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Il Gran Pignolo, 20 anni dopo: “La stampa italiana continua a peggiorare”

Il Gran Pignolo, 20 anni dopo: “La stampa italiana continua a peggiorare”

Vent’anni dopo, Mauro della Porta Raffo – nom de plume, spiega lui, di Mauro Maria Romano della Porta Rodiani Carrara Raffo dei Pfyffer von Altishofen, dei Bontemps de Montreuil e di casa Savelli – continua a fare paura. Le sue “Pignolerie” hanno rovinato i risvegli dei più noti giornalisti italiani, che vedevano segnalati senza pietà i loro errori. Era giovedì 5 settembre 1996 quando tutto cominciò. Quel giorno sul Foglio comparve (prima vittima: Gian Antonio Stella) una rubrichetta fulminante che faceva il contropelo alla stampa, beccando di settimana in settimana castronerie d’autore. Titolo, appunto, “Pignolerie”.

“Era andata così”, racconta il suo inventore, “i giornali – tutti – sono pieni d’errori, io li segnalavo da tempo con lettere che di solito non venivano neppure pubblicate. Con mia grande sorpresa, il 29 agosto 1996 trovo invece stampato sul Foglio di Giuliano Ferrara un mio lunghissimo fax (sì, era ancora l’epoca dei fax!) sugli errori compiuti dai quotidiani italiani che raccontavano la campagna elettorale presidenziale in corso negli Stati Uniti. Titolo a tutta pagina: ‘Un lettore denuncia la pochezza della stampa italiana’. Qualche contatto telefonico e poi, a settembre, parte le rubrica. Settimanale, ogni giovedì. Firmata, mentre gli articoli del Foglio non lo erano”.

I giornali si accorgono di lui quando tutti scrivono che era morta la vedova di Pancho Villa. “Ma no: era morta Isabel Seanes, ma il rivoluzionario messicano di mogli ne aveva 75! Ne sposava una, regolarmente, in ogni paese dove arrivava con i suoi fucili”. Il Gran Pignolo – così cominciò a essere chiamato – andò avanti sul Foglio fino al 2009. Tredici anni. Nessuno fu risparmiato: Enzo Biagi e Indro Montanelli, Andrea Camilleri e Umberto Eco, Corrado Augias ed Eugenio Scalfari, Furio Colombo e Paolo Mieli, Tiziano Terzani e Claudio Magris, Francesco Merlo e Vittorio Zucconi (“Troppo facile!”).

Non c’è argomento su cui il Gran Pignolo non sappia intervenire con la sua matita rossa e blu. Pugilato e storia americana, tennis e letteratura, il fucile Winchester e Al Capone, la nascita dell’Fbi e il Nobel a Thomas Mann. Poi anche il settimanale Panorama fu contagiato. Quando lo diresse Giuliano Ferrara, volle una sua rubrica sugli errori del concorrente, L’Espresso. Titolo: “The Other Place” (come si chiamano tra loro le università di Oxford e di Cambridge, senza mai nominarsi). Il più tremendo tra le “vittime”? “Biagi: ha fatto di tutto per convincere Ferrara a non farmi più scrivere. Il migliore, Montanelli: un suo errore su Lincoln lo ha dichiarato, citandomi, sul Corriere”.

Come nascono le Pignolerie? Della Porta Raffo lo spiega in tre parole: “Io so tutto”. Aggiunge: “Ma è proprio vero!”. Ha 72 anni, dorme quattro o cinque ore per notte, per il resto legge. Legge tutto e di tutto. Giornali ma soprattutto libri. Ne ha 8 mila nella sua casa di Varese. Eppure non gli stanno addosso i panni del secchione o del topo da biblioteca, dell’intellettuale noioso tutto Capalbio e impegno. Effervescente e narciso, nella vita ha fatto tanti mestieri, tra cui, per dire, il giocatore di carte professionista. “Mantenevo me e la mia famiglia. E molto bene. Ma niente poker: non sopporto i bluff”. Ha molto giocato anche a biliardo: “Ho imparato dal mio maestro, Piero Chiara”.

Il suo segreto, nel gioco come nelle Pignolerie, è la memoria. Prodigiosa. “Ripeto: io so tutto. Leggo e ricordo ogni cosa. È di famiglia, come avere gli occhi azzurri. Io non ho meriti: ho ereditato una gran memoria; e ho anche gli occhi azzurri”. Biblioteca sì, ma niente archivio. Neppure un catalogo dei suoi 8 mila volumi. E uso molto parco del computer: “Solo chi è molto colto può usare internet e trovarci qualcosa di nuovo e di interessante. Chi non lo è, invece, pesca a caso, copia molte cose sbagliate, e non impara mai niente perché dice: ‘Ho tutto lì’. Il computer è il più formidabile strumento per aiutarti a restare ignorante”.

Così negli anni le cose sono peggiorate, anche nel giornalismo. “Vent’anni dopo, dico: le Pignolerie non sono servite a niente. I giornalisti continuano a sbagliare. Anzi, sbagliano più di prima. E non lo dice un vecchio afflitto dalla nostalgia del passato: la stampa è peggiorata e lo posso dimostrare con i fatti. Gli errori sono enormemente aumentati. Le nuove generazioni non sanno niente. Sono più ignoranti, più maleducate e più malvestite. E non è questione di povertà e ricchezza: anche i poveri un tempo erano vestiti meglio, indossavano la camicia, non le magliette e i jeans. Eppure vestirsi bene, in fondo, costa meno che vestirsi male. Peggiorata anche la politica: c’è stata una degenerazione dei leader. Un tempo c’era Malagodi – io ero e sono liberale – ma anche Fanfani, Cossiga, Togliatti… Quelli di oggi? Non insista, non li voglio neppure nominare”.

Nessuno ha mai beccato in castagna lui, che segnala gli errori degli altri. Una volta sola ha dovuto correggersi da sè: “Avevo scritto che Dionigi il Piccolo, il riformatore del Calendario, era sciita. Ma no: era scita, nativo della Scizia”. Mentre scrivo, naturalmente, un filo di terrore mi formicola nelle dita: qualche errore lo farò e a lui non sfuggirà. Ma ormai per un giornalista essere bacchettato da Mauro della Porta Raffo è come per un politico essere ritratto in una vignetta da Forattini. Il Forattini degli anni d’oro, però.

Il Fatto quotidiano, 3 settembre 2016
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