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Pazza idea: la vecchia volpe Paolo Scaroni a guardia del pollaio olimpico Milano-Cortina

Pazza idea: la vecchia volpe Paolo Scaroni a guardia del pollaio olimpico Milano-Cortina L'amministratore delegato di ENI, Paolo Scaroni, durante l'incontro Iraq Energy Outlook nel palazzo Eni a Roma, 31 ottobre 2012. ANSA/ CLAUDIO PERI

di Gianni Barbacetto e Lorenzo Vendemiale /

Per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 si ripete lo schema di Expo Milano 2015: anni di immobilismo, di ritardi e di milioni buttati, poi improvvisa epifania del salvatore, che si materializza con la missione di portare a compimento l’opera, naturalmente con procedure semplificate e appalti in deroga alle norme.

Per Expo, il commissario straordinario Giuseppe Sala era allora almeno incensurato; per Milano-Cortina potrebbe invece arrivare Paolo Scaroni. Fino a pochi giorni fa, il nome del nuovo amministratore delegato della Fondazione Milano-Cortina doveva essere quello di Michele Uva, ex direttore generale della FederCalcio, attualmente impegnato all’Uefa, pronto a tornare in patria per salvare i Giochi invernali, dopo oltre tre anni (dall’assegnazione a Milano e Cortina nel giugno 2019) in cui non è stato fatto praticamente nulla.

La società pubblica che dovrà realizzare le infrastrutture (commissario Luigi Valerio Sant’Andrea) è stata costituita con enorme ritardo ed è già fuori tempo massimo. Quanto all’evento vero e proprio, affidato alla Fondazione Milano-Cortina guidata finora da Vincenzo Novari, il bilancio piange (persi circa 30 milioni nei primi due bilanci), gli sponsor languono (servono 550 milioni e fin qui è stato annunciato un solo contratto), la pianificazione è a zero.

Una situazione talmente disperata che gli enti locali, preoccupati di pagare i danni, sono andati in ginocchio dal presidente del Consiglio Mario Draghi implorando l’ingresso del governo nel comitato (finora c’era stato il veto del M5S contrario allo sperpero di soldi pubblici: tutto dimenticato).

L’intervento di Palazzo Chigi è stato anche il pretesto per cambiare lo statuto e silurare Novari. Con l’occasione di distribuire un’ultima poltrona prima delle urne. Pareva destinata a Uva, ma qualcosa è cambiato in extremis: il suo nome non è gradito sicuramente a Giovanni Malagò, presidente del Comitato olimpico italiano, che con Uva, manager intransigente e caratteriale, ha già lavorato (e bisticciato) al Coni.

Il curriculum di Scaroni (arrestato per tangenti nel 1992) sarebbe comunque perfetto per arrivare come una vecchia volpe a far la guardia al pollaio olimpico

Scaroni a Cortina è di casa: lì ha da anni una baita con travi di legno a vista, divani gialli, poltrone granata, arredi africani. Ma non è certo per questo che Draghi potrebbe forse sceglierlo nei prossimi giorni. Ex amministratore delegato di Enel e poi di Eni, deputy chairman di banca Rotschild, uomo del fondo Elliott in Italia, presidente del Milan passato a Elliott e poi a RedBird, Scaroni ha solidissimi rapporti con il mondo delle banche e dei costruttori (WeBuild).

Proprio per questo il sindaco di Milano Giuseppe Sala non lo ama, perché sa che con il suo eventuale ingresso in partita perderebbe il bastone del comando sulle Olimpiadi per cui aveva tripudiato nel momento dell’assegnazione, nel giugno di tre anni fa.

Il conflitto d’interessi non è materia su cui in Italia ci si soffermi troppo: ma come presidente del Milan, Scaroni ha già in corso con Sala una partita complicata per realizzare a San Siro, con la scusa di un nuovo stadio, un’operazione immobiliare da 1,2 miliardi di euro. Operazione che prevede l’abbattimento del Meazza, che però a tutt’oggi fa parte del masterplan olimpico, come sede inaugurale dei Giochi.

Il curriculum di Scaroni sarebbe comunque perfetto per arrivare come una vecchia volpe a far la guardia al pollaio olimpico. Il 14 luglio 1992, da manager Techint del gruppo Rocca, fu arrestato con l’accusa di aver pagato tangenti ai partiti per ottenere appalti dall’Enel. Confessò: “Dal 1985 a oggi ho versato al Partito socialista circa 2 miliardi e mezzo, a volte in contanti e a volte su conti esteri”. Tornò in cella, per un giorno, nell’aprile 1993. Ammise le tangenti, patteggiò una pena di 1 anno e 4 mesi.

Nel 2002 fu premiato da Silvio Berlusconi con la poltrona di amministratore delegato dell’Enel: proprio l’azienda pubblica da cui dieci anni prima aveva “comprato” appalti a suon di tangenti. “Qualcosa che, in retrospettiva, è somewhat ironic”, “alquanto ironico”, commentò il Financial Times. Ma lui così rispose al quotidiano britannico: “In un Paese in cui gli affari e il governo erano così strettamente intrecciati, dove le istituzioni erano controllate dai politici, era possibile comportarsi in modo diverso? La risposta semplice è: no, non era possibile”.

L’uomo giusto, dunque, per far la guardia ora al malloppo delle Olimpiadi 2026, che dovevano essere a costo zero per le casse pubbliche – parola dei ministri Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti – ma che si prevede costeranno alla fine almeno 2 miliardi di euro.

Leggi anche:
Chi è Paolo Scaroni, professione manager

di Gianni Barbacetto e Lorenzo Vendemiale, Il Fatto quotidiano, 26 agosto 2022
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