AFFARI

Coop, banche abusive: bruciati i risparmi di 20 mila soci

Coop, banche abusive: bruciati i risparmi di 20 mila soci Debora Serracchiani (Presidente Regione Friuli Venezia Giulia) in visita alla COOPCA Società Cooperativa Carnica di Consumo - Amaro 04/08/2014

La piccola Etruria del Nordest.

Per la prima volta due coop sono accusate di esercizio abusivo dell’attività bancaria, cioè di aver fatto la banca senza esserlo. Sono le Cooperative Operaie di Trieste e la Cooperativa carnica di Tolmezzo (Coopca). Due coop di consumo finite in bancarotta in Friuli Venezia Giulia, lasciando 20 mila “soci prestatori” senza i loro risparmi: un buco di 130 milioni, una piccola Etruria del Nordest. Gestivano supermercati, ma come tutte le coop raccoglievano anche il “prestito sociale”, cioè incameravano i soldi dei loro soci in libretti di risparmio, offrendo un tasso superiore a quello concesso dalle banche. Sono saltate entrambe e ora a Trieste il presidente e quattro sindaci delle Coop Operaie, rinviati a giudizio, andranno a processo, mentre a Udine il presidente e 15 tra sindaci e amministratori di Coopca il 9 febbraio 2018 compariranno davanti al giudice dell’udienza preliminare.

Sono due storie parallele, esplose nel 2015. La Coopca aveva 12 mila soci, di cui 3 mila “prestatori”, che cioè lasciano i loro risparmi, o la loro liquidazione, alla cooperativa. Un tesoretto di circa 30 milioni. Ma da anni gli affari vanno male, la crisi è visibile almeno dal 2010. I supermercati Coopca, gestiti da Giacomo Cortiula, per 18 anni irremovibile presidente, perdono soldi.

Che cosa fanno, allora, gli amministratori? Cercano di “occultare all’esterno e ai soci prestatori le ingenti perdite maturate e la situazione economica ampiamente deficitaria”, scrive la pm di Udine Elisa Calligaris. Prendono gli immobili della cooperativa e tra il 2012 e il 2014 li vendono a una società (la Immobilcoopca) costruita su misura dalla stessa Coopca. La vendita è fittizia, nessuno paga, ma intanto gli amministratori iscrivono a bilancio i milioni di euro delle cessioni, “mere poste contabili, iscritte a bilancio tra i valori della produzione, e dunque plusvalenze fittizie”. Per questo ora devono rispondere di bancarotta. Non contenti, aggravano il dissesto attuando “una politica di espansione realizzata, nonostante la congiuntura sfavorevole”, con l’acquisizione di nuovi punti vendita comprati da Sma, da Pam, da Dogal. E buttano 20 milioni per realizzare ad Amaro, in Carnia, un centro di distribuzione poi poco e male utilizzato.

Il dissesto è mascherato “attraverso false rappresentazioni della situazione economica e patrimoniale di Coopca ”. Sono falsi, secondo la pm, i bilanci del 2009, del 2010, del 2012, del 2013. Gli abbellimenti servono anche per continuare a raccogliere il “prestito sociale”, i risparmi dei soci. Anzi: nel 2014, quando la situazione è già disperata (quattro mesi dopo scatterà il concordato fallimentare), gli amministratori “incentivano il ricorso al prestito sociale”, mandando a tutti i soci una lettera che promette un “incentivo straordinario”, un 1 per cento di rendimento in più a chi lascia sul libretto almeno 5 mila euro.

In queste operazioni, secondo l’accusa, si rendono colpevoli di esercizio abusivo dell’attività bancaria perché il “prestito sociale” raccolto dalle coop deve essere non più del triplo del patrimonio: invece gli amministratori di Coopca in tre anni sforano di ben 18 milioni. Non basta: il presidente Cortiula e il suo successore Ermanno Colussi aggravano il disastro convincendo un centinaio di persone a comprare azioni per 7 milioni.

Ora il buco lasciato dalla Coopca a fornitori e prestatori (90 milioni) è stato solo parzialmente coperto dal liquidatore giudiziale che dal patrimonio ha ricavato 33 milioni con cui ha pagato i creditori privilegiati. Zero euro ai soci azionisti. Zero euro ai “soci fornitori”, che recupereranno il 50 per cento dei loro soldi (13,5 milioni su 26,5) grazie a “liberalità” distribuite dal sistema cooperativo, cioè dalla Coop Alleanza 3.0 che si è sostituita a Coopca.

Le Coop Operaie di Trieste hanno una storia simile, con cifre più grosse: 43 supermercati, 650 dipendenti, 126 milioni di fatturato, cento anni di storia. E 110 mila soci, di cui 17 mila che hanno consegnato 103 milioni di risparmi alla cooperativa come “prestito sociale”. Dopo anni di perdite con i supermercati (dai 3 agli 8 milioni l’anno), falsamente compensati da finte vendite di immobili (alla Cotif Immobiliare), il gioco salta. L’amministratore nominato dal Tribunale, l’avvocato Maurizio Consoli, ha venduto i supermercati (a Coop Nordest, a Conad, a Despar) raccogliendo finora un centinaio di milioni. Promette di restituire l’81 per cento del “prestito sociale”.

I processi stabiliranno le responsabilità penali. E chi doveva vigilare? Bankitalia è presente per la prima volta in un processo sulle coop, quello di Udine: ma come parte offesa, perché Coopca ha fatto la banca senza autorizzazione. La vigilanza sulle coop spetta alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. “Ma noi abbiamo il compito di fare controlli sulla mutualità, non sulla contabilità”, ha risposto Debora Serracchiani, il presidente regionale che ha annunciato che non si ripresenterà alle elezioni regionali di maggio. Il candidato Pd che la sostituirà è Sergio Bolzonello: proprio l’assessore all’industria e commercio con delega alle cooperative che avrebbe dovuto vigilare su Coop Operaie e Coopca. Ma per carità, solo sulla mutualità.

Il Fatto quotidiano, 22 novembre 2017
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