CULTURE

Comunicare. La lingua cambia (specialmente su Tik Tok)

Comunicare. La lingua cambia (specialmente su Tik Tok)

Comunicazione oggi: che cosa è cambiato e verso quale direzione stiamo andando? Il servizio su “Lei Style” con le interviste a Gianni Barbacetto, Toni Capuozzo, Annamaria Bernardini De Pace, Noemi Gherrero. Di Dario Lessa.

Gianni Barbacetto risponde a Dario Lessa 

Il vocabolario si è arricchito di nuove parole come “boomer”, “catcalling”, “greenwashing” e “piedibus”: in che direzione sta andando la lingua italiana?

La lingua italiana la fanno i parlanti, non gli accademici della crusca. Dunque ben vengano le innovazioni, le invenzioni linguistiche, le ibridazioni, perfino gli innesti di parole straniere. Ormai viviamo in un mondo globalizzato, quindi i confini si sono indeboliti, anche per le lingue. Io preferisco che si usino le parole italiane al posto di quelle inglesi. Ma non mi scandalizzo se nel parlare degli italiani entrano anche parole inglesi, o provenienti da altre lingue. Mi danno molto più fastidio le brutte espressioni italiane, tipo “velocizzare”, o “problematiche”… Mi fanno l’effetto del gesso sulla lavagna. “Catcalling” però è una parola che pone di forza il problema di un corretto rapporto con le donne: dunque benvenga anche una parola straniera, se aiuta ad aumentare la consapevolezza che non dobbiamo trattare le donne come oggetti carini o animali domestici. “Greenwashing”, poi, è secondo me la parola dell’anno del 2022: tutti, dopo Greta, dicono di volere un mondo più verde, più sostenibile, che riesca a sopravvivere alla crisi climatica. Ma in prima fila tra quelli che si dicono “verdi” ci sono le aziende e gli uomini che vendono petrolio, che cementificano le città come Milano, che stanno distruggendo il pianeta: un imbroglio planetario. Nel 2023 dovremo aggiungere un’altra parola: “Brandwashing”. Ripulire l’immagine di un marchio o addirittura di uno Stato, a suon di tangenti: come hanno fatto il Qatar e il Marocco pagando europarlamentari e assistenti del Parlamento europeo.

I social sono entrati nelle nostre vite e ci hanno mostrato il meglio e il peggio della collettività: in che proporzione, secondo te?

I social mi divertono (soprattutto TikTok e Instagram) e mi fanno arrabbiare (soprattutto Twitter). Mi piacciono perché danno a tutti l’opportunità di esprimersi e di comunicare, e questo è un ampliamento della democrazia. Ci sono personaggi di TikTok che mi piacciono, come Lucrezia Lugli che fa la satira dei radical chic, o come Lorna che fa discorsi politici radicali e ben argomentati. Mi fanno inferocire, d’altra parte, perché sono diventati anche una palestra di odiatori webeti ignoranti che intervengono su tutto non sapendo niente, offendono con violenza chi ha idee diverse dalle loro, diffondono falsità e propaganda. Dobbiamo prenderli come sono, i social, con la loro ambivalenza. Usiamoli bene, divertiamoci, comunichiamo. Ma senza offendere chi non la pensa diversamente: chi lo fa, io lo banno. Comunque: non sono d’accordo a introdurre controlli e regolamentazioni rigide: sarebbe censura. Anche perché le fake news e la propaganda passano anche (e soprattutto) per i grandi giornali e le tv.

La generazione z parla anche in corsivo, cosa ne pensi?

Amio, che male c’è? Elisa Esposito ha inventato una maniera di parlare divertente. Il dramma scatta se ci si ferma al corsivo, e ai social. Bisogna essere aperti a molti canali. Oltre a TikTok e Instagram bisogna continuare a leggere anche i libri. Oltre ai messaggi di pochi secondi, ai post, ai reel, è bello avere anche altre forme di comunicazione e di apprendimento: bei film, buona radio, grande musica, e soprattutto libri. Perché il pensiero è una avventura meravigliosa, ma va nutrita con le parole di chi ci ha preceduto e di chi ha raccontato storie grandi e profonde. Un ragazzo, una ragazza che voglia davvero capire la bellezza della vita e della storia usi pure TikTok, ma poi legga Gadda, “Guerra e pace”, “Alla ricerca del tempo perduto”…

di Dario Lessa, Lei Style, gennaio 2023
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