POLITICA

Sala si veste di verde (intanto cementifica Milano)

Sala si veste di verde (intanto cementifica Milano) Il sindaco di Milano Giuseppe Sala in occasione dello showcooking antispreco "Le 7 virtu' del cibo" organizzato nell'ambito della manifestazione Milano Food City, Milano, 7 maggio 2018 ANSA / MATTEO BAZZI

In una campagna elettorale in cui è candidato unico (il centrodestra non riesce a scegliere lo sfidante), Giuseppe Sala può permettersi colpi di teatro come quello di uscire da un partito in cui non è mai entrato e aderire ai Verdi europei. “Ho deciso, divento verde”, ha dichiarato al suo giornale di casa. “Da Mister Wolf a Hulk”, commenta uno che è cresciuto a pane e politica, Marco Dragone, già portavoce di Giuliano Pisapia, predecessore e apripista.

Sala si presentava come colui che risolve problemi: prima all’Expo che rischiava di non aprire in tempo e che ha avuto meno visitatori di sempre (eppure raccontato come un grande successo internazionale), poi a Palazzo Marino dove è approdato come sindaco-manager, non senza difficoltà a trasformarsi in politico (ma tanto nessuno gli rimprovera errori e gaffe).

Ora gioca il jolly: “Aderisco ai Verdi europei”. Il verde sta su tutto, è chic e non impegna. “Non c’è più tempo da perdere. La questione ambientale riguarda il nostro presente e il futuro dei nostri figli. Come cittadino e come sindaco sono sempre più convinto che il miglioramento delle politiche pubbliche parta dalle strategie di sviluppo delle città. E miglioramento per me significa puntare con coraggio e decisione su sviluppo sostenibile e avanguardia ambientale. Lo penso da sempre”.

Come Pippo Baudo: “La Transizione ecologica l’ho inventata io”, spiega, “a Milano ho creato, e gestito in prima persona, l’assessorato alla Transizione ecologica”. Deleghe tenute nel cassetto e mai usate, se non per realizzare un paio di spot (“Milano Mix”) da Mulino Bianco. Anzi Verde. A chi gli rimprovera di fare un’operazione di greenwashing (come Lucia Tozzi sul sito Alfaville), di ambientalismo di facciata, tutto marketing e niente ciccia, non risponde.

Tanto il suo marketing è più forte: Milano è la città dei boschi verticali, delle torri botaniche, dei fiumi verdi, delle biblioteche degli alberi. Una patina green che ricopre operazioni immobiliari previste nei prossimi anni per oltre 3 milioni di metri quadrati di uffici, spazi commerciali, residenze. Nella città già a più alto consumo di suolo e inquinamento atmosferico d’Italia.

Una delle poche personalità milanesi che continua a ragionare e a guardare i fatti e non lo storytelling, Luca Beltrami Gadola, direttore di Arcipelago Milano, è secco: “Il sindaco Sala diventa verde: di paura”, scrive. E spiega: “Si sgancia dal Pd per paura di essere travolto dalla caduta verticale di quel partito. Strategia elettorale. Quanto ai suoi cinque anni passati e la politica verde, vedi la politica urbanistica e il taglio degli ultimi alberi, spero che i cittadini se ne ricordino”.

Una volta i Verdi s’incatenavano agli alberi per impedire che fossero tagliati. Oggi lasciano lavorare le ruspe e pigolano grati al sindaco che li mette in lista e annuncia addirittura la sua conversione green. “Con loro mi sento a casa”. Casa, ma anche ufficio, centro commerciale, albergo, torre, grattacielo. Al di là dello storytelling, restano i fatti.

Sarà cancellato il parco di piazza Baiamonti per far posto al vetro e al cemento della seconda “piramide” di Herzog e De Meuron che Sala (per farla digerire ai cittadini) ha proposto diventi sede del museo della Resistenza (dopo il greenwashing, anche il partisanwashing). A San Siro sarà abbattuto il glorioso Meazza, per permettere agli anonimi investitori di fondi esteri di edificare, con la scusa dello stadio nuovo, un paio di grattacieli a uffici, hotel e via costruendo. Indice d’edificabilità 0,51, invece che lo 0,35 che sarebbe imposto dal Piano di governo del territorio.

Stessa eccezione per gli scali ferroviari (1 milione e 250 mila metri quadrati, la più grande riconversione urbana d’Europa che potrebbe fare di Milano la città più verde del continente) che saranno trasformati in quartieri residenziali, specie lo scalo Farini e lo scalo Romana (dove sorgerà il villaggio olimpico per Cortina 2026). Niente grande parco sull’area Expo, che ora chiamano Mind: invece di lasciare verde metà dell’area, come promesso e santificato da un referendum popolare, saranno costruite case, alberghi, uffici, oltre alle nuove facoltà universitarie della Statale, con qualche giardinetto condominiale diffuso.

Ignota per ora la sorte di Città Studi, abbandonata dalle facoltà scientifiche, del parco Bassini, della Piazza d’Armi di Baggio, del bosco urbano La Goccia alla Bovisa. Se Sala vorrà diventare il segretario del nuovo partito Verde, allora presidente e finanziatore potrebbe diventare il vero progettista della Milano di domani: Manfredi Catella, lo “sviluppatore” immobiliare del fondo Coima.

Il Fatto quotidiano, 13 marzo 2021
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