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L’ultimo bluff di Proto: affittare la villa a Weinstein

L’ultimo bluff di Proto: affittare la villa a Weinstein

Ci prova ancora. E ancora ci cascano. Alessandro Proto è stato arrestato, processato, ha patteggiato una pena di 3 anni e 10 mesi ed è stato condannato dalla Consob a pagare una multa di 4,9 milioni di euro (che non ha e non ha mai avuto). Eppure il settimanale francese Paris Match gli ha creduto ancora e agli inizi di dicembre 2017 lo ha definito “uomo d’affari italiano”, anche se poi ha smontato e smentito la sua ultima impresa: aveva annunciato di aver affittato una villa in Svizzera al produttore hollywoodiano Harvey Weinstein, dopo lo scandalo sessuale da cui era stato travolto in America.

Ancora più incauti i giornali svizzeri (tra cui l’autorevole quotidiano ginevrino Le Temps) che gli avevano dato credito, scrivendo che Weinstein aveva deciso di passare le vacanze di Natale in una villa di Lugano, come era stato comunicato dallo studio legale di New York Brafman & Associates. Ma all’inizio di tutto c’è l’italianissima Ansa. L’agenzia di stampa, in un lancio del 20 ottobre 2017, riferisce che “Weinstein ha affittato una villa a Lugano”, “almeno stando alle dichiarazioni riportate in un comunicato in lingua inglese da Steven Taylor, responsabile Real Estate per la Proto Group Ltd, società di consulenza immobiliare di alcuni divi di Hollywood ma di cui si è avvalso anche il presidente Donald Trump”.

Ebbene: Weinstein non ha affittato alcuna villa in Svizzera; non esiste alcun Steven Taylor; nessun contratto d’affitto è stato firmato dal fantasmatico Proto Group Ltd con sedi (inesistenti) a Londra, Milano, Vaduz e New York, di cui peraltro il presidente Trump ignora l’esistenza; e la e-mail dello studio Brafman & Associates – ha documentato la Radiotelevisione della Svizzera italiana che finalmente ha fatto un semplice controllo – è partita da un dominio web (brafmanassociates.com) registrato il 1 dicembre 2017 dallo stesso Alessandro Proto.

Paris Match nel suo articolo ricorda che la stampa americana aveva accreditato Proto come il modello a cui la scrittrice E. L. James si era ispirata per creare il personaggio di Christian Grey, protagonista di Cinquanta sfumature di grigio e degli altri due romanzi della trilogia sexy-chic. “Si era inventato tutto”, scrive il magazine francese. Sì, tutto: compresa l’avventura erotica e sentimentale con la giovane autrice delle Sfumature (che per altro è a sua volta abbastanza fantasmatica: E. L. James è solo lo pseudonimo di Erika Mitchell, scrittrice britannica di 54 anni, felicemente sposata con lo sceneggiatore Niall Leonard).

In questa storia in cui nulla è come sembra, per capire chi è davvero Proto, più che la trilogia delle Sfumature, bisogna leggere il libro di Andrea Sceresini, Io sono l’impostore (edito dal Saggiatore). Sottotitolo: “Storia dell’uomo che ci ha fregati tutti”. Coraggioso, Sceresini, a scegliere un personaggio che ha fatto della finzione e dell’inganno il suo programma di vita: ne ha dunque scritto sapendo di correre a ogni pagina il rischio di finire intrappolato nella rete di bugie messe in scena dal suo protagonista.

Pettinato esattamente come Leonardo Di Caprio nel film The Wolf of Wall Street, Alessandro Proto nel 2010 si è inventato “uomo d’affari”. Andate a cercare in rete le sue imprese: troverete decine e decine di affari mirabolanti. Ha messo in vendita la villa di George Clooney sul lago di Como, subito richiesta dal calciatore David Beckham; ha venduto a Brad Pitt e Angelina Jolie una residenza cinquecentesca in Valpolicella; a Madonna una dimora sul Lago Maggiore; a Mel Gibson una villa sul mare di Termoli; a Leo Messi una a Tremezzo; a Di Caprio un superattico in piazza Bra nella Verona di Giulietta e Romeo. Ha comprato anche un’isola greca per Warren Buffet.

