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Campione d’Italia. Il casinò fallisce, il gioco d’azzardo cresce

Campione d’Italia. Il casinò fallisce, il gioco d’azzardo cresce

Rien ne va plus. Il casinò di Campione d’Italia potrebbe chiudere per fallimento: lo ha chiesto la Procura di Como, al termine di un’inchiesta che ha concluso che la casa da gioco è in stato di insolvenza. Les jeux sont faits: la casa da gioco da anni chiude i bilanci in perdita e vede diminuire i clienti. Nel 2016 sono scesi a 672 mila e nel 2017 sono stati ancora 40 mila in meno. Le perdite sono da anni pesanti: 47,9 milioni nel 2011; 30,8 nel 2012; 25,3 nel 2013; 29 nel 2014; 32,6 nel 2015. Un vero problema per Campione d’Italia, enclave italiana in territorio svizzero, in cui 400 persone lavorano direttamente per il casinò, ma buona parte dei quasi 2 mila abitanti vive di gioco d’azzardo.

L’inchiesta giudiziaria è nata da un esposto presentato dall’attuale sindaco di Campione, il medico Roberto Salmoiraghi, di Forza Italia, quand’era all’opposizione. Aveva denunciato al procuratore di Como il fatto che il casinò da anni non trasferisce i soldi che deve al Comune, azionista al 100 per cento della società che gestisce la casa da gioco. Il debito accumulato nel tempo è di circa 30 milioni di franchi svizzeri (circa 25 milioni di euro). La Guardia di finanza era entrata nella casa da gioco e aveva portato via casse di documenti. Sulla base di quelle carte, i magistrati hanno appurato che al debito verso il Comune si aggiunge anche quello nei confronti delle banche, di un’altra trentina di milioni. Risultato: il casinò potrebbe ora essere costretto dal Tribunale civile di Como ad aprire la procedura di fallimento per insolvenza.

In passato era intervenuto in Svizzera un consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi, Lorenzo Quadri, che aveva chiesto al Consiglio federale elvetico se non fosse da considerare aiuto di Stato il contributo accordato dal governo italiano a Campione (7,6 milioni di franchi nel 2017). Ufficialmente per far fronte alle difficoltà generate dall’andamento del cambio euro-franco, ma – secondo il politico svizzero – per sanare le perdite generate dal Casinò. Aiuto di Stato indiretto a un’azienda, aveva tuonato Quadri, proibito dall’Unione europea; e concorrenza sleale del casinò di Campione nei confronti dei vicini casinò elvetici di Lugano e di Mendrisio, che pure non se la passano troppo bene. Ora l’inchiesta giudiziaria, avviata con l’ipotesi di reato di peculato a carico degli amministratori della società che gestisce il casinò, potrebbe avere come affetto quello di sconvolgere i fragili equilibri economici del Comune di Campione.

La crisi della casa da gioco italiana in territorio svizzero arriva a sommarsi a quelle degli altri casinò nazionali, Saint Vincent, Venezia e Sanremo. A Saint Vincent la Procura di Aosta indaga sui 140 milioni pagati tra il 2012 e il 2015 dalla Regione Valle d’Aosta, proprietaria del casinò, per compensare le perdite della casa da gioco (20 milioni nel 2014, 20 nel 2015, 38 nel 2016). E la Corte dei conti ha chiesto che quei 140 milioni siano restituiti da chi li ha concessi, ovvero 22 tra consiglieri e assessori regionali della Valle d’Aosta, tra cui l’ex presidente Augusto Rollandin. Gli affari vanno male anche a Venezia. Solo Sanremo sta reagendo meglio degli altri alla crisi.

Una crisi paradossale: il volume d’affari del gioco d’azzardo era di circa 14 miliardi di euro nel 2001 ed è di circa 100 miliardi di euro nel 2017, dunque è cresciuto di ben sette volte in 16 anni. Ma a guadagnarci sono i nuovi imprenditori delle slot machine, delle sale gioco vlt e del gioco online. I casinò, invece, dal 2007 a oggi hanno perso in Italia circa il 40 per cento della loro cifra d’affari, che si è quasi dimezzata e sta peggiorando di anno in anno. Coinvolti nella crisi dei casinò sono i politici locali, che solitamente attingono potere dalla gestione delle case da gioco, dalle assunzioni e dai privilegi di cui gode una parte del personale.

Il Fatto quotidiano, 16 gennaio 2018
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