GIUSTIZIA

La nuova “voluntary disclusure”. Arriva il riciclaggio di Stato

La nuova “voluntary disclusure”. Arriva il riciclaggio di Stato briefcase with money

La voluntary disclosure permetterà di far entrare un po’ di soldi nelle casse dello Stato, d’accordo. Ma a costi altissimi per la legalità e, alla fine, anche per l’erario. A sostenerlo, con allarme e dovizia di esempi, è un magistrato che lavora nel settore (e che proprio per questo chiede di restare anonimo). La possibilità di far rientrare in Italia capitali nascosti al fisco, pagando allo Stato una piccola cifra e senza conseguenze penali, è stata riaperta fino al settembre 2017, con la speranza di far incassare all’erario circa 2 miliardi di euro. “Ma sarà un disastro per la giustizia e anche per i conti dello Stato. Entrerà in funzione una grande macchina di riciclaggio di Stato”. Ecco come e perché.

Punto primo. La voluntary è “diseducativa”, si aggiunge ai condoni e agli scudi fiscali facendo passare l’idea che in Italia le tasse conviene non pagarle, perché tanto prima o poi arriva la sanatoria. “Ma la voluntary è addirittura peggio dello scudo fiscale”, afferma il nostro interlocutore, “perché con lo scudo la magistratura era esterna al meccanismo e, in gran parte, contraria. Questa volta invece è parte attiva, consiglia, collabora. Si è trasformata, si è messa al servizio dell’erario. Ha fatto sua la tesi della giustizia negoziata, che funziona negli Stati Uniti dove c’è la discrezionalità dell’azione penale. In Italia dovrebbe esserci invece l’obbligatorietà dell’azione penale e la magistratura non dovrebbe rinunciare al suo ruolo di individuare e punire i reati. Senza fare baratti: soldi in cambio di impunità. Senza rinunciare alla giurisdizione per permettere allo Stato di far cassa. La logica del ‘portiamo a casa qualcosa invece di inseguire gli evasori (che poi non raggiungiamo)’ va bene se è perseguita dall’erario, ma non dai magistrati, che fanno un altro mestiere e non devono rinunciare alla giurisdizione. Così, piano piano, sta mutando la natura della magistratura in Italia”.

Anche perché, sostiene il magistrato, molti di coloro che aderiscono alla voluntary sanno di essere a rischio indagini penali e proprio per questo chiedono di “sbiancare” i loro capitali. Cercano di anticipare le mosse della magistratura, mettendosi al riparo dalle conseguenze penali. In questi anni sono circolati elenchi di italiani con patrimoni all’estero (dalla lista Falciani a quella Credit Suisse) che hanno messo in allarme chi sa di avere il suo nome scritto in quelle carte. Meglio non rischiare e sanare con la voluntary. Pagando una piccola cifra ed evitando il pericolo di vedersi sequestrare tutto il malloppo. “Vedremo quanto riuscirà alla fine a incassare lo Stato. Ma la cifra sarà di certo di molto inferiore a quanto potrebbe essere raccolto se le indagini fossero fatte fino in fondo”.

Punto secondo. La voluntary non sbiancherà affatto i capitali nascosti. Chi aderisce potrà dichiarare quanto ha all’estero, ma potrà barare, dichiarando solo una parte dei soldi che ha realmente nascosto. Rischia (pene fino a 6 anni), ma vallo a beccare. Poi però inizia il gioco più bello. Il capitale “sbiancato” potrà essere intestato, per esempio, a una fiduciaria – purché sia domiciliata in Italia – e questa potrà investirlo, sempre per esempio, in polizze vita all’estero. A questo punto, le polizze potranno essere movimentate in entrata e in uscita: dalle polizze potranno essere attinti soldi, che arriveranno al loro detentore senza alcun controllo; oppure alle polizze potranno essere aggiunti altri soldi, anche fondi neri arrivati chissà da dove, che spariranno di nuovo all’estero, in un riciclaggio perfetto, legalizzato, con il timbro dello Stato che ha promosso la voluntary.

Punto terzo. Chi aderisce all’operazione rientro dei capitali sarà salvato dalle indagini penali per reati fiscali: una bella archiviazione richiesta dalle Procure chiuderà la partita. “Ma così”, spiega il magistrato, “rischiano di restare sommersi, nascosti, invisibili, anche altri reati, che la voluntary non dovrebbe né potrebbe coprire: riciclaggio, bancarotta fraudolenta, corruzione. Chi ha portato soldi all’estero lo ha fatto per evitare di pagare le tasse. Ma quei tesoretti possono anche essere frutto di riciclaggio, proventi di tangenti, riserve pronte per pagare mazzette, oppure possono essere la cassaforte dove si sono messi al sicuro soldi sottratti ad aziende lasciate fallire. Chi è già indagato per altri reati non fiscali non può aderire alla voluntary, chi però ancora non lo è, ma sa che i pm potrebbero bussare alla sua porta, può tentare il colpo, coprendo con l’adesione volontaria al rientro anche il riciclaggio, la corruzione, la bancarotta fraudolenta”. Scuote la testa, il magistrato deluso: questa operazione porterà qualcosa nelle casse dello Stato; ma a che costi…

Il Fatto quotidiano, 28 ottobre 2016
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