POLITICA

Scandali e arresti. La grande torta della sanità in Lombardia

Scandali e arresti. La grande torta della sanità in Lombardia

Ci vorrebbe non una pagina di giornale, ma un volumone da Enciclopedia Britannica per raccontare i mille scandali nella sanità scoppiati in Lombardia. Ogni volta il politico di turno promette che sarà l’ultima, assicura che la mela marcia è stata isolata, che il sistema sarà riformato; poi le cronache s’incaricano di smentirlo. Ogni scandalo della sanità, in Lombardia, è sempre il penultimo. Il motivo sta tutto in due cifre, 18 e 75: 18 miliardi di euro all’anno è la spesa pubblica sanitaria in Lombardia, il 75 per cento del bilancio della Regione. Un bottino che fa gola.

Ora tocca a quattro primari di due importanti ospedali milanesi. Storia nuova, ma che s’incastra a cannocchiale su storie vecchie, se è vero che la quinta arrestata, Paola Navone, direttore sanitario dell’Ortopedico Paolo Pini, fu sfiorata da un’inchiesta di una decina di anni fa che riguardava la falsificazioni di cartelle cliniche per ottenere più rimborsi sanitari all’ospedale San Carlo. Quel processo si concluse con l’assoluzione degli imputati, come tanti altri in cui non è stato possibile dimostrare che venivano pagati più soldi di quanto giustificato dalle prestazioni fornite.

La madre di tutti gli scandali è, nel 1997, la macchina messa in piedi da Giuseppe Poggi Longostrevi, medico e proprietario di cliniche private. Aveva assoldato una rete di medici di famiglia che mandavano i loro pazienti nei suoi laboratori, molte volte a chiedere esami inutili, o più costosi di quelli davvero eseguiti, oppure mai realmente forniti. In cambio, ai medici arrivavano un regalino a Natale o un compenso, 50 o 100 mila lire. Ma il suo sistema è costato alla Regione Lombardia (o meglio: ai cittadini lombardi) almeno 60 miliardi di lire.

Per far funzionare questo meccanismo ci voleva un santo in paradiso, o almeno al Pirellone. Era Giancarlo Abelli, braccio “sanitario” del presidente della Regione Roberto Formigoni e poi devoto a Silvio Berlusconi: i magistrati scoprirono che Poggi Longostrevi aveva pagato ad Abelli una mazzetta da 72 milioni di lire, ma lui spiegò che era una consulenza, benché non fatturata, e la storia finì con un processo per false fatture da cui fu assolto. E subito premiato con l’assessorato alla sanità in Lombardia e poi con un posto in Parlamento.

Furono premiati anche i manager “politici” della sanità coinvolti in un vecchio scandalo con epicentro all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Ma ad elencarli tutti, gli scandali sembrano le litanie dei santi: San Carlo, Santa Rita, San Giuseppe, San Raffaele… Se in principio fu Poggi Longostrevi, l’evoluzione della specie arriva, nel 2011, con l’esplosione del sistema Formigoni e gli scandali San Raffaele e Fondazione Maugeri. Arrestato Pierangelo Daccò, ciellino e mediatore tra il “Celeste” e le strutture sanitarie private “dell’eccellenza lombarda”: beneficate con 250 milioni di euro, soldi pubblici regionali, in cambio di “benefit” (forma postmoderna di tangente) a Formigoni per 70 milioni di euro in viaggi, cene, vacanze, yacht, sconti su una villa in Sardegna.

Il fondo è stato toccato con “la clinica degli orrori”, la Santa Rita di Milano, in cui il primario di chirurgia toracica Pier Paolo Brega Massone eseguiva operazioni superflue, inutili o dannose, pur di portare a casa i rimborsi della Regione. Arrestato nel 2007, è stato condannato in appello all’ergastolo, per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà, per la morte di quattro pazienti e 45 casi di lesioni.

Uscito di scena Formigoni, al Pirellone è arrivato Roberto Maroni che ha subito annunciato una riforma della sanità, realizzata dal suo braccio destro per il settore, Fabio Rizzi, medico e leghista. Bobo non fa in tempo a magnificare la bontà dei suoi cambiamenti che arrivano i gendarmi ad arrestare Rizzi. Il 16 febbraio 2016 scattano 21 manette: Operazione Smile, la chiamano, perché stavolta le ruberie hanno a che fare con le cure odontoiatriche e il personaggio più rilevante, accanto al leghista Rizzi padre della nuova riforma che cambia il nome alle Asl in Ats, è l’imprenditrice Maria Paola Canegrati, detta “Lady Dentiera”. Le sue società in una decina d’anni avevano conquistato il monopolio dei servizi odontoiatrici appaltati in esterno dagli ospedali lombardi e pagati con i soldi della Regione.

A finire in carcere, l’anno prima, è stato invece l’uomo più potente di Forza Italia in Lombardia: Mario Mantovani, console berlusconiano, ras della sanità e già vice di Maroni in Regione. Accusa: corruzione e concussione per appalti nella sanità, compresa una gara sul trasporto dei dializzati.

Il Fatto quotidiano, 11 aprile 2018
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