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San Siro, un affare immobiliare con fondi a rischio mafia

San Siro, un affare immobiliare con fondi a rischio mafia

La partita che si sta giocando a San Siro potrebbe essere l’ultima. Milan e Inter vogliono abbattere lo stadio Meazza, per costruire un nuovo impianto. In realtà la vecchia “Scala del calcio”, carica di storia e di gloria, funziona ancora benone e potrebbe essere eventualmente riadattata con un investimento contenuto. Ma non è lo stadio, vecchio o nuovo, che interessa a Milan e Inter, bensì il mega-investimento immobiliare  attorno allo stadio (300 mila metri quadrati di edificazioni, torri e grattacieli, hotel e spazi commerciali) accettato nella sostanza dalla giunta di Giuseppe Sala dopo aver fatto finta di trattare sulle volumetrie come in un suq di tappeti.

Lo stadio è l’esca, il cemento attorno è la preda. Un bottino miliardario, che porterà 200 milioni di ricavi all’anno alle squadre, ormai passate dal calcio al settore immobiliare. Sala per un po’ ha fatto finta di stare a guardare, ma poi ha detto sì. Eppure il Meazza è proprietà del Comune: perché la sua sorte deve essere decisa da due investitori internazionali privati? È proprietà del Comune (quindi di noi cittadini) anche l’area dove Milan e Inter vogliono fare il loro investimento: perché fanno i padroni a casa nostra? E perché Sala vuole concedere loro un indice edificatorio di 0,51, più alto dello 0,35 imposto dal Piano di governo del territorio a tutti gli altri operatori in città?

Ora circola un appello, rivolto al sindaco Sala e al presidente del Consiglio comunale di Milano Lamberto Bertolé, che chiede almeno trasparenza sull’operazione. È già stato sottoscritto da personalità come Nando dalla Chiesa e la verde Elena Grandi e può essere firmato su change.org. “Da cittadini milanesi impegnati nella lotta alla mafia, alla corruzione e all’evasione fiscale, nonché nella promozione della trasparenza nella pubblica amministrazione”, dice l’appello, “giudichiamo in maniera estremamente negativa il fatto che a oggi Milan e Inter non abbiano ancora risposto alla richiesta, fatta il 4 ottobre 2019 dal presidente della Commissione comunale antimafia David Gentili, di dichiarare il proprio titolare effettivo, cioè la o le persone fisiche che possiedono oppure controllano direttamente o indirettamente i due enti con cui l’amministrazione sta trattando”.

Il problema, sollevato già dieci mesi fa da Gentili, è: chi sono davvero le entità Milan e Inter, società possedute da fondi esteri a cui non è possibile dare un volto? “Di fronte a un intervento di tale importanza dal punto di vista economico, che andrà a modificare l’assetto urbanistico, oltre a trasformare uno dei simboli della nostra città”, continua l’appello, “crediamo non si possa restare a guardare e fare finta di niente. Anche alla luce della fama di ‘avvoltoio’ del fondo Elliott, proprietario del Milan, quali garanzie ha la città di Milano che non ci troviamo di fronte a investitori interessati alla mera speculazione, che non credono davvero nello sviluppo del nostro territorio? Vi sembra giusto sottoscrivere una concessione, un contratto d’appalto o una convenzione urbanistica con qualcuno di cui non si conosce l’identità? E soprattutto: se non conosciamo gli investitori, quale garanzia abbiamo sulla provenienza dei capitali investiti?”.

“Il recente scandalo finanziario che ha visto in minima parte coinvolta anche Generali, con i dividendi di alcuni titoli obbligazionari finanziati dai proventi di diverse società, alcune delle quali legate alla ’ndrangheta, dovrebbe metterci in allarme per tutelare la città, la sua storia e i suoi simboli da eventuali aggressioni di capitali sporchi, considerata l’accertata importanza strategica che Milano ha rivestito e riveste nelle dinamiche criminali legate al riciclaggio internazionale di denaro sporco, messo in luce da diverse inchieste della Direzione distrettuale antimafia in questi anni”. Aspettiamo risposte.

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Il Fatto quotidiano, 17 luglio 2020
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