CORONAVIRUS

Criticare la sanità privata non significa disprezzare i suoi medici

Criticare la sanità privata non significa disprezzare i suoi medici

Caro Marco (ma potrei dire anche cara Elisabetta, caro Andrea…). Siete medici che lavorano negli ospedali privati in Lombardia. Avete reagito con rabbia contro chi, come Milena Gabanelli e il Fatto quotidiano, chiedeva alla sanità privata di impegnarsi al pari della sanità pubblica nell’emergenza coronavirus.

Alcuni di voi hanno usato toni civili, per spiegare quanto impegno e quanta fatica state mettendo in questi giorni nel vostro lavoro, anche sottoponendovi a rischi seri (come dimostrano i tanti medici che hanno contratto l’infezione). Altri sono passati agli insulti, come si usa purtroppo sui social, alla richiesta di radiazione (chissà perché) dall’Ordine dei giornalisti, o addirittura agli auguri di dover sperimentare direttamente le vostre cure.

Lasciamo stare i webeti e i leoni da tastiera, con o senza camice bianco. Ma, più in generale, è così difficile capire che le critiche a un sistema, il sistema sanitario lombardo, non sono un attacco ai medici che fanno bene il loro lavoro nel settore privato? I medici e tutto il personale sanitario di ospedali privati come l’Humanitas e il San Raffaele stanno lavorando sodo, come i colleghi negli ospedali pubblici. Questo non toglie che l’emergenza Covid-19 stia mettendo in luce i limiti del sistema sanitario lombardo, fin qui considerato un’eccellenza. È ancora concesso avere opinioni dissonanti?

In Lombardia si è sperimentato, negli ultimi due decenni, un passaggio dalla sanità pubblica a un sistema misto in cui strutture pubbliche e strutture private offrono alla pari i loro servizi ai cittadini, sempre pagati, attraverso la Regione, dal sistema sanitario nazionale. È stata la rivoluzione voluta dal centrodestra guidato da Roberto Formigoni, che ha poi dato un esempio personale di come la intendeva, concedendo oltre 200 milioni di euro a un paio di strutture private (Maugeri e San Raffaele) in cambio di oltre 6 milioni di tangenti.

Ma questa è una distorsione del sistema, sanzionata da una sentenza penale definitiva. Il sistema resta, con le sue luci e le sue ombre. Ed è bene valutarlo senza preconcetti ideologici. È indubitabile, per esempio, che Humanitas e San Raffaele, come altre strutture private, offrano ai cittadini cure di ottima qualità. Come è indubitabile che molti ospedali pubblici, specialmente nelle regioni del Sud, siano scandalosamente inefficienti.

Non è pensabile dividere il mondo tra bene (pubblico) e male (privato). C’è un privato di ottima qualità e un pubblico che offre servizi pessimi. Ma questo non toglie che l’equiparazione lombarda pubblico-privato, diventata negli ultimi anni squilibrio verso il privato, abbia sacrificato una parte del diritto alla salute di tutti i cittadini. Dalla metà degli anni Novanta a oggi, i posti letto in Lombardia sono stati più che dimezzati.

A livello nazionale, negli ultimi vent’anni alla sanità pubblica sono stati sottratti almeno 8 miliardi di euro. La crescita dei privati ha portato efficienza nel servizio, ma anche concentrazione sulle prestazioni più redditizie, mentre quelle meno redditizie sono state lasciate alle strutture pubbliche. Così per alcune di queste le liste d’attesa sono lunghissime, con i privati che si rifiutano di mettere in comune le agende e di stilare liste d’attesa comuni.

Le Regioni vanno ciascuna per proprio conto, con un’autonomia che si dimostra, invece che ricchezza, una fonte di dispersione di risorse. Chi paga – dunque le Regioni – dovrebbe almeno pretendere di regolare il servizio, invece di essere spesso succube dei privati e della loro lobby. Così oggi, di fronte all’emergenza, capiamo per esempio perché i posti di terapia intensiva in Italia sono 5 mila, mentre in Germania sono 25 mila.

19 marzo 2020
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