Poi è passato all’alta finanza. Per conto di misteriosi investitori ha rastrellato il 2,8 per cento di Rcs-Corriere della sera; ha fatto un’incursione in Unicredit; ha acquistato azioni Fiat, Tod’s, L’Espresso, Mediaset; ha fatto trapelare di essere in gara per comprare l’ospedale San Raffaele; si è presentato come il risolutore della crisi Montepaschi e come il cavaliere bianco pronto a risolvere i problemi della Fonsai di Salvatore Ligresti. Infine, è arrivato alle aziende editoriali: si è detto pronto a comprare il quotidiano il Tempo e la tv La7; è andato a trattare con Luca Telese l’acquisto del suo giornale, Pubblico; ha perfino minacciato di comprare una fetta del Fatto quotidiano, per “mandare a pulire i cessi” l’autore di questo articolo, reo di aver scritto il 10 febbraio 2013 quello che il 14 febbraio diventa chiaro a tutti: Alessandro Proto non ha venduto ville, non ha comprato isole greche, non ha mosso azioni.

Ha solo diffuso comunicati stampa, a cui hanno abboccato (quasi) tutti: il Corriere della sera e il Giornale, il Sole 24 ore e Milano finanza, l’Ansa e La Presse, El Mundo e Die Zeit, Daily News e Wall Street Journal. Quel 14 febbraio, san Valentino, Proto viene arrestato, con le accuse di truffa e aggiotaggio. Per aver intascato parecchi soldi (circa 1 milione di euro) da piccoli imprenditori incantati dalle sue imprese raccontate dai giornali. A loro prometteva di risollevare aziende in crisi con miracolosi businnes plan e generose promesse di finanziamenti. Se questo gli è costato l’accusa di truffa, quella di aggiotaggio se l’è meritata con decine e decine di comunicati in cui raccontava operazioni finanziarie mai realizzate.

Ora il bel libro di Sceresini racconta anche l’altra faccia dell’uomo che, al di là di ogni ragionevolezza, ha recitato una parte che pure sapeva di non poter sostenere a lungo, come, in maniera ben più drammatica, L’Avversario raccontato in un libro di Emmanuel Carrère. La sua infanzia in un quartiere popolare di Milano, i rapporti difficili con il padre, la sua fame di vita, di successo e di soldi, l’effimera scalata e la rapida caduta. Con una morale, che attiene più al giornalismo che alla finanza: i giornali non verificano le notizie che arrivano ben confezionate in redazione. Proto, da solo con il suo computer, ha dimostrato non le sue (inesistenti) capacità di finanziere, ma la cronica debolezza della nostra informazione.

La Svizzera ora lo ha espulso: il 17 novembre 2017 la segreteria di Stato elvetica per l’immigrazione ha emesso a carico di Alessandro Proto un divieto d’ingresso nella Confederazione, motivato dalle condanne subite all’estero. Proto ha infatti patteggiato una pena di 3 anni e 10 mesi davanti al Tribunale di Milano, per truffa e aggiotaggio. La Consob, inoltre, gli ha notificato una multa di 4,9 milioni di euro per aver turbato il mercato con decine di comunicati in cui annunciava operazioni su titoli di società quotate in Borsa, da Rcs a Unicredit, da Fiat a Tod’s, da L’Espresso a Mediaset, da Montepaschi a Fonsai. Tutte operazioni inesistenti, in cui Proto si presentava come il mediatore per conto di misteriosi (ma inventati) investitori. I suoi comunicati erano però ripresi e diffusi dai media, portandogli una fama che Proto poi spendeva convincendo piccoli imprenditori ad affidargli i loro soldi (in totale 1 milione di euro) in cambio di business plan e di finanziamenti promessi.

Il Fatto quotidiano, 2 gennaio 2018
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