MILANO

Sala trema: dove sono i soldi che Renzi gli aveva promesso?

Sala trema: dove sono i soldi che Renzi gli aveva promesso?

L’avevamo chiamato, con un po’ di irriverenza, “Pacco per Milano”. Tre mesi dopo, i fatti ci danno purtroppo ragione. È dovuto correre in città il ministro per la coesione territoriale Claudio de Vincenti per cercare di rassicurare il sindaco Giuseppe Sala (e i cittadini milanesi) che è tutto a posto e che le promesse saranno mantenute. Ma le rassicurazioni hanno funzionato solo a metà. Nel settembre 2016, il sindaco aveva firmato con l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi un “Patto per Milano” celebrato dalla stampa come l’avvenimento dell’anno. Una pioggia d’oro (addirittura 2,5 miliardi di euro!) sarebbe dovuta cadere sulla città. “Milano”, aveva promesso Renzi, “deve prendere per mano il resto del Paese e portarlo fuori dalla crisi”.

Già allora avevamo guardato dentro le carte e scoperto che di soldi veri e certi ce n’erano molti meno di quelli annunciati. Renzi, in campagna elettorale per il referendum, aveva girato l’Italia promettendo contributi a tutti e firmando “Patti” con decine di sindaci. In realtà, aveva stanziato soltanto 500 milioni che dovevano bastare per tutti. Milano aveva presentato un progetto per la riqualificazione delle periferie, chiedendo 18 milioni. Il progetto era stato confrontato con quelli presentati dalle altre città (120 le partecipanti) ed era finito al trentunesimo posto di una graduatoria in cui erano garantiti i finanziamenti soltanto per i primi 24 progetti.

Panico. “Stop ai fondi periferie. Milano perde la gara tra le città italiane”, scrive anche Repubblica. Fibrillazione a Palazzo Marino, mentre l’opposizione di centrodestra grida: “Il governo ha tradito Sala” e “Milano è finita in serie B”. Poi arrivano le rassicurazioni del ministro: si comincia col finanziare i primi 24 progetti, ma alla fine arriveranno i soldi per tutti, quindi anche per Milano, perché il budget totale è stato alzato da 500 milioni a 2,1 miliardi. Bisogna però aspettare il Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica, che dovrà dare il via libera ai finanziamenti entro gennaio.

Staremo a vedere. Certo che intanto il “Patto per Milano” si rivela quello che il Fatto quotidiano aveva anticipato: una mossa di marketing politico che Renzi aveva giocato sul tavolo del referendum e che Sala aveva esibito per dimostrare il ruolo speciale di Milano. Ora si ritrova, se non proprio in serie B, almeno a metà classifica. E resta aperto un problema più generale. La tanto sbandierata continuità tra governo Renzi e governo Gentiloni è incrinata dal fatto che Renzi non è più a Palazzo Chigi e Sala non può più esibire il suo rapporto privilegiato con il presidente del Consiglio. Con conseguenze non soltanto nella gara per le periferie, che pure lo stesso Sala presenta come la sua “ossessione” e che sono cruciali per il recupero di consensi del Pd, che le periferie le ha in gran parte perse alle comunali e al referendum; ma anche in partite cruciali come quella dell’area Expo.

Sono necessari tanti soldi, per dare un senso a quei terreni costati 260 milioni e su cui sono stati spesi 2,1 miliardi di denari pubblici per l’esposizione universale. Renzi aveva promesso 1,5 miliardi per il polo di ricerca Human Technopole e almeno altri 130 milioni servono per trasferire nell’area le facoltà scientifiche dell’università Statale. I primi soldi sono stati stanziati: ma senza garanzie di lungo periodo, il “Parco della scienza, del sapere e dell’innovazione” non potrà decollare e dunque non potrà neppure “attirare” le aziende che dovrebbero essere la parte privata (e pagante) del “parco della scienza” e, ancor meno, le agenzie europee (Ema del farmaco e Euroclearing dei derivati) che Sala vorrebbe strappare a Londra.

Il Fatto quotidiano, 13 gennaio 2017
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