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Il visionario timido che ha inventato un movimento

Il visionario timido che ha inventato un movimento

“Abbiamo più volte pensato, io e Beppe Grillo, di buttare la spugna. Ma quando la voleva buttare lui non la volevo buttare io e viceversa. Così siamo arrivati fin qui”. Era il 2013 quando Gianroberto Casaleggio pronunciava queste parole, dal palco della grande manifestazione dei Cinquestelle in piazza San Giovanni a Roma. Non l’ha gettata, la spugna, fino all’ultimo. “Io non mollo”, ha scritto sul blog di Grillo il 7 aprile 2016, dopo che la Stampa aveva annunciato il suo ritiro a causa della malattia e un (inesistente) passaggio di consegne al figlio Davide: “Io non mollo e continuerò a battermi insieme a milioni di italiani onesti fino al successo del Movimento che ho contribuito a fondare. Chi sperava il contrario può mettersi l’anima in pace”. Solo la morte lo ha fermato, cinque giorni dopo, la mattina del 12 aprile.

La malattia, che era diventata visibile dopo l’intervento chirurgico alla testa dell’aprile 2014, aveva preso la forma del cappellino da cui scappavano i suoi ricci argentei e senza il quale non si mostrava più in pubblico. Il male che lo braccava lo aveva reso solo un po’ più silenzioso del solito. “Io parlo poco”, aveva esordito in uno dei pochi interventi pubblici, quello in piazza San Giovanni. Gemello politico di Beppe Grillo, Casaleggio era il suo contrario riguardo al palcoscenico, non ha mai amato i discorsi in pubblico e la tv, la politica spettacolo, il narcisismo dell’esporsi. Per questo lo hanno descritto come oscuro, misterioso, burattinaio, guru millenarista che ama stare dietro le quinte. In realtà era solo timido, ma quando era il momento, esponeva con decisione e con forza le sue idee.

Era un visionario timido, appassionato di tecnologia e della Rete, che fino al 2003 aveva fatto carriera nell’industria privata, diventando già nel 1997 amministratore delegato di Logicasiel, poi diventata Webegg, la società internet di Olivetti poi passata a Telecom Italia. Nel 2003 se n’era andato e aveva fondato la Casaleggio Associati. L’anno dopo, la sua vita era cambiata per sempre: un comico inquieto di nome Beppe Grillo legge un suo libro (Il Web è morto, viva il Web) e lo chiama al telefono. I due s’incontrano. Discutono. Scatta un cortocircuito tra l’esuberante animale da palcoscenico e il trattenuto manager con la passione del web. Dapprima varano insieme il blog beppegrillo.it, che diventa uno dei più letti al mondo; poi la rete dei MeetUp, “gruppi che si incontrano sul territorio grazie alla Rete”. Insieme organizzano il V-Day – il primo a Bologna l’8 settembre 2007 – un evento che sconvolge i riti della politica italiana. Infine, il 4 ottobre 2009, al teatro Smeraldo di Milano (ora diventato l’Eataly di Farinetti, il superemporio che vende il cibo trasformato in narrazione del cibo), nasce il Movimento 5 stelle.

I fondatori sono due, Grillo e Casaleggio. A chi scrive che “dietro a Grillo” c’è “un’oscura società di marketing”, risponde sicuro: “Non sono mai stato ‘dietro’ a Beppe Grillo, ma al suo fianco”. Il rapporto tra i due gemelli è forte: “Grillo per me è come un fratello, un uomo per bene che da questa avventura a livello personale ha tutto da perdere”. Il Movimento che fondano insieme è un inedito assoluto, che la destra odia considerandolo di sinistra e la sinistra non riconosce ritenendolo fuori dalla sua storia politica (ci è voluto, a sinistra, un ragazzino novantenne come Dario Fo per riconoscerne la novità).

Viene tacciato di antipolitica, di populismo. Così reagisce la politica, dapprima con sufficienza, poi con sempre maggior preoccupazione. Lui, Casaleggio, ribatte (nella manifestazione di Genova del 1 dicembre 2013): “Sono orgoglioso di essere populista. Il potere deve tornare al popolo. Le persone nelle istituzioni devono servire il popolo, non possono essere ‘sopra’ la volontà popolare”. Alla degenerazione partitocratica della politica, Gianroberto risponde proponendo la democrazia diretta, “resa oggi possibile dalla Rete”. E avvia una sperimentazione difficile – e non priva di fallimenti – per cercare di superare la delega in bianco (“Dobbiamo avere la possibilità di sfiduciare il parlamentare che si sottrae ai suoi obblighi”) e la dittatura dei capi-partito.

Con accusa di rimbalzo: di essere lui il dittatore “occulto” che muove come un puparo 2.0 i fili del Movimento, fino all’espulsione dei non allineati. Lui replica: “Non ci sono capi e l’unico leader riconosciuto sono i cittadini che fanno parte della comunità del M5S. Comprendo tuttavia che chi è abituato a prendere ordini possa non capire questo semplice concetto”. Così scrive sei giorni fa, nel suo ultimo post sul blog di Beppe Grillo. “Siamo una comunità che si autodetermina in Rete e gli strumenti a nostra disposizione evolvono ogni giorno”.

Difficile far crescere un movimento da “una testa, un voto”: “Non sono mai entrato nell’ambito dei programmi delle liste, né ho mai imposto alcunché”, scrive in una lettera al Corriere della sera pubblicata il 30 maggio 2012. “A chi mi ha chiesto un consiglio l’ho sempre dato, ma in questo non ci trovo nulla di oscuro. Mi hanno attribuito dei legami con i cosiddetti poteri forti, dalla massoneria al Bilderberg alla Goldman Sachs, con cui non ho mai avuto alcun rapporto, neppure casuale. Dietro Gianroberto Casaleggio c’è solo Gianroberto Casaleggio. Un comune cittadino che con il suo lavoro e i suoi (pochi) mezzi cerca, senza alcun contributo pubblico o privato, forse illudendosi, talvolta forse anche sbagliando, di migliorare la società in cui vive”.

Alle accuse e agli insulti che gli sono stati via via rivolti ha dedicato un libretto assai spiritoso (Insultatemi!) in cui li allinea in ordine alfabetico, dalla A alla V, rispondendo punto per punto e dolendosi di non aver trovato alcuna ingiuria con la Z: “Non potete lasciare il lavoro incompleto!”. Casaleggio è “autistico” e “bifronte”, “cimiteriale” e “dittatore”, “ipnotista” e “lobbista”, “massone” e “ombroso”, “paranoico” e “qualunquista”, “ufologo” e “ventriloquo”. Sì, a regalargli l’ultima accusa (in ordine alfabetico) è Matteo Renzi in persona: “Grillo è Ambra e Casaleggio è Boncompagni” (12 settembre 2012). Lui risponde: “Renzi è Ambra, ma senza Boncompagni” (E ci perdoni Ambra: ma questo lo aggiungo io).

Bisogna essere visionari, per credere di riuscire a fondare un movimento capace di fare una politica pulita. Casaleggio lo era. “Ci vuole fantasia e creatività”, dice nel 2013. “E poi trasparenza. E onestà. E competenza. Con la trasparenza, l’onestà e la competenza cambieremo l’Italia”. Ora Grillo resta senza il suo gemello diverso. E il Movimento deve diventare adulto, andare avanti senza uno dei suoi due genitori.

Il Fatto quotidiano, 13 aprile 2016 (versione arricchita)
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