POTERI

Ortoleva: “Concorsi sempre truccati, ma oggi l’università è maltrattata”

Ortoleva: “Concorsi sempre truccati, ma oggi l’università è maltrattata”

Non ha dubbi, Peppino Ortoleva, professore ordinario di comunicazione all’università di Torino ed esperto di televisione e massmedia. “Non possiamo stupirci per i concorsi truccati, per l’abilitazione scientifica nazionale fatta su misura per mettere in cattedra gli amici: l’università italiana è sempre stata così, o almeno un pezzo di università italiana è da molti decenni che funziona così”.

Niente di nuovo sotto il sole, professor Ortoleva?

Prima c’erano i vecchi baroni che decidevano la propria successione, poi sono stati introdotti nuovi sistemi, ma fatta la legge (male), trovato l’inganno: e le cose sono continuate come prima, o peggio di prima. È una cosa disgustosa, lo so, ma accade da sempre. Soprattutto nel campo del Diritto e della Medicina, in cui essere professore è una ciliegina sulla torta e l’attività universitaria porta solo una piccola parte dei guadagni complessivi; ma una parte importante, perché aggiungere Prof. davanti ad Avv. o a Dott. permette di incassare parcelle più consistenti.

Lei dunque non si stupisce per niente di questo scandalo e di questa inchiesta…

E invece sì, mi stupisco. Perché mi chiedo: come mai i magistrati si accorgono solo ora di un problema che c’è sempre stato? Intervengono solo ora che l’università italiana è trattata da tutti come una schifezza e i professori universitari sono vilipesi da tutti. È questo il vero problema: l’università italiana è la più maltrattata del mondo, la più sottofinanziata d’Europa e, in rapporto al Pil, del mondo. Guardi, considerando il Pil, i Paesi che al mondo mettono più risorse nell’università sono: primo lo Zimbabwe, secondo la Namibia. Da noi invece ha vinto Giulio Tremonti e il suo “la cultura non si mangia”. La destra odia la cultura, la sinistra la dà per scontata, “tanto quelli votano già per noi”. Così niente più soldi. Questo è per l’università italiana il momento peggiore di tutta la sua storia.

Però i professori universitari sono scesi in sciopero: come fossero tranvieri, ha replicato qualcuno dentro la vostra categoria.

Fanno bene a scioperare, perché sono la categoria peggio trattata di tutta la pubblica amministrazione. Altro che tranvieri. Sono gli unici che non sono riusciti a rimuovere il blocco degli scatti allo stipendio imposto dal governo Monti. E nelle università la Cgil penalizza i professori a vantaggio del personale amministrativo. Detto questo, però, lo sciopero dei professori universitari non ha senso: gli scioperanti poi lavorano di più per recuperare il tempo dello sciopero.

Oggi a Torino anche gli studenti universitari si schierano con i professori, con un’iniziativa per “cercare prospettive comuni” e cercare di unire studenti, professori, precari “contro il definanziamento e la aziendalizzazione dell’università”.

Le rappresentanze degli studenti, in generale, sono un problema grave dentro l’università. Le vota solo una minoranza degli studenti veri e quelli che sono eletti, per esempio nel cda, sono di solito al traino del sindacato. Bisognerebbe ripensare radicalmente il sistema di rappresentanza nelle università, la attuale governance è una piccola truffa.

L’iniziativa a Torino del gruppo Studenti Indipendenti è convocata oggi a Palazzo Campana, dove prese l’avvio la rivolta del Sessantotto. Cinquant’anni dopo…

Ma lasciamo stare il Sessantotto, per favore. Parliamo di quello che succede adesso. La verità è che il Sessantotto, nato nell’università, ha cambiato più l’esercito o la polizia che non l’università. La mia generazione, che ha fatto il Sessantotto, ha poi conquistato posizioni di potere e ha finito per accettare le vecchie regole contro cui aveva lottato. Ripeto, restiamo al presente: questi scandali sono vecchi come l’università italiana, ma la magistratura se ne accorge solo ora che l’università italiana è la più maltrattata del mondo.

Il Fatto quotidiano, 27 settembre 2017
To Top