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Pietà per tutti i morti. Ma niente tolleranza per il fascismo

Pietà per tutti i morti. Ma niente tolleranza per il fascismo

L’arresto in Francia dei sei italiani condannati per reati di terrorismo e di Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi, hanno riaperto – soprattutto a sinistra – il dibattito sui cosiddetti “anni di piombo” e sulle responsabilità dei militanti “rossi”. A destra, invece, sono continuate le iniziative per ricordare i “loro morti”, i “camerati caduti”. Per ricordarli in piazza e nelle sedi istituzionali.

A Milano, Franco Lucente, capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Lombardia, ha presentato un’interrogazione alla giunta in cui ha chiesto “aggiornamenti su progetti e iniziative nelle scuole lombarde per la ricorrenza della morte di Sergio Ramelli e dell’avvocato Enrico Pedenovi”. Sergio era un ragazzo di 19 anni, militante del Fronte della gioventù, aggredito il 13 marzo 1975 a Milano da un gruppo di Avanguardia operaia che intendeva “dargli una lezione” a colpi di spranga e invece lo uccide. Pedenovi era un consigliere provinciale del Movimento sociale italiano, ucciso l’anno dopo, il 29 aprile 1976, da un commando del gruppo terroristico Prima linea.

Il consigliere Lucente ha sollecitato la giunta di centrodestra di Attilio Fontana a dare seguito a impegni già presi in Regione: lo stanziamento di 50 mila euro per la realizzazione di progetti con i licei e gli istituti tecnici, “per introdurre nelle scuole uno spazio dedicato a Ramelli, a Pedenovi e agli anni di piombo, perché purtroppo ancora molti giovani non sono a conoscenza di quello che successe”. Gli ha risposto l’assessore all’istruzione Fabrizio Sala, vicepresidente della Regione e coordinatore di Forza Italia, “prendendo l’impegno di portare avanti questo intento nel prossimo futuro, valutando le modalità insieme al Consiglio, magari con un protocollo d’intesa”.

Ma come si farà a introdurre nelle scuole superiori “uno spazio dedicato a Ramelli, a Pedenovi e agli anni di piombo”? Come, e da chi, saranno ricordati, raccontati e spiegati quegli anni? Intanto pochi giorni fa, il 29 aprile, ci ha pensato un migliaio di militanti dell’estrema destra (Casa Pound, Forza Nuova, Lealtà Azione, Veneto Fronte Skinhead, Comunità militante dei Dodici Raggi) e di ultrà del calcio a onorare i due camerati caduti: si sono radunati a Milano, in via Paladini, dove Ramelli fu ucciso, e hanno inscenato una cerimonia fascista per ricordare i due camerati, con il rito del “Presente!” e il braccio teso nel saluto romano.

Una scena-scandalo che sta facendo il giro dei social in tutta Europa. Presenti anche tre parlamentari ed europarlamentari: Carlo Fidanza e Paola Frassinetti di Fratelli d’Italia e Massimiliano Bastoni della Lega. Per una cerimonia simile, nel 2019, erano scattate indagini e condanne per ricostituzione del partito fascista.

C’è un doppio binario: per i militanti vengono ripetuti i riti apertamente fascisti; per gli altri si tenta di riscrivere la storia, e di insegnarla a scuola, al fine di onorare le vittime “di destra”. Intendiamoci: un ragazzo ucciso è un ragazzo ucciso, ed ha la stessa dignità, sia di destra, o di sinistra, o di nessuna parte politica. E, dall’altra parte, un assassino è un assassino, sia che appartenga a gruppi di destra, sia che faccia parte di gruppi di sinistra.

Ma eroi si diventa per quello che si è compiuto da vivi, non per il fatto di essere morti. E non può essere considerato eroe chi in vita professava un’ideologia fascista che giustifica l’uccisione della libertà e dei diritti di ciascuno. Ha diritto, questo sì, alla giustizia che lui stesso non avrebbe concesso agli avversari, ma eroe, per favore, no. Attenti dunque a come si racconta la storia. E allora, caro assessore Sala, ci spieghi: come intende “introdurre nelle scuole uno spazio dedicato a Ramelli, a Pedenovi e agli anni di piombo”?

Il Fatto quotidiano, 6 maggio 2021
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