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Killer fascista, massone, amico dei mafiosi. Storia feroce di Pierluigi Concutelli, “il Comandante”

Killer fascista, massone, amico dei mafiosi. Storia feroce di Pierluigi Concutelli, “il Comandante”

Nell’album di famiglia di Giorgia Meloni, così affezionata alla Fiamma tricolore, ha un posto anche lui, Pierluigi Concutelli, morto ieri, 15 marzo 2023, a 78 anni. Era infatti poco più che ventenne quando aderì al Fuan, l’organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano, di cui divenne il responsabile politico a Palermo.

Contemporaneamente, però, oltre che massone della loggia Camea (frequentata da uomini di Cosa nostra e dai fiancheggiatori del finto rapimento del bancarottiere piduista Michele Sindona), Concutelli era militante del Fronte nazionale di Junio Valerio Borghese (quello del tentato golpe del 1970) e di Ordine nuovo (il gruppo fondato da Pino Rauti), di cui divenne il capo militare, conosciuto come “il Comandante” e venerato dai giovani neofascisti della generazione di Giusva Fioravanti, che ha a lungo progettato la sua evasione dal carcere.

Il suo primo arresto fu nel 1969, per possesso di armi da guerra con cui si addestrava nei pressi di Palermo. Nel 1974 passò alla clandestinità e fece sequestri di persona insieme a uomini della ’ndrangheta. Ma questo non gli impedì di essere candidato nel 1975 alle elezioni comunali di Palermo, proprio nelle liste del Msi, il partito che Meloni indica come la “comunità politica” da cui è orgogliosa di provenire.

L’omicidio del giudice Vittorio Occorsio

Nel 1976, “il Comandante” uccise a Roma il pm Vittorio Occorsio, l’unico magistrato che allora indagava sui gruppi fascisti. Quando fu arrestato, nel 1977, si dichiarò “soldato politico”. In carcere, insieme a Mario Tuti, nel 1981 strangolò con i lacci delle scarpe Ermanno Buzzi, il neofascista condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di Brescia: alla vigilia dell’appello, in cui Buzzi avrebbe potuto coinvolgere altri neofascisti e uomini dello Stato.

Stesso trattamento Concutelli lo riservò l’anno successivo a Carmine Palladino, il luogotenente di Stefano Delle Chiaie, mandato anch’egli proprio nel carcere di Novara dopo l’arresto per la strage di Bologna e dopo aver dato segni di una possibile collaborazione con la giustizia.

Malgrado le condanne a tre ergastoli, nel 2002 “il Comandante” ottiene la semilibertà e nel 2009 esce dal carcere, prima agli arresti domiciliari, poi con pena sospesa per motivi di salute.

 

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Il Fatto quotidiano, 15 marzo 2023 (versione ampliata)
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