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Cecilia Strada: “Sulle ong indagare è giusto. Ma perché attaccate Emergency?”

Cecilia Strada: “Sulle ong indagare è giusto. Ma perché attaccate Emergency?”

Ben vengano le discussioni, i chiarimenti e anche le indagini sui comportamenti delle ong e sulle loro eventuali collusioni con gli scafisti: “È giusto discutere di come lavorano le organizzazioni non governative”, scandisce Cecilia Strada, presidente di Emergency. “Si può e si deve farlo. Ma non si può generalizzare, in base a sospetti, dicendo che tutte le ong sono cattive”.

Negli ultimi giorni, le polemiche hanno investito anche Emergency.
Sì. Hanno scritto che mio padre, Gino Strada, ha la residenza a Montecarlo, che si è fatta la Ferrari con i soldi di Emergency, che io nella mia vita ho fatto solo la cameriera (come se fosse un’esperienza professionale indegna), che nel bilancio di Emergency le fonti di entrata non sono dettagliate: e invece basta leggerlo, il bilancio, per trovare tutte le informazioni.

Si sa che sui social si scatena l’odio…
Mi hanno insultato, mi hanno invitato a vergognarmi perché “portate qui quelli muscolosi e ve ne fregate dei bambini che muoiono di fame in Africa”. Ora: Emergency non sta lavorando nel soccorso in mare (purtroppo, aggiungerei); da 23 anni aiuta tutti, compresi i bambini affamati, per un totale di 8 milioni di persone; e da 10 anni lavora anche in Italia, con ambulatori aperti a tutti.

Vi rimproverano anche di curare i “nemici” e “i terroristi”.
Ma lo sanno chi sono i pazienti di Emergency? Tra le vittime di guerra, uno su tre è un bambino, oltre il 90 per cento sono civili. Comunque sì: noi curiamo tutti. Il medico è un medico, non un poliziotto, un giudice o un boia. Non è una scelta, è un dovere: curare tutti, con eguale scrupolo e impegno. Se non lo fai, commetti un reato. In un pronto soccorso italiano o in un ospedale in Africa, un medico non ha “nemici”, l’unico nemico è la malattia. E non è un’invenzione di Emergency: è la base dell’etica medica.
Le polemiche sono iniziate dopo la diffusione di notizie secondo cui alcune ong potrebbero avere rapporti con gli scafisti.
Se ci sono comportamenti poco puliti, che si chiariscano. Ma c’è stato invece un attacco alle ong in generale, denigrando persone che passano la loro vita a salvare la gente in mare, a curarla nei campi profughi o quando arriva in Italia.

Emergency ha esperienza diretta di quello che succede nel Mediterraneo?
No, perché Emergency non lavora in mare. Da qualche anno lavoriamo sui moli di sbarco e per un breve periodo abbiamo lavorato anche ai salvataggi in mare, ma non su una nave nostra, perché non ne abbiamo. Non vorrei però che passasse il messaggio che se lavori in mare, allora sei sospetto. C’è un calderone di accuse generiche, senza prove concrete, che è veramente inaccettabile.

Questo vuol dire che non si può discutere dei comportamenti delle ong?
Non solo si può, ma si deve discutere dei comportamenti delle ong. Noi continuiamo a ripetere che “non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene”. Si ha una grande responsabilità quando si lavora in un’organizzazione non governativa: la responsabilità di non sprecare nemmeno un centesimo di quanto ti affidano i donatori, la responsabilità di dare il meglio ai propri assistiti, ai propri pazienti. Dunque i controlli sono benvenuti. Ma oggi siamo passati da una concezione per cui tutte le ong erano sante a una secondo cui sono tutte sospette e cattive. Inaccettabile. Non tutti gli italiani sono mafiosi, né tutti i religiosi sono pedofili. Bisogna sempre rifiutare le generalizzazioni. Quanto a Emergency, sono più di dieci anni che ha ambulatori mobili e fissi in Italia dove curiamo chiunque abbia bisogno: italiani, stranieri, venusiani… Tutti. E a quelli che dicono che bisogna “aiutarli a casa loro” rispondo che noi lo facciamo dal 1994. Li aiutiamo a casa loro, li aiutiamo a casa nostra… Anzi, “ci” aiutiamo a casa nostra.

Il Fatto quotidiano, 3 maggio 2017
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