GIUSTIZIA

Il giudice registrato ad Arcore, l’audio boomerang di Berlusconi

di Gianni Barbacetto e Vincenzo Iurillo /

“Il procuratore di Cassazione, andiamo a toccarlo con un nostro amico”. Mesi di campagna martellante, sui giornali e le tv berlusconiane, per tentare di ribaltare la sentenza del 1 agosto 2013 che rende definitiva la condanna a Silvio Berlusconi per frode fiscale. La pistola fumante doveva essere l’audio di un giudice, Amedeo Franco, che faceva parte del collegio di Cassazione presieduto da Antonio Esposito ed era stato registrato (di nascosto) durante un colloquio ad Arcore: “Berlusconi deve essere condannato a priori… ha subito una grave ingiustizia… tutta questa vicenda è stata guidata dall’alto… hanno fatto una porcheria”.

Ma la pistola si è ora ritorta contro chi l’ha impugnata: l’audio integrale, mandato in onda da Report su Rai3, non prova il complotto contro Berlusconi, ma in compenso documenta il tentativo di Berlusconi di condizionare la sentenza e di scegliersi i giudici. Dall’audio si capisce infatti che Gianni Letta, prima della sentenza, sarebbe andato dall’allora presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, a tentare – invano – un cambio di collegio: “È andato Gianni Letta da Santacroce e ci ha detto: ‘Ormai avete quel collegio lì e ve lo tenete. Abbiamo un relatore assolutamente sopra le parti’”.

Relatore era quel giudice Franco che firma pagina per pagina la sentenza, salvo poi andare ad Arcore a scusarsi con il condannato. E ancora: “Il procuratore di Cassazione, andiamo a toccarlo con un nostro amico”. Il riferimento è ad Antonio Mura, oggi procuratore generale di Roma, allora sostituto procuratore generale della Cassazione.

È lunga, la storia del rapporto di Berlusconi con i giudici amici. Comincia con le sentenze comprate e vendute dalle “toghe sporche” di Roma. Regista delle manovre nei palazzi della capitale allora era Cesare Previti, avvocato, gran tessitore di rapporti e conti all’estero alimentati dalla Fininvest e poi parlamentare di Forza Italia.

Da presidente del Consiglio, a Berlusconi è perfino sfuggito un lapsus fulminate: “Per difendermi in tribunale, in questi anni ho speso ben 200 milioni per i giudici”, ha scandito nella conferenza stampa del 9 ottobre 2009 a Palazzo Chigi. La correzione è arrivata dopo l’intervento all’orecchio di un ministro al suo fianco: “Scusate, per gli avvocati”.

Intanto a Napoli il 12 maggio un Gip dovrà decidere se archiviare o far ripartire l’indagine chiesta dal giudice Esposito sui tre lavoratori dell’Hotel Villa Svizzera di Lacco Ameno (Giovanni Fiorentino, Domenico Morgera e Michele D’Ambrosio), dipendenti del senatore di Forza Italia Domenico De Siano, e sull’avvocato Bruno Larosa che il 3 aprile 2014 ne raccolse le dichiarazioni poi allegate a un ricorso di Berlusconi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. I tre ischitani accusano Esposito di gravi pregiudizi su Berlusconi, definito più volte “bella chiavica, se mi capita l’occasione devo fargli un mazzo così” durante vacanze precedenti alla sua sentenza.

Esposito ha depositato un’opposizione per riaprire le indagini, affinché accertino senza dubbi la falsità di quelle parole e si vada a fondo su alcune domande rimaste senza risposta. Tra cui una: chi informò Berlusconi che quei tre lavoratori erano in possesso di informazioni utili contro il giudice che lo condannò? De Siano? Per Esposito c’è un modo per saperlo e lo indica al pm: convocare Berlusconi e chiederglielo.

Il Fatto quotidiano, 5 maggio 2021
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