MILANO

Ora che ha vinto, Sala deve pagare le cambiali

Ora che ha vinto, Sala deve pagare le cambiali

Ce l’ha fatta, seppur con molta più fatica del previsto. Ora Giuseppe Sala dovrà far quadrare problemi e promesse. Il primo problema è l’eventuale ineleggibilità: era ancora commissario Expo (dunque ineleggibile a sindaco), quando il 3 febbraio e poi ancora il 27 aprile 2016 – tre mesi dopo le dimissioni mandate a Palazzo Chigi ma mai perfezionate – firmava i rendiconti economici dell’esposizione universale? La domanda ora è depotenziata dal fatto che i radicali che l’avevano formulata si sono apparentati con Sala e Marco Cappato punta a entrare in giunta.

Più complicato il rebus delle promesse. Per tenere insieme la squadra e le molte diverse ambizioni, e poi per allargare il consenso al ballottaggio, Sala ha dovuto accarezzare svariate pretese. Riuscirà a mantenere gli impegni? La poltrona di vicesindaco andrà molto probabilmente a Cristina Tajani. Più che per le preferenze raccolte al primo turno (1.285), per un altro paio di motivi: perché il vicesindaco dev’essere donna e perché, pur provenendo da Sel, Tajani è tra i primi ad aver abbandonato Giuliano Pisapia per passare a Sala. Sarà sicuramente premiato Pierfrancesco Majorino, determinante per la vittoria di Sala alle primarie, poi primo per preferenze (7.582), nonché copertura a sinistra di Mr. Expo. Non gli dispiacerebbe fare lui il vicesindaco, ma si vedrà se prevarrà l’impegno alla parità di genere.

Un assessorato dovrà andare agli altri campioni delle preferenze: Pierfrancesco Maran (5.193), Marco Granelli (3.183) e Carmela Rozza (3.075), tutti e tre già nella giunta Pisapia, Maran ai trasporti, Granelli alla sicurezza e Rozza ai lavori pubblici. Probabile new entry, Anna Scavuzzo, iper-renziana e con una buona dote di preferenze (2.216). Un personaggio chiave dell’amministrazione Sala sarà Gianni Confalonieri, che Pisapia aveva delegato come plenipotenziario del Comune per Expo, che negli anni scorsi ha stretto un rapporto fortissimo con l’ex amministratore delegato dell’esposizione e che ora, per decreto del governo, l’ha sostituito come commissario Expo.

Sala ieri si è preso un po’ di tempo per decidere: “Sette giorni. Al massimo entro lunedì prossimo Milano avrà una nuova giunta”. Con un numero pari di uomini e di donne, promette, e “piani per i prossimi cinque-dieci anni”. Tre priorità di programma. Innanzitutto le periferie: “Voglio tenere io la delega per le case popolari, perché voglio curare in prima persona questo aspetto”. A cui terrebbe invece molto Carmela Rozza. Poi “la politica ambientale, il traffico e la sostenibilità, con una visione di lungo termine, che collochi Milano al livello più alto tra le città contemporanee”.

Terzo elemento, il “modello Londra”: “attrarre investimenti dall’estero, portare studenti stranieri nelle università milanesi e sviluppare il turismo internazionale”. È il tema su cui ha studiato l’ex assessore al commercio Franco D’Alfonso, ex “arancione” di Pisapia passato armi e bagagli a Sala, ma con scarsa dote elettorale (solo 717 preferenze). È probabile che Sala abbia in mente una figura più manageriale e più internazionale. Per complicare il puzzle, che già ha molti più pezzi che caselle dove inserirli, il neo sindaco annuncia l’arrivo di “personalità esterne”: vuole coinvolgere “risorse di alta qualità dall’esterno perché la politica può avere grande contributo da persone che conoscono Milano e hanno capacità. Ascolteremo tutti e poi il sindaco deciderà”. Quanti saranno gli scontenti? Entro sette giorni lo sapremo.

Infinito l’elenco delle promesse elettorali e dei dossier da affrontare. Abbassare le tasse alzando l’esenzione dell’addizionale Irpef da 21 a 28 mila euro. Recuperare i quartieri popolari con 130 milioni d’investimenti. Riaprire i Navigli. Investire contro le povertà e per il reddito di maternità. Regolarizzare il centro sociale Leoncavallo. Il bando per la moschea. I soldi per le metropolitane M4 e M5. Vendere quote delle partecipate. E infine tre gigantesche partite urbanistiche: decidere che cosa fare sull’area ex Expo, firmare un nuovo accordo con Fs sugli ex scali ferroviari, riutilizzare l’area Ortomercato. Con le lobby che sentono profumo d’affari e si preparano a sedersi alla tavola che sarà imbandita. Il modello Expo continua?

Il Fatto quotidiano, 21 giugno 2016
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