MILANO

Sala ce la fa. E salva Renzi dalla disfatta

Sala ce la fa. E salva Renzi dalla disfatta

Dopo quindici giorni di apprensione e una serata con il fiato sospeso, Giuseppe Sala è alfine entrato a Palazzo Marino, poco dopo l’una di notte, accompagnato da Giuliano Pisapia e dal canto di Bella ciao. Ce l’ha fatta: 51,7 per cento, contro il 48,3 di Stefano Parisi. Circa 17 mila voti di differenza. Milano è, con Bologna, l’unica tra le grandi città che resta al Pd. Persa (come previsto) Roma, persa (più a sorpresa) Torino, con Napoli che resta a Luigi De Magistris, solo a Milano (e Bologna) il partito di Matteo Renzi vince. Non è il trionfo che il presidente del Consiglio immaginava quando candidò sindaco Mr. Expo, ma alla fine ha portato a casa il risultato.

Bassissima l’affluenza alle urne: 51,8%, record storico negativo per Milano, che conferma quanto lo scontro tra i due manager non abbia appassionato la città. I votanti sono stati un po’ meno che al primo turno (54,6 per cento) e molti meno che nel 2011, quando vinse Giuliano Pisapia (erano il 67,2 per cento: oggi si sono persi 15 punti!). Metà dei milanesi non ha votato, la metà che è andata alle urne si è divisa quasi a metà, dunque il sindaco è stato eletto da un quarto dei cittadini, con i tre quarti astenuti o contrari: su 1 milione di elettori, Sala ha avuto 264 mila voti. Parisi ne ha presi 247 mila. Sala ha raccolto circa 100 mila voti in meno rispetto ai 365.657 ottenuti nel 2011 da Pisapia. Il disagio degli elettori si esprime con l’astensione record (48,2 per cento), ma anche con l’alto numero di schede bianche (2.370) e nulle (ben 7.511), che insieme fanno un partitino del 2 per cento. In totale, il 50 per cento tondo dei milanesi è rimasto fuori dallo scontro Sala-Parisi.

Nelle due lunghe settimane che hanno separato il primo turno dal ballottaggio, il Pd ha lavorato sodo. Migliaia di telefonate, e-mail, sms per convincere i dubbiosi e recuperare gli elettori a cui Sala proprio non piaceva. È stata agitata soprattutto la paura dei barbari alla porte, del centrodestra – berlusconiano, leghista, fascista, razzista, xenofobo, omofobo – a cui bisognava a ogni costo sbarrare la strada. La parola d’ordine informale è stata: “Turatevi il naso, ma votate Sala”. Ha funzionato. Ha fatto infine dichiarazione di voto per Sala anche Basilio Rizzo, che al primo turno aveva raccolto 19 mila voti della sinistra. I radicali di Marco Cappato, 10