POLITICA

Due pesi e due misure: conflitti d’interessi, politica, parenti & affari

Due pesi e due misure: conflitti d’interessi, politica, parenti & affari Abstract Image of Business People's Silhouettes in a Meeting

Il conflitto d’interessi? È stato il tormentone di vent’anni di vita politica italiana. Per due decenni si è parlato molto degli incroci incestuosi tra incarichi pubblici e affari privati, contemplando una montagna su cui era seduto un imprenditore, padrone della tv in Italia, che si era fatto anche politico e capo del governo. Molte parole e pochi fatti, tanto che stiamo ancora aspettando una legge che lo regoli davvero, il conflitto d’interessi. Ma ora un topolino sguscia via dal Campidoglio e annuncia che il problema è risolto, addirittura per via giudiziaria, senza neppur bisogno di interventi legislativi, grazie a un sapiente utilizzo di sponda del codice penale: alla sindaca di Roma, Virginia Raggi, sono stati contestati i reati di falso e abuso d’ufficio perché ha nominato Renato Marra capo del dipartimento turismo del Comune; “in concorso” con Raffaele Marra, fratello del primo, dunque in evidente conflitto d’interessi nel suggerire la nomina. Il conflitto d’interessi medesimo diventa dunque materia penale.

Ci permettiamo di ricordare allora altri casi in cui la carambola giudiziaria potrebbe essere ripetuta, per risolvere come d’incanto i conflitti che vedono aggrovigliati fratello e fratello, padre e figlio, figlia e padre, fidanzato e fidanzata, in un coacervo armonioso di affari, parentele e politica.

Maria Elena Boschi entrava e usciva dal Consiglio dei ministri, quando si doveva prendere decisioni sulle banche, visto che aveva un padre, Pierluigi Boschi, vicepresidente di Banca Etruria e un fratello, Emanuele, dipendente dell’istituto. Più netto il comportamento di Vincenzo De Luca, governatore della Campania e per oltre vent’anni sindaco-sceriffo di Salerno: lui non si vergogna, rivendica. Non solo il voto di scambio e le fritture di pesce, ma anche le investiture dinastiche. Così il figlio Roberto, 32 anni, è stato chiamato dal sindaco di Salerno, fedelissimo di papà, a fare l’assessore con la più pesante delle deleghe, quella al bilancio.

Stesso assessorato, a Milano, concesso dal sindaco Giuseppe Sala al suo socio in affari: Roberto Tasca è un professionista stimato con studio a Milano e cattedra a Bologna, ma è anche socio del sindaco in Kenergy, una società che produce energia elettrica (e che Sala aveva “dimenticato” di dichiarare ai cittadini nella sua autocertificazione giurata del febbraio 2015). Il sindaco di Milano ha anche un altro problema che proprio oggi, 26 gennaio 2017, sarà affrontato dal tribunale civile di Milano: potrebbe decadere da sindaco perché ineleggibile.

È quanto sostengono due esposti presentati da cittadini milanesi, i quali argomentano così: Sala è stato commissario di governo per Expo e anzi lo è ancora, perché il governo non ha mai formalizzato le sue dimissioni e perché lo stesso Sala ha firmato atti della società Expo in date successive alle dimissioni. L’articolo 60 del Tuel (il Testo unico enti locali) dice che non puoi fare il sindaco dove hai fatto il commissario di governo, se non hai dato le dimissioni per tempo: è anche questa una forma di protezione dei cittadini da possibili conflitti d’interessi. Ma a decidere sarà il giudice.

Non soci, ma parenti, per il ministro Angelino Alfano e l’ex ministra Federica Guidi. Angelino, com’è noto, ha un fratello che si chiama Alessandro. L’operazione “Labirinto” della Procura di Roma ha beccato il faccendiere Raffaele Pizza a tessere relazioni “ad altissimo livello”. Tra queste, l’assunzione in una società delle Poste del fratello di Angelino. Federica Guidi almeno si è dimessa da ministro (come fece anche Maurizio Lupi per via del Rolex regalato al figlio Luca): nessun rilievo penale, ma forte imbarazzo politico, per aver comunicato in anteprima al suo compagno Gianluca Gemelli – lo prova un’intercettazione – un emendamento alla legge di stabilità che favoriva suoi interessi imprenditoriali. “E anche Maria Elena è d’accordo”, diceva al telefono Federica, riferendosi a Boschi.

Nessuna conseguenza penale neppure per Vasco Errani, uscito pulito dal processo per aver favorito, da presidente della Regione Emilia Romagna, il fratello Giovanni su cui nel 2006 era piovuto un finanziamento regionale da 1 milione di euro concesso alla cooperativa Terremerse.

Quanto all’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha scambi sia con gli amici, sia con i parenti. A Marco Carrai quando è sindaco di Firenze dà cariche pubbliche e riceve in uso una casa sulle rive dell’Arno e generosi finanziamenti per le sue avventure politiche. Cariche in Provincia e in Comune anche per Andrea Bacci, costruttore, gentile ristrutturatore della villa toscana di Matteo, socio di suo padre Tiziano e negli ultimi giorni bersaglio di misteriose e inquietanti pistolettate.

Ma il caso più esilarante di rapporto padre-figlio è quello di Genséric Cantournet, ex militare francese diventato capo della sicurezza Rai. Chi lo ha selezionato e scelto? La Salvia, Cantournet & Partners, agenzia di cui è socio Bernard Cantournet, papà di Genséric. Meno male che ora da Roma arriva il nuovo stile che scioglierà i conflitti d’interesse come i ghiacci attaccati dal riscaldamento globale.

Il Fatto quotidiano, 26 gennaio 2017
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