AMBIENTE

L’Unesco salvi il Tagliamento, ultimo fiume libero d’Europa

L’Unesco salvi il Tagliamento, ultimo fiume libero d’Europa

È il re dei fiumi d’Europa. L’ultimo grande corso d’acqua del continente che ancora scorre liberamente, morfologicamente intatto, non imbrigliato dall’uomo. È il Tagliamento, fiume-simbolo per il Friuli, corridoio fluviale che dalle Alpi arriva all’Adriatico, studiato per le sue peculiarità da esperti che arrivano da tutto il mondo. Per proteggerlo dai continui assalti degli uomini che lo vogliono imbrigliare e sfruttare e addomesticare e uccidere la sua unicità, un gruppo di cittadini friulani propone di farlo diventare patrimonio dell’Unesco.

Una richiesta che la comunità scientifica internazionale ha avanzato già a partire dal 1995. Ora la rilancia lo scrittore Tullio Avoledo e il gruppo politico regionale da lui promosso, il Patto per l’Autonomia, con una raccolta di firme in corso su change.org. Il patrimonio Unesco rappresenta “l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future”. L’unicità del fiume Tagliamento è un valore da tutelare, difendere, promuovere e da consegnare intatto a chi verrà dopo di noi.

“Prendetevi un’ora di tempo”, scrive Avoledo, “e andate a camminare lungo il Tagliamento, in un punto qualsiasi del suo corso. Aria, acqua e luce v’incanteranno, vi parleranno sottovoce all’orecchio di felicità, di libertà. Il vostro cuore batterà più forte, la vostra fantasia volerà, come quando eravate bambini. Il Tagliamento è una fonte vitale, è il fiume a cui la nostra terra deve la vita, è un’eternità che possiamo toccare con mano. Immergete le vostre dita in quell’acqua limpida e quel contatto libererà qualcosa di grande dentro di voi”. È lo stesso fiume, continua lo scrittore, “sul quale passarono le tribù preistoriche, e i Romani, e i Longobardi. È rimasto lo stesso, nel tumulto della storia”.

Nei giorni scorsi, ventuno consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia hanno detto no alla proposta del Patto per l’Autonomia di far dichiarare il Tagliamento patrimonio dell’Unesco. Uno di questi ha motivato il suo no dicendo che, se passasse sotto la tutela dell’Unesco, non sarebbe più possibile organizzarvi rally automobilistici. “Questi personaggi vivono nel passato”, commenta Avoledo, “credono in un modello di sviluppo obsoleto, che semplicemente non ha futuro. In nome di un profitto immediato c’è chi vorrebbe seppellire la nostra terra sotto ancora altro asfalto e cemento, come se non bastasse il troppo già versato dagli anni Sessanta in poi. Aprite gli occhi: l’economia del consumo e del superfluo è morta, l’umanità chiede una nuova sensibilità verso l’ambiente e la qualità della vita. La pandemia ci ha insegnato che la china presa dal liberismo sfrenato è una corsa verso il baratro”.

Continua lo scrittore: “Non so se i nostri figli, o i figli dei nostri figli, chiederanno un Processo di Norimberga per chi sta uccidendo il pianeta. So che guardando ai nostri tempi ci giudicheranno severamente, se non con disprezzo. Ci giudicheranno pazzi per non aver saputo fermarci in tempo e cambiare direzione. Quel voto contrario non è un voto qualunque. Quel voto potrebbe essere la condanna a morte dell’ultimo fiume libero d’Europa”.

Qualche tempo fa, alcuni ragazzi espressione della buona borghesia friulana sono finiti sulle cronache nazionali perché indossavano magliette su cui era scritto “Centro stupri”. “Eppure anche loro sono stati bambini”, commenta Avoledo. “Vorrei sapere se qualcuno di loro è mai stato portato a immergere la mano nell’acqua del Tagliamento. Il fatto è che certe persone hanno paura della grandezza, paura di sognare. Conoscono il prezzo di ogni cosa, e il valore di nessuna. Il progetto di fare del Tagliamento un patrimonio Unesco è un sogno grande, degno di un popolo fiero come il nostro. Salvare il Tagliamento vuol dire salvare anche la nostra vita e il nostro futuro”.

 

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Il Fatto quotidiano, 23 luglio 2020
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