POLITICA

Maria Antonietta Letizia Brichetto Moratti. Piccolo promemoria per elettori distratti

Maria Antonietta Letizia Brichetto Moratti. Piccolo promemoria per elettori distratti

Per non rischiare di essere neppure sfiorati dal dubbio di poter mai votare Letizia Moratti, basterebbe ricordare una cosa sola: la sua uscita in piena pandemia, quando chiese di ripartire i vaccini anti-covid, in quel momento scarsi, in base al pil. E chi non avesse pane, mangiasse brioches. Davvero impensabile che questa Maria Antonietta Brichetto Arnaboldi Moratti possa diventare candidata del centrosinistra o di qualche cosa che anche solo gli assomigli.

Se poi guardiamo i fatti, la musica addirittura peggiora. La Lombardia è stata l’area con più contagi e morti al mondo per Covid. Moratti ha dimostrato di non aver imparato la lezione. Invece di rilanciare la sanità pubblica e la medicina del territorio, ha varato una riforma della sanità lombarda di stampo thatcheriano, portando alle estreme conseguenze la riforma di Roberto Formigoni, che almeno diceva di ispirarsi alla sussidiarietà (e poi, d’accordo, ai regali che i privati gli facevano e alle vacanze che gli pagavano).

Moratti ha invece del tutto parificato pubblico e privato (vedi la modifica dell’articolo 2 della legge 33), che ora competono alla pari nel mercato della sanità. Ma la sanità è un mercato? Il pubblico non dovrebbe almeno indicare ai privati le linee guida delle prestazioni da fornire ai cittadini? Ciò che per Formigoni era sussidiarietà (e regali), per Moratti diventa ferrea ideologia neoliberista. I privati possono fare quello che vogliono: naturalmente con i soldi pubblici.

E mentre il modello veneto e quello toscano prevedono un’unica direzione forte della sanità regionale capace di programmare, in Lombardia la signora ha lasciato in campo otto differenti e deboli Ats (Agenzie di tutela della salute) che di fronte ai colossi della sanità privata finiscono per diventare i loro agenti di commercio: così alla programmazione si sostituisce il mercato. A proposito: sono stati ridotti i tempi delle liste d’attesa per le visite specialistiche?

Prima, da sindaco di Milano, era riuscita a spendere tanti di quei soldi pubblici, per attorniarsi – è il suo metodo padronale di lavoro – di una schiera di consulenti (almeno 54), che la Corte dei conti aveva condannato la sua giunta a risarcire il Comune con 1,9 milioni di euro, per “scriteriato agire, improntato a assoluto disinteresse dell’interesse pubblico alla legalità e all’economicità della funzione”.

Se poi vi resta ancora qualche dubbio, considerate com’è nata la sua candidatura a presidente della Regione Lombardia. Era stata chiamata a fare la vicepresidente e assessore al welfare per cercare di far dimenticare le figuracce e gli errori del duo Fontana-Gallera (obiettivo raggiunto per quanto riguarda lo storytelling, ma non nella sostanza dei fatti), con la promessa che sarebbe stata il successore di Attilio Fontana, la candidata del centrodestra destinata a succedergli.

Poi Matteo Salvini ha cambiato idea: Fontana non si tocca, la Lega non può rinunciare alla Lombardia. Ecco allora che, sentendosi tradita, Moratti prima si è autocandidata per ripicca e poi ha cercato sostenitori. Un Trump di rito ambrosiano. “Non mi riconosco più in questa destra”: quella che l’ha scaricata. Ha subito trovato i soliti Carlo Calenda e Matteo Renzi, campioni nel rovistare e raccogliere tutto ciò che butta il centrodestra; ma anche una parte del Pd, che crede che con Moratti si possa tornare a vincere.

Intanto che Moratti vinca non è affatto sicuro. E poi sarebbe comunque l’ulteriore, forse definitivo abbandono del campo della sinistra per mettersi al riparo di una candidata neoliberista che è più a destra, a guardare i fatti, del buon Fontana: lo ha dimostrato da sindaco di Milano, da assessore regionale, da presidente della Rai. E al ministero dell’Istruzione (a cui ha fatto togliere – ricordate? – “pubblica” dal nome).

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Il Fatto quotidiano, 21 gennaio 2021
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