GIUSTIZIA

Di Pietro: “Sto con i Trattori. Mani pulite? L’hanno stravolta”

Di Pietro: “Sto con i Trattori. Mani pulite? L’hanno stravolta”

È stato in silenzio per tre anni: “Sì, dal 1 gennaio 2021”. Ora Antonio Di Pietro, ex magistrato di Mani pulite, poi ex ministro della Repubblica, torna a parlare. Della sua terza vita, quella da contadino: nel bel mezzo della protesta degli agricoltori scoppiata in molte parti d’Europa. Ma poi non si ferma ai campi e alle coltivazioni e, dopo aver spiegato i motivi della profonda delusione che lo aveva inchiodato al silenzio proprio nel trentennale di Mani pulite, si lancia in una appassionata difesa dell’azione dei magistrati che nel 1992-93 hanno scoperto il sistema di Tangentopoli. Con qualche sorpresa.

Di Pietro, è tornato a parlare?

Sì, perché ora faccio l’agricoltore e voglio dire che gli agricoltori che protestano hanno ragione. Sono costretti a fare manifestazioni in un periodo in cui sono molto impegnati nei campi. Ma non si possono imporre regole uguali per tutti, in tutta Europa, per i piccoli e per i grandi. Io sono fortunato, ho una buona pensione e faccio il coltivatore perché così ho scelto in questa fase della mia vita. Per me è un modo per invecchiare serenamente. Io ho i campi e il trattore che mi ha lasciato mio padre. Ma chi è meno fortunato di me come fa?

Dunque hanno ragione i suoi “colleghi” che protestano?

Certamente. Per i piccoli coltivatori è impossibile fare la rotazione nelle colture, tenere i terreni fermi, rispondere alla concorrenza di fa coltivazione intensiva e agli attacchi di chi invade i nostri mercati. Come fai, se sei piccolo, ad ammortizzare il costo delle attrezzature ormai necessarie oggi? C’è troppa differenza tra il prezzo che pagano a noi produttori e quello con cui vendono ai consumatori. Se io trebbio il grano, poi lo devo vendere al prezzo di Borsa di quel giorno. Ma arrivano navi piene di grano dall’Australia e il prezzo crolla. Io produco olio d’oliva che a me costa 12 euro al chilo. Vedo olio al supermercato che costa 2 euro e mezzo. A me costa 1 euro e 25 solo la lattina. Come facciamo a essere competitivi? Le regole non possono essere uguali per tutti, sennò i piccoli sono strangolati. E l’Europa deve imporre limiti a chi invade i nostri mercati.

Il Di Pietro in trattore ha riacquistato la parola. Ma per tre anni ha rifiutato di parlare di giustizia, di Mani pulite…  

Sono rimasto in silenzio perché vedevo in giro troppi tuttologi. Le stesse persone che parlano dappertutto di ogni cosa. Anche di ciò che non conoscono. La giustizia, poi: io ora ho 74 anni, ho cambiato più volte vita nella mia vita, si era chiuso un ciclo e sono tornato alle origini. Ora voglio fare il contadino.

Ma ha ripreso parola…

Ho fatto tante riflessioni in questi anni. Io ho ricoperto tutti i ruoli del codice di procedura penale: ho fatto il poliziotto, il pubblico ministero, il testimone, l’indagato, l’imputato. Non ho mai fatto il condannato, questo no. È il solo ruolo che non ho ricoperto. Ora guardo la giustizia con occhi diversi. Sia chiaro: rifarei tutto quello che ho fatto. Ho fatto tutto in buona fede, da servitore dello Stato, sempre in piena autonomia, senza obbedire a nessuno. Sono pronto anche a capire le ragioni degli altri. Ma mi amareggia da morire sentire come viene ormai raccontata Mani pulite.

Le “colpe” di Mani pulite…

Hanno stravolto la storia. Hanno fatto vincere il revisionismo storico. I colpevoli siamo noi che abbiamo fatto Mani pulite, mentre intanto dedicano strade a Bettino Craxi, “statista”, “esule”: ma quale statista? Latitante, condannato. E Silvio Berlusconi? Esaltato come un grande politico. Ma chi compie crimini è un criminale, e Berlusconi è un criminale. Invece no, ogni occasione è buona per attaccare Mani pulite. Perfino l’attivista italiana portata in aula in Ungheria con i ceppi ai piedi è stata l’occasione per scrivere: come faceva Mani pulite. Ma che c’azzecca?

Capitò con il dc Enzo Carra, portato in manette in un’aula di tribunale a Milano.

Sì, ma che cosa fece il pubblico ministero, appena le vide? Urlò: “Togliete subito quelle manette!”. Quel pm si chiamava Antonio Di Pietro. Ma l’informazione preferisce invece negare i fatti, denigrare l’esperienza di Mani pulite. È un’informazione faziosa che vuole riscrivere la storia. Di fronte a questo, che cosa vuoi dire? Ho preferito restare in silenzio. Con sofferenza.

