MILANO

Sala privatizza tutto. Perché vuole la M4 tutta pubblica?

Sala privatizza tutto. Perché vuole la M4 tutta pubblica?

A Milano Giuseppe Sala privatizza tutto: le piscine comunali, le case popolari, perfino i marciapiedi (diventati dehor per i locali) e le piazze (vedi il futuro di piazzale Loreto). Ma vuole rendere tutta pubblica la M4, la linea blu della metropolitana che pure già controlla per i due terzi. Così fa comprare all’Atm, l’azienda milanese dei trasporti pubblici, le quote ora in mano ai privati, facendole spendere ben 228 milioni di euro e facendola indebitare per 150 milioni.

È una buona operazione, giura il sindaco, sostenuto dal giornale unico dell’informazione che lo spalleggia. Ma come? La linea finora era quella di far entrare i privati dappertutto, vendere e privatizzare ogni cosa. E adesso, invece, quando c’è da indebitarsi e spendere, contrordine compagni: si magnifica il controllo pubblico e si compra. Non ci sono soldi né per le case popolari, né per gestire le piscine pubbliche, né per salvare la scuola pubblica Vivaio, però si trovano quasi 300 milioni da dare ai privati per la M4.

Il sindaco Sala, l’assessore al bilancio Emmanuel Conte, il direttore generale di Atm Arrigo Giana descrivono l’operazione come una meraviglia: la M4 renderà negli anni e gli incassi permetteranno di coprire il debito. Così dicono.

A incassare subito, addirittura in anticipo rispetto alla scadenza dei patti parasociali nell’ottobre 2024, saranno i soci privati: Webuild (9,6%) e Partecipazioni Italia (9,6%), Hitachi (11,3%) e, con quote più piccole, Ansaldo Breda, Merc Mec e Sirti. Il Comune di Milano aveva già il controllo della M4 (con il 66,6%) e Atm ne possedeva già il 2,3%. Con l’acquisto totale, i privati si tolgono un peso e incassano e Atm si carica di un debito pesante.

Sembra un regalo a Pietro Salini, il costruttore che controlla Webuild e Partecipazioni Italia, che si mette al sicuro dal futuro incerto, si libera dai pensieri per una linea metropolitana ancora a metà dopo ritardi storici (avrebbe dovuto essere un’opera per l’Expo 2015!), appesantita da extracosti e rimborsi ai commercianti danneggiati dai cantieri infiniti. E il Comune? Non avrà più nessuno con cui dividere rischi e costi.

C’è un precedente da ricordare: nella primavera 2017, l’allora presidente di Atm, Bruno Rota, aveva chiesto di comprare le quote messe in vendita da Astaldi in M5, la linea viola, per poi fare un’asta e rivenderle al miglior acquirente. Era una manovra con cui Rota, esercitando il diritto di prelazione, cercava di difendere Atm bloccando l’arrivo di Fs, che si era accordata per comprare il 36,7% di Astaldi messo in vendita per 64,5 milioni. Con lo sbarco in M5, Fs avrebbe avviato una sorta di scalata ostile ad Atm, puntando alla gestione del servizio pubblico in alternativa ad Atm (come aveva già fatto a Firenze mangiandosi l’Ataf).

Sala e l’allora assessore al Bilancio Roberto Tasca, in ottimi rapporti con l’allora amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Renato Mazzoncini, bloccarono Rota, sostenendo che “Atm non deve fare finanza”. Eppure sarebbe stata un’operazione realizzata con fondi propri, senza fare debiti con le banche, e che alla fine avrebbe portato soldi in cassa ad Atm, che ci avrebbe guadagnato e si sarebbe garantita la gestione della linea per 20 anni.

Non si fece. Poi la profezia di Rota sulla scalata ostile non si realizzò solo perché Mazzoncini dovette lasciare la poltrona e Fs abbandonò la strategia di conquista del trasporto pubblico locale. Oggi tutt’altro atteggiamento di sindaco e assessore: Atm offre un servizio meno efficiente e ha i conti più stentati, ma deve fare a tutti i costi un’operazione che la indebita pesantemente.

L’esperto di trasporti Dario Balotta commenta: “Sorprende che dove sono assicurate rendite di posizione ed extraprofitti, il Comune cede le sue azioni nelle controllate; e quando invece c’è da sostenere un investimento oneroso, le acquista dai privati”. Con Atm che mette a rischio il suo futuro.

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Il Fatto quotidiano, 15 dicembre 2023
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