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Loris Mazzetti: “Vespa contro Enzo Biagi, uso criminoso della tv pubblica”

Loris Mazzetti: “Vespa contro Enzo Biagi, uso criminoso della tv pubblica”

“Non guardo mai su Rai1 ‘il giornalista che sussurra ai politici’, preferisco altri programmi. Giovedì invece ho visto Bruno Vespa e con grande sorpresa ho constatato quanto livore prova ancora, nonostante i 23 anni trascorsi dalle trasmissioni che ha voluto citare nel suo programma Cinque minuti”. Loris Mazzetti è stato per tanti anni il collaboratore di Enzo Biagi. Con lui ha realizzato programmi come Il Fatto, Carta Italia, Giro del Mondo, Rt Rotocalco televisivo.

Che cosa ha provato a vedere Vespa, giovedì?

Mi ha riportato agli anni in cui Silvio Berlusconi accusava, durante la campagna elettorale del 2001, di “aver fatto un uso criminoso della tv” Daniele Luttazzi con Marco Travaglio su Satyricon, Michele Santoro su Il Raggio verde ed Enzo Biagi con Roberto Benigni sul Fatto. Secondo Vespa, l’Agicom in quei programmi non applicò la par condicio, mentre oggi l’Autorità interviene impedendogli il confronto tra Giorgia Meloni e Elly Schlein.

Vespa ha dimenticato però di dire come finì la storia.

Sì, il livore dell’inventore del terzo ramo del Parlamento, come lo definì Andreotti, gli ha fatto dimenticare di citare che l’anno dopo, Berlusconi, con l’editto bulgaro, fece cacciare dalla Rai, dopo essere tornato a capo del governo, Biagi, Luttazzi e Santoro dai suoi uomini che nel frattempo aveva messo a capo del servizio pubblico.

Un campione della libertà e della libera informazione.

Berlusconi accusò Luttazzi di diffamazione chiedendo danni per 41 milioni di lire. Ma dopo 16 anni di processi, il comico vinse le cause: “I fatti raccontati erano veri e la sua satira rispettava il criterio della continenza”. Da allora lo stiamo ancora aspettando in onda, ma non sarà questa la Rai che lo farà ritornare. Per fortuna lo leggiamo tutti i giorni sul Fatto Quotidiano. Santoro tornò in Rai a suon di sentenze. Biagi, dopo cinque anni, a furore di popolo.

Vespa in Rai invece ci è sempre rimasto.

Gli anni passano per tutti, anche per il conduttore di Porta a Porta, quello che durante un’intercettazione telefonica con il portavoce di Gianfranco Fini (l’intercettato non era Vespa), disse, per convincere il presidente di An a partecipare, che “gli avrebbe fatto un vestitino su misura”. Il “buon sarto”, alla vigilia degli ottant’anni, portati molto bene, comincia a perdere qualche colpo: un giornalista quando usa una sua trasmissione per denunciare fatti, deve sempre citare il contesto in cui i fatti avvengono, ed estrapolare qualche battuta qua e là, come ha fatto giovedì sera, beh, non si dovrebbe fare, poi, non una battuta sul conflitto di intessi di Sua Emittenza, che era grande come una casa.

Vespa ha fatto tv, la sua tv, come sempre.

La prima cosa che mi ha colpito nel suo monologo è che è stato un monologo, appunto, cioè un uso personale della tv pubblica. Poi mi ha colpito la disattenzione nel definire Elly Schlein, la segretaria del partito dell’opposizione che ha più voti, al comando dell’opposizione: se fosse vero quello affermato da Vespa, probabilmente, non ci sarebbe stato l’intervento dell’Agicom.

Hai trovato una spiegazione per le scelte fatte da Vespa nel suo programma? 

Era imbestialito. E ciò che lo ha fatto imbestialire è il fatto di essere stato scaricato da tutti gli altri leader, di maggioranza e di opposizione insieme, che hanno detto: “da lui non andiamo”. Probabilmente andranno da Mentana su La 7.  Quanto rosica!

E lei, si è arrabbiato a vedere Vespa?

Ma no, devo anzi confessare che ho guardato la puntata di Cinque minuti con piacere e con profonda nostalgia. Ha ragione Vespa, che in apertura del programma ha citato l’attuale “pericolo per la libertà di stampa”. Infatti la nostalgia che ho provato mente lui era in onda è per una tv e un servizio pubblico che 23 anni fa c’erano, oggi non ci sono più.

Il Fatto quotidiano, 18 maggio 2024
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