POLITICA

Sulla giustizia, Giorgia Meloni segue il suo maestro Silvio

Sulla giustizia, Giorgia Meloni segue il suo maestro Silvio

Lui ha tracciato il solco. Chi è venuto dopo ha difeso le posizioni, in alcuni casi cercando di eguagliarlo o addirittura di superarlo. È Silvio Berlusconi, naturalmente, il maestro che ha avviato le “riforme” della giustizia che gli servivano per salvarsi dalle inchieste e uscire vivo dai processi, salvando anche amici, complici e collaboratori. Oggi Giorgia Meloni sta dimostrando però di essere l’allieva che non vuole essere da meno dal maestro. Ha anzi mostrato, in questo primo anno di governo, di voler riuscire anche laddove lui aveva fallito. Ecco dunque qui ricapitolate le linee guida dell’azione di Berlusconi sulla giustizia, confrontate con quelle messe in cantiere da Giorgia Meloni e dal suo ministro Carlo Nordio.

Prescrizione. È la formula magica per far sparire i reati, azzerare le indagini, incenerire i processi. Nel 2005 Berlusconi, per la seconda volta presidente del Consiglio, sfodera la legge Cirielli. Prevede una sostanziale riduzione degli anni per far scattare la prescrizione, dunque per mettere una pietra tombale sui loro reati. La “ex Cirielli” (subito rinnegata anche dal parlamentare che aveva fatto la prima proposta) porta i reati prescritti da 100 a 150 mila all’anno e soprattutto decima i capi di imputazione del processo Mediaset allora in corso e annienta il processo in cui Berlusconi era accusato di aver corrotto l’avvocato David Mills. Oggi Giorgia Meloni ha mandato al macero la legge Bonafede del 2019 che bloccava lo scorrere della prescrizione dopo il primo grado e la legge Cartabia che prevede l’improcedibilità dei processi che non si concludono entro 2 anni (appello) e 1 anno (Cassazione). La proposta in discussione alla Camera prevede la sospensione della prescrizione per 24 mesi dopo la sentenza di condanna in primo grado e per 12 mesi dopo la conferma della condanna in appello. Se la sentenza di secondo grado non sarà emessa nei tempi previsti, la prescrizione riprenderà il suo corso.

Intercettazioni e bavaglio. Le intercettazioni sono il grande cruccio dei politici e in generale di chi ha qualcosa da nascondere. Berlusconi nel 2002, appena arrivato al governo per la seconda volta, le elimina dalle inchieste per il falso in bilancio, riducendo le pene per quel reato, per il quale ha in quel momento ben cinque processi in corso.

Ma le intercettazioni sono anche l’ossessione di Nordio, spalleggiato anche da Italia Viva e Azione: per eliminare l’uso del trojan per le indagini su corruzione. Vietato a pm e gip inserire nel provvedimento di misure restrittive intercettazioni di non indagati e quindi vietato pubblicarle. Altro bavaglio: su proposta di Enrico Costa (Azione), divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare.

Separazione delle carriere. È sempre stato il sogno di Berlusconi. Non è mai riuscito a realizzarlo. Ora ci riprovano i suoi successori, destinando così il pm a essere sotto l’esecutivo. Sono ipotizzati anche due differenti Csm, con aumento della quota di membri di nomina politica. In discussione anche le norme sui “criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale”: è la politica che detterà la linea alle toghe.

Sarà anche introdotto l’obbligo di avvisare una persona che deve essere arrestata. “L’avvertimento” non dovrà però esserci se c’è pericolo di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato o se l’arresto viene chiesto per reati commessi  “con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”: sembra una delle tante norme pensate per scudare i colletti bianchi. Inoltre, a decidere sulla richiesta di arresto saranno non uno ma tre giudici, come se non ci fosse un problema drammatico di organici. E ancora: prevista l’inappellabilità  per il pm, in molti casi, delle sentenze di assoluzione emesse in appello. Come già tentato, invano, da Berlusconi, con la legge Pecorella.