Viene ripetuta la tesi che Mani pulite fu un’operazione politica.

Ma quale operazione politica? Dicono anche che Mani pulite l’hanno voluta gli americani… Ma fatemi il piacere! Rubavano e confessavano di aver rubato. Noi abbiamo solo fatto il nostro lavoro. Erano delinquenti e li abbiamo scoperti. Ma niente da fare: se oggi un magistrato non fa il suo dovere, si finisce per prendersela con noi. La colpa di tutto è sempre Mani pulite.

Si riferisce al magistrato Luca Palamara? Comunque siete stati sconfitti.

Siamo andati avanti finché abbiamo scoperto i rapporti tra la politica e gli affari. Eravamo sugli altari, l’Italia era con noi. Poi a un certo punto è successo qualcosa e ci hanno fermato.

Che cosa è scattato?

È successo quando ho toccato il rapporto mafia-affari. Quando ho interrogato l’imprenditore siciliano Giuseppe Li Pera, che mediava i contatti tra le grandi imprese del Nord e i mafiosi di Cosa nostra. Mi stavo preparando ad arrestare Filippo Salamone, l’imprenditore di Agrigento che era al centro del sistema degli appalti. Io credo che sia stato sottovalutato il rapporto mafia-appalti del Ros-Carabinieri di Mario Mori. Non credo invece che la trattativa Stato-mafia, che c’è stata, sia stata fatta per favorire la Cosa nostra.

Filippo Salamone era fratello di Fabio Salamone, il magistrato di Brescia che poi indagò a lungo su di lei. Senza risultati.

Ero arrivato a un passo dalla Cupola del sistema. Si è scatenato l’inferno. Mi hanno fermato. Sono stato dossierato, infangato. Ho saputo che il capo della Polizia, Vincenzo Parisi, portava a Craxi i tabulati di tutte le mie telefonate. Poteva finire in due maniere: o una bomba, o la delegittimazione. Mi è andata bene, per me hanno scelto la delegittimazione.

Niente di cui pentirsi?

Ho riflettuto tanto. Noi abbiamo scoperto reati. Prima c’è il reato, poi c’è l’inchiesta. Altri magistrati, in Italia, hanno agito diversamente, hanno fatto pesca a strascico, hanno esagerato per eccesso di zelo, hanno fatto maxi-inchieste con centinaia di indagati. Io le facevo giorno per giorno, prova dopo prova, passo dopo passo. Mai contestato l’associazione a delinquere, niente maxi-inchieste. Preferisco pochi, maledetti e subito. Lo rivendico. Ma di tutto siamo colpevoli noi di Mani pulite. Guardate Piercamillo Davigo, condannato a Brescia per aver fatto il suo dovere. E io… io sono un cane sciolto, anche in magistratura. La colpa di tutto è nostra. Ma io rispondo di quello che ho fatto io, non di qualche altra eventuale inchiesta sballata, non dico sbagliata.

Oggi Giorgia Meloni e il ministro Carlo Nordio hanno avviato l’ennesima “riforma della giustizia”.

Nordio ha detto un anno fa che vuole dare più uomini e mezzi alla giustizia. L’ha detto, ma non l’ha fatto. Aspetto che lo faccia. Più magistrati per coprire l’organico e più mezzi per lavorare: questa è l’unica riforma che serve. E per i delinquenti la certezza di andare in carcere.

Nordio ha abolito l’abuso d’ufficio. Vuole la separazione delle carriere.

Non mi spaventa la separazione delle carriere, purché il pm resti autonomo e indipendente e non sottoposto al potere esecutivo. Mi preoccupa il perché la vogliono: perché pretendono un pm non autonomo, ma dipendente dal governo. Quanto all’abuso d’ufficio, così com’è oggi, tanto vale abolirlo: è un reato irrealizzabile. Non punisce l’evento, ma l’intenzione e l’intenzione sta nella testa di chi ce l’ha, non la dimostrerò mai. Bisogna perseguire un fatto, non un’intenzione.

Lei non è mai stato iscritto all’Associazione nazionale magistrati.    

Le ho detto, sono un cane sciolto. Rispetto l’Anm, quando fa attività culturale, ma per il resto non la ritengo utile. I magistrati sono un potere, non hanno bisogno di un sindacato che li sostenga nelle rivendicazioni salariali o li difenda dal potere. Io da magistrato non ha mai fatto sciopero. Le correnti, poi, sono deleterie. I magistrati possono essere juventini, interisti, avere le loro idee. Ma se si strutturano in correnti per fare carriera, allora proprio non ci sto. Io poi non penso sia giusto che i politici siano giudicati dai politici, né i magistrati dai magistrati. E il Csm: è mai possibile che il suo vicepresidente sia un leader politico di un partito?

Il Fatto quotidiano, 2 febbraio 2024
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