse. Fosse e fossette, ci sono anche le fosse”. E giù una bella risata. Intercettato, Bellini ora aggiunge: “Ho appena finito di pagare 50 mila euro per fare fuori uno di voi Bonini, eh, non si sa quale!”. E urla: “Bastardi figli di puttana, che Dio vi stramaledica tutti”.

E del giudice Caruso, nei mesi in cui stava scrivendo la sentenza, dice: “Bastardo, carogna, figlio di puttana, che Dio ti stramaledica, che ti vengan tanti cancri a due a due finché non diventano dispari! Starà scrivendo un poema, vuole scrivere le sue memorie… vuole fare una cosa apocalittica per chiudere la sua carriera… Mo’ gliela chiudo io, la carriera… ho scoperto che c’ha il figlio che fa il diplomatico a Porto Alegre, in Brasil”. E intona una canzone in brasiliano.

In effetti Valerio Caruso, figlio del giudice che lo ha condannato, è console generale dell’Italia a Porto Alegre. E in Brasile, Bellini è di casa: è stato per anni latitante in quel Paese, con una falsa identità, Roberto Da Silva, che lo ha protetto per lungo tempo anche in Italia. Anche grazie ai rapporti con pezzi delle istituzioni, dei carabinieri, dei servizi segreti. Era coperto dall’ex procuratore di Bologna Ugo Sisti, che all’indomani della strage del 2 agosto fu sorpreso durante una perquisizione a casa della famiglia Bellini, in provincia di Reggio Emilia.

Paolo Bellini è così: il 12 agosto 1992 incontra il maresciallo dei carabinieri Roberto Tempesta che lo usa come infiltrato in Cosa nostra per recuperare opere d’arte rubate; il giorno dopo ammazza a Cutro un uomo per conto della ’ndrangheta. Il suo arresto, ora, è provocato dalle informazioni raccolte dalle Procure di Caltanissetta e di Firenze, che indagano (e lo indagano) la prima sulle stragi del 1992 e la seconda su quelle del 1993.

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Gianni Barbacetto e Sarah Buono, Il Fatto quotidiano, 30 giugno 2023
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