Ineleggibilità. Berlusconi, condannato nel 2013 in via definitiva a 4 anni per frode fiscale, è subito stato espulso dal Senato, come stabilito dalla legge Severino che dichiara ineleggibili e decaduti dal Parlamento i condannati definitivi. Oggi la legge Severino è in discussione: la Lega ha proposto, con sostegno di centrodestra e renziani, di eliminare la sospensione per 18 mesi degli eletti condannati in primo grado.

Impunibilità e scudi penali. Improcessabile in quanto presidente del Consiglio: era lo scudo creato per Berlusconi nel 2003 dal “lodo Maccanico-Schifani” che sospende i processi alle cinque più alte cariche dello Stato. Bocciato nel 2004 dalla Corte costituzionale. Riproposto nel 2008: è il “lodo Alfano”, emanato poco prima della conclusione del processo per corruzione dell’avvocato Mills, ma dichiarato anche questo incostituzionale nel 2009. L’anno seguente ci riprova con una legge che rende automatico il legittimo impedimento a comparire nelle udienze: un blocco dei processi di 18 mesi, con obbligo per i giudici di fermare il dibattimento. Prima, nel 2002, la legge Cirami aveva rafforzato la “legittima suspicione” per ostilità ambientale, con conseguente richiesta di spostare tutti i processi di Berlusconi a Brescia.

Via il reato. Berlusconi ha cominciato subito, appena arrivato al governo nel 1994, a cancellare la custodia in carcere per i reati contro la pubblica amministrazione e per quelli finanziari, comprese corruzione e concussione. È il decreto Biondi, subito ribattezzato “salvaladri”, approvato il 13 luglio 1994, in piena Mani pulite. Provoca la scarcerazione immediata di 2.764 detenuti, dei quali 350 sono colletti bianchi coinvolti nel sistema di corruzione chiamato Tangentopoli. Decade a furor di popolo, con il ritiro del sostegno di Umberto Bossi (Lega) e Gianfranco Fini (An). Nel 2002 arriva la nuova legge sul falso in bilancio: Berlusconi aveva in corso cinque processi per quel reato. Abbassate le pene, con prescrizione più rapida, impossibilità di arrestare e di intercettare, amplissime soglie di non punibilità. Risultato: cancellati tutti i processi a Silvio per falso in bilancio. E oggi? Martedì in commissione Giustizia del Senato il colpo di spugna votato da maggioranza più Italia Viva: via libera alla norma che cancella il reato di abuso d’ufficio in barba ai trattati internazionali. Svuotato anche il reato di traffico di influenze: sarà quasi impossibile dimostrarlo, ci dovrà essere prova del beneficio ottenuto e non solo la potenzialità.

Lotta alla mafia. A fine 2022 la maggioranza, insieme a renziani e calendiani, cancella dall’elenco dei reati ostativi i reati contro la pubblica amministrazione, puniti anche fino a 20 anni di carcere. Lasciati, invece, reati come il contrabbando di tabacchi. Con la riforma dell’ostativo, ai mafiosi arrestati non converrà più collaborare per non avere più obblighi di chi resta zitto.

Condoni. Nel 2002, Berlusconi aveva confezionato anche un bel condono fiscale. Mediaset ne approfittò per sanare le evasioni contestate dall’Agenzia delle entrate. E Silvio cancellò, pagando soltanto 1.800 euro, anche un’evasione di 301 miliardi di lire. “Noi condoni non ne facciamo”, sosteneva Giorgia Meloni il 31 marzo 2023. E invece i condoni e le sanatorie varati dal suo governo finora sono 14. A chi aderisce, peraltro, è stato assicurato anche uno scudo penale.

Conflitto d’interesse. È il problema consustanziale a Berlusconi, politico e monopolista della tv commerciale. Nel 2002 ci pensa il ministro Franco Frattini a risolverlo, con una legge che annulla il conflitto d’interesse per il suo presidente del Consiglio, stabilendo che non deve cedere le sue aziende perché ne è soltanto il “mero proprietario”, mentre a gestirle sono (almeno formalmente) i manager. Oggi, neppure l’inchiesta su Tommaso e Denis Verdini, fratello e padre della compagna del ministro delle infrastrutture Matteo Salvini, ha smosso il governo: nessuna proposta di legge sul mai risolto problema del conflitto di interessi.

di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali, Il Fatto quotidiano, 11 gennaio 2024
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