MILANO

Basilio Rizzo, il castigapolitici che sfida Sala

Basilio Rizzo, il castigapolitici che sfida Sala

Viene dal Giambellino, Basilio Rizzo, come il Cerutti Gino cantato da Giorgio Gaber. E ora è il suo nome a emergere come quello del candidato sindaco della sinistra in opposizione ai tre manager in corsa (Giuseppe Sala per il centrosinistra, Stefano Parisi per il centrodestra, Corrado Passera per Italia Unica). Il suo nome, in verità, è stato fatto fin dall’inizio, non appena Sala ha vinto le primarie, per dare un’alternativa a chi proprio non se la sente di votare il manager Expo. Ma Rizzo ha sempre frenato: “Bisogna trovare un personaggio più rappresentativo, io sono l’ultimo della lista”.

Schivo, modesto, l’esatto opposto dell’uomo politico narcisista e tronfio che oggi conquista i talk show. Così sono volati i nomi di Pippo Civati, di Luca Beltrami Gadola, di Curzio Maltese, di Gherardo Colombo. Candidature evocate e tramontate in un soffio. Alla fine tocca a lui. Ha insistito molto per convincerlo Emilio Molinari, ex parlamentare europeo di Dp e padre del movimento per l’acqua bene comune. Lo ha incoraggiato anche Nando dalla Chiesa, sociologo e presidente del Comitato milanese antimafia. Finché ha ceduto: “Va bene, do la mia disponibilità”.

È il candidato naturale dell’opposizione, avendola fatta in Consiglio comunale per tre decenni. Nasce nel 1946 nel periferico quartiere del Giambellino, cresce però nella centralissima via San Paolo e frequenta l’asilo di via della Spiga: ma solo perché nell’immediato dopoguerra erano le famiglie più povere – la sua era di immigrati arrivati a Milano dalla Calabria – ad abitare le case danneggiate dai bombardamenti nel centro di Milano. Poi torna in periferia, studia e va all’università. Nel 1968 è studente di Fisica, partecipa al Movimento studentesco di Scienze e ai Cub, poi ad Avanguardia operaia e infine a Democrazia proletaria.

Proprio sotto il simbolo di Dp viene eletto per la prima volta in Consiglio comunale nel 1983. Nei trent’anni successivi, cambiano i simboli e le sigle (dai Verdi Arcobaleno alla Lista Dario Fo, fino alla Sinistra per Pisapia), ma lui resta sempre il controllore attento, inflessibile e intelligente delle scelte di sindaci e giunte, di destra e di sinistra. Negli anni Ottanta del craxismo e della Milano da bere produce denunce che anticipano Mani pulite e rivelano quella che sarà poi chiamata Tangentopoli. È uno dei pochi a criticare l’ascesa di Salvatore Ligresti, che in quegli anni diventa uno dei padroni di Milano.

È la bestia nera di tutti i sindaci, dai socialisti Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri ai berlusconiani Gabriele Albertini e Letizia Moratti. Fa quello che deve fare l’opposizione: controlla le delibere, vigila sulle scelte, denuncia ciò che gli pare scorretto. Nel 2011 sostiene Giuliano Pisapia che diventa sindaco e per la prima volta in vita sua non si trova all’opposizione. Viene eletto addirittura presidente del Consiglio comunale. Lo guida con rispetto dell’istituzione, curando di essere il presidente di tutti i consiglieri e non solo di una parte. Ma non rinuncia a far sentire la sua voce critica, quando la giunta che sostiene fa scelte che non lo convincono.

Per anni insegnante di elettrotecnica all’Istituto tecnico Ettore Conti di Milano, ha sempre fatto politica. “Rubando tempo alla mia famiglia”, dice, “mia moglie Marta e i miei figli Lorenzo e Cecilia, oggi studenti universitari”. Avrebbe fatto volentieri a meno di lanciarsi in questa nuova avventura, ma gli è toccato e si prepara a farlo con la passione con cui ha sempre fatto politica.

Il Fatto quotidiano, 20 marzo 2016
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