EXPO

Niente parco promesso, che imbroglio il verde sull’area Expo

Niente parco promesso, che imbroglio il verde sull’area Expo

Expo – per quanto riguarda il passato – è un’operazione di successo perché ha un “attivo” di 40 milioni e – per quanto riguarda il futuro – mantiene le promesse perché diventerà un grande parco verde. Peccato che sia falso, anzi due falsi. Non c’è alcun “attivo di 40 milioni”, come ha fantasticato Giuseppe Sala senza essere contraddetto. Lo abbiamo spiegato su queste pagine: l’operazione Expo è costata 2,3 miliardi (uscite) e ha portato a casa meno di 800 milioni (entrate). Queste sono le vere cifre: l’utile (e il dilettevole) lo vede solo Sala, passato da commissario Expo a sindaco di Milano.

Ma questo è il passato. Il futuro è un imbroglio ancora peggiore, a dar retta a un ricorso al Tar di Milano presentato il 1 giugno dall’associazione ambientalista “Verdi ambiente società”. Chi ha memoria ricorda che quando venne presentato a Milano il progetto di Expo, fu promesso che, dopo l’esposizione universale del 2015, l’area della manifestazione (che era suolo agricolo), smontati i padiglioni, sarebbe diventata un regalo alla città, diventando un grande parco agricolo-alimentare. Naturalmente era una balla.

Una bolla (di sapone) anche il referendum consultivo comunale del 2011, in cui vinse la richiesta di lasciare a verde tutta l’area. Impegno non mantenuto. Le promesse si sono via via ridimensionate: a verde, nel progetto chiamato Mind, resterà metà dell’area. È quanto hanno sostenuto Arexpo (la società pubblica che possiede i terreni) e Lend Lease (gli sviluppatori immobiliari privati).

Secondo il progetto Lend Lease, 460 mila metri quadrati dell’area di 1,1 milioni di metri quadrati saranno occupati da un parco. Ma per raggiungere questa cifra si devono sommare anche i canali, l’anello esterno, l’arena, la Cascina Triulza e aree come il “decumano” e il “cardo” di Expo, che saranno in realtà trasformati in grandi viali pedonali alberati, su cui dovranno comunque transitare automezzi per i rifornimenti e che saranno creati sopra la piastra di cemento che impedisce la piantumazione di alberi ad alto fusto.

Di verde vero ce ne sarà poco, segnala il ricorso al Tar, addirittura “meno di quello di altri programmi realizzati a Milano, da Porta Nuova a Citylife”, spiega Michele Sacerdoti, ambientalista storico di Milano. “Sarà circa il 20 per cento di verde, rispetto al normale 50 per cento”.

L’Accordo di programma votato nel 2011 dai Consigli comunali di Milano e di Rho almeno due cose le manteneva: il “parco tematico” su almeno il 56 per cento dell’area; e almeno il 65 per cento di “terreno permeabile”, cioè non cementificato né asfaltato. Due impegni non mantenuti, secondo il ricorso di “Verdi ambiente società”. Il “parco tematico”, che doveva essere agricolo-alimentare, è diventato scientifico-tecnologico: c’è dentro di tutto, le facoltà scientifiche dell’Università Statale, il centro di ricerca Human Technopole, l’ospedale Galeazzi… Strano parco: fatto più di cemento che di verde.

Quanto al 65 per cento di terreno permeabile, secondo Michele Sacerdoti, nel progetto Mind di Lend Lease non c’è. “È ‘permeabile’ al massimo il 33 per cento, se si contano anche i parcheggi, altrimenti si arriva soltanto al 24 per cento. Tutto il resto è coperto. Per questo abbiamo presentato il ricorso e siamo sicuri di vincerlo. Non può la Giunta comunale di Sala cambiare il piano votato dai Consigli comunali di Milano e di Rho”. La saga Expo, cinque anni dopo, continua.

Il Fatto quotidiano, 4 giugno 2020
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