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Sanità privata, soldi pubblici. Al gruppo Rotelli arriva Angelino Alfano

Sanità privata, soldi pubblici. Al gruppo Rotelli arriva Angelino Alfano

Angelino Alfano non è noto per avere il quid del manager in generale, né di quello sanitario in particolare. Eppure è appena stato chiamato a diventare presidente della holding Rotelli. Per il Gruppo Ospedaliero San Donato è un ritorno al futuro, o meglio: è l’eterno ritorno del connubio tra sanità e politica di cui si è sempre nutrito quello che oggi è diventato il primo gruppo italiano della sanità privata. Diciannove tra ospedali e cliniche, più di 5 mila posti letto, 4,3 milioni di pazienti curati ogni anno, 16 mila addetti tra medici, infermieri e amministrativi, 1,65 miliardi di ricavi nel 2018, in buona parte provenienti dai rimborsi pubblici regionali per la sanità accreditata.

Angelino, animo democristiano, ex segretario di Silvio Berlusconi, pluriministro (Interno, Giustizia, Esteri), è uomo di relazioni e di politica. È molto legato a Dore Misuraca, ex parlamentare palermitano dell’Ncd e oggi nel Pd siciliano di Davide Faraone. La moglie di Misuraca, Barbara Cittadini, è a capo della Aiop, la potente associazione che raggruppa le cliniche private. Ecco dunque Alfano presidente del gruppo Rotelli. Il manager operativo continuerà a farlo Kamel Ghribi, tunisino, global advisor della famiglia Rotelli.

Il fondatore del gruppo, Giuseppe Rotelli, è scomparso nel 2013, lasciando la guida al figlio Paolo. Padre-padrone per trent’anni, Giuseppe, uno degli uomini più liquidi d’Italia, è stato imprenditore dalle idee chiare e dalle amicizie influenti: il socialista Carlo Tognoli, sindaco di Milano e poi ministro; il democristiano Roberto Formigoni, eterno presidente della Regione Lombardia ora agli arresti domiciliari; Silvio Berlusconi, imprenditore e leader del centrodestra; Giovanni Bazoli, banchiere con il cuore di centrosinistra.

Nasce ricco, Giuseppe Rotelli, a Pavia, in una famiglia che aveva fatto fortuna con i commerci e poi con la vendita degli Zuccherifici Meridionali all’Eridania. Si trova in casa due cliniche, la Città di Pavia e la San Donato, fondate dal padre Luigi, medico. Negli anni Settanta, quando il conflitto d’interessi non era di moda (come oggi), dopo la laurea in Legge fa il doppio lavoro: di giorno fa il giurista, l’esperto di programmazione sanitaria per la Regione, il consulente di un paio di ministri della Sanità, l’estensore del piano ospedaliero regionale lombardo, l’autore di molte leggi in materia di sanità; la sera torna a casa, a dare un’occhiata distratta ai conti delle sue cliniche.

È un centauro, Rotelli: metà giurista della sanità e metà imprenditore della sanità. Dal 1980, unificate le sue due nature, fa l’imprenditore a tempo pieno, assume la guida del Policlinico San Donato, lo fa diventare Irccs (cioè Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico), comincia a fare shopping di altre cliniche e fonda il Gruppo San Donato. Da Antonino Ligresti rileva l’ospedale Galeazzi di Milano e poi le cliniche La Madonnina e la Città di Milano, per le quali sborsa 500 miliardi di lire. Dopo la morte di don Luigi Verzè e la crisi (giudiziaria e finanziaria) dell’Ospedale San Raffaele, se lo compra: lo soffia allo Ior del Vaticano e all’imprenditore genovese Vittorio Malacalza mettendo sul piatto 405 milioni di euro. Paga sempre cash, non ha bisogno dei finanziamenti delle banche.

Ormai è chiamato “Sua Sanità”, ha fatto dimenticare gli scandali e le inchieste che nei decenni precedenti avevano coinvolto le sue cliniche, come peraltro gran parte delle strutture sanitarie lombarde. Il suo gruppo è diventato una macchina per far soldi: soldi pubblici che entrano nelle sue casse private grazie agli accreditamenti regionali, che aumentano con il passare degli anni.

Nel decennio 2000-2010 ha incassato dalla Regione Lombardia almeno 6 miliardi di euro. Nel 2010, i ricavi del Gruppo San Donato superano gli 800 milioni, con un margine operativo lordo stratosferico: 130 milioni. Sono i frutti più dolci della riforma sanitaria dell’amico Formigoni, che equipara le cliniche private (accreditate) agli ospedali pubblici. Il paziente se vuole può diventare cliente, sceglie dove vuole essere curato: anche nelle strutture private, tanto alla fine paga sempre la Regione (cioè i cittadini).

Indovinate chi c’è nella squadretta di esperti che nel 1995 confezionano la riforma formigoniana: Giuseppe Rotelli il giurista. Giuseppe Rotelli l’imprenditore si allarma invece quando Formigoni declina e cade. Allora, conscio di quanto può essere utile avere buona stampa, si scopre editore, con una vera passione per il Corriere della sera. Compra azioni Rcs. Aveva già cominciato nel 2006, ma poi aveva continuato pagandole anche il quadruplo del valore di Borsa: un vero amatore.

Nel 2012 il blitz finale: rileva il pacchetto del 5,2 per cento dei fratelli Toti, i costruttori, pagandolo ben 53 milioni di euro. Caro, ma gli serve per diventare il primo azionista del Corriere, con il 16,55 per cento. Nel giornale di via Solferino in totale butta, tramite Pandette Finanziaria, quasi 300 milioni, senza però mai riuscire a contare davvero, perché il patto di sindacato lo tiene fuori dalla stanza dei bottoni.

“Le banche non mi servono, il mio gruppo si finanzia da sé”, dichiara. “Sono tutti soldi miei, non ho tolto un euro ai miei ospedali”. Respinto dai soci, molla la dispendiosa avventura e torna a concentrarsi sulla sanità. Subito dopo, nel 2013, muore, lasciando l’impero al figlio Paolo. Oggi arriva Alfano, con il compito di traghettare il gruppo in Borsa e aiutare l’espansione all’estero, verso Est, verso il Medio Oriente. Il Gruppo San Donato, da sempre sensibile alla politica interna, ora punta anche sulla politica estera.

Il Fatto quotidiano, 29 luglio 2019
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