GIUSTIZIA

Schiaffo alla Procura di Milano: avanti con le indagini su Expo

Schiaffo alla Procura di Milano: avanti con le indagini su Expo

Le indagini su Expo continuano. La Procura generale si è sostituita alla Procura e ora ha 30 giorni per provare a completare l’inchiesta sulla “piastra” (il più grande degli appalti Expo, base d’asta 272 milioni di euro): anche eventualmente chiamando a testimoniare Giuseppe Sala, il commissario dell’esposizione diventato sindaco di Milano.

Ieri avrebbe dovuto chiudersi la stagione delle indagini su Expo. La Procura di Milano a gennaio 2016 aveva infatti chiesto al giudice delle indagini preliminari di archiviare anche l’ultima inchiesta aperta, quella sulla “piastra”. Ma il gip Andrea Ghinetti aveva dato il primo colpo alla Procura, rifiutando l’archiviazione e convocando invece per ieri in udienza gli attuali imputati (gli ex manager di Expo, Angelo Paris e Antonio Acerbo; l’ex responsabile di Mantovani spa che aveva vinto la gara, Piergiorgio Baita; e i suoi alleati, gli imprenditori della Socostramo srl, Erasmo e Ottaviano Cinque).

Ieri è arrivato il secondo colpo: davanti al gip si è presentato – al posto dei pm della Procura Paolo Filippini, Roberto Pellicano Giovanni Polizzi – il sostituto procuratore generale Felice Isnardi. Una decina di giorni fa, quando la richiesta d’archiviazione era stata comunicata anche alla Procura generale, questa aveva deciso di svolgere la sua istituzionale funzione di controllo, aveva consultato le carte e infine scelto di avocare l’indagine, affidandola a Isnardi: un magistrato esperto, che già nel 1991, un anno prima di Mani pulite, riuscì a rivitalizzare una vecchia, grande inchiesta data per morta, quella sulle “aree d’oro” (avviata nel 1986) ottenendo almeno un patteggiamento dal principale imputato, l’immobiliarista, allora “intoccabile”, Salvatore Ligresti.

Ora Isnardi ha 30 giorni per svolgere nuove indagini, fare nuovi interrogatori, ascoltare eventualmente altri protagonisti della vicenda: come Sala, stranamente mai interrogato dalla Procura. L’appalto per realizzare la “piasta”, cioè la base infrastrutturale di tutta l’area Expo, nel 2012 era stato vinto, a sorpresa, dalla Mantovani spa (in seguito coinvolta nelle indagini veneziane sul Mose). La vittoria era arrivata grazie a un ribasso eccezionale: del 42 per cento, “non idoneo neppure a coprire i costi”, annotano i pm nella loro richiesta d’archiviazione, segnalando “numerose anomalie e irregolarità amministrative”, sia nella “scelta del contraente”, sia “nella fase esecutiva”.

Ma poi, in conclusione, i tre pm sostengono che, “nonostante gli sforzi investigativi”, non sono state trovate le prove per sostenere in un processo le accuse avanzate di corruzione e turbativa d’asta. Anche perché – ma questo i pm non lo scrivono – l’indagine nel 2014 fu forse compromessa dallo scontro tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati (ora in pensione) e il suo aggiunto Alfredo Robledo (poi trasferito dal Csm a Torino). Bruti impedì a Robledo, tra l’altro, di partecipare a un importante interrogatorio dell’inchiesta. Fu il presidente del Consiglio Matteo Renzi, alla fine dell’esposizione universale, a ringraziare la Procura di Milano “per aver gestito la vicenda Expo con sensibilità istituzionale”.

Ora la Procura generale, guidata da Roberto Alfonso, mostra di non credere che la Procura abbia compiuto tutti gli sforzi necessari per scoprire se nell’appalto della “piastra” siano stati compiuti reati. Dalla richiesta d’archiviazione già si capisce che Sala aveva accettato l’offerta della Mantovani, benché probabilmente anomala, perché pressato dall’emergenza di dover “finire i lavori entro aprile 2015”. A tutti i costi. Per riuscirci, “aggiusta” i rapporti con la Mantovani: “Consentendo all’appaltatore di entrare in una anomala trattativa ‘al rialzo’ con il committente”, scrivono i pm. All’impresa di costruzioni vengono dati, in compensazione e senza gara, altri lavori, come per esempio la fornitura di 6 mila alberi, costati 1,6 milioni ma pagati ben 4,3. Altre quattordici gravi anomalie nella gestione dell’appalto vengono segnalate perfino da un audit realizzato per Expo spa da due società specializzate.

C’è anche una “mediazione strana”: 3,1 milioni (poi ridotti a 1,5) pagati dalla Mantovani a un broker di Caserta con sede a Londra, per trovare una compagnia assicurativa per la fidejussione a copertura dell’appalto: individuata la Hill Insurance di Gibilterra, dello stesso broker (che dopo una denuncia per truffa viene escluso). La Mantovani tra il 2011 e il 2015 acquista anche le partecipazioni in sei consorzi della Socostramo, la società di Erasmo e Ottaviano Cinque, molto legati al ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. Le paga 20,5 milioni, ma in seguito le iscrive a bilancio a valori più bassi. Riuscirà Isnardi, in soli 30 giorni, due anni dopo, a risolvere i rebus della “piastra” Expo?

Il Fatto quotidiano, 12 novembre 2016
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