GIUSTIZIA

Ardita: “La riforma del Csm rischia di far sparire i candidati indipendenti”

Ardita: “La riforma del Csm rischia di far sparire i candidati indipendenti”

La riforma del Consiglio superiore della magistratura, proposta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, arriva come tentativo di bloccare le degenerazioni correntizie emerse in maniera clamorosa con l’inchiesta sull’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara.

Che giudizio ne da Sebastiano Ardita, membro del Csm ed esponente di Autonomia e indipendenza?

È stato annunciato un testo che contiene diverse iniziative. Alcune importanti, come quelle che prevedono la separazione tra vita politica e attività giudiziaria. Altre utili. Qualcun’altra potrebbe tradire le finalità che si ripropone.

Cerca di sanare le storture rese palesi dal caso Palamara?

Una riforma del Csm che segnasse un confine tra magistratura e politica era comunque indispensabile. Intanto il caso Palmara ha già prodotto qualche piccolo effetto: tutti stanno più attenti a non ricadere negli errori del passato. I gruppi organizzati agiscono e votano spesso come un sol uomo e questo non giova alla coerenza delle scelte. Nel Csm non dovrebbero esistere sigle o gruppi, anche se per essere eletti ci si è riconosciuti in un programma comune. E poi occorrerebbe tutelare chi non è sostenuto da alcun gruppo. Con gli eletti di Autonomia e indipendenza e Nino di Matteo abbiano provato a fare questo, votando spesso in modo difforme tra di noi, proprio in nome della autonomia delle scelte.

La riforma propone di votare i membri del Csm in venti piccoli collegi.

Questo rischia di far sparire i candidati indipendenti e anche una realtà come la nostra che raccoglie il consenso sparso di chi non condivide il sistema delle correnti. Forse il ministro non sa che alcune correnti hanno reti locali che prendono in carico i magistrati dal loro ingresso in magistratura e li accompagnano fino alla pensione. Più ristretto è il collegio e più facile è intercettare il voto. Nessun magistrato, se non sostenuto da un gruppo, verrebbe mai eletto. Falcone non fu eletto quando si presentò in un piccolo collegio di Palermo. Oggi non sarebbe al Csm Nino di Matteo. Una riforma così rafforzerebbe la logica dei gruppi più forti e farebbe sparire le minoranze.

La riforma prevede un doppio turno, con la seconda votazione dopo 24 ore, per impedire accordi di corrente.

Una disposizione inutile, perché le grosse correnti prevedono già tutto. E sanno in partenza chi andrà al ballottaggio. Se passa una riforma così avranno la magistratura nelle mani e non sarà un gran servizio per la giustizia. E poi non dite che non l’avevamo detto… La politica avrebbe invece tutto il tempo per varare una riforma, anche costituzionale, che preveda una forma di sorteggio che preceda l’elezione. Prima ero scettico, ma adesso non più. È ciò che auspica la maggioranza dei magistrati italiani e che fa paura a molti esponenti importanti dei gruppi che puntano solo alla propria autoriproduzione. Come ulteriore proposta ci sarebbe la possibilità di prevedere, dopo un rigoroso vaglio di idoneità, la rotazione di alcuni incarichi semidirettivi. Anche questo potrebbe togliere spazio al meccanismo che alimenta il sistema clientelare.

Il nucleo della riforma sembra essere il blocco delle porte girevoli tra magistratura e politica.

Penso che per i magistrati che scelgono la strada della politica non sia giusto tornare indietro.

Prevede che i “laici” del Csm non possano essere scelti tra i politici eletti in Parlamento.

Quando i “laici” sono espressione dell’Accademia o dell’avvocatura la loro indipendenza è certamente maggiore. Pero il nuovo sistema renderà più forti le correnti, anche perché prevede poteri più penetranti del Csm rispetto ai capi degli uffici, attraverso gli strumenti di organizzazione (tabelle, criteri di assegnazione, deleghe) con tanto di responsabilità disciplinare dei magistrati che non si adeguano. Questo strumenti, se applicati in modo burocratico nelle Procure, rischiano di essere un freno alla competenza e alle iniziative dei singoli magistrati. La magistratura verrebbe ulteriormente gerarchizzata e controllata. Non penso che qualcuno potrà mai più avere l’autonomia che ebbero negli uffici Giovanni Falcone o Paolo Borsellino.

Il Fatto quotidiano, 5 giugno 2020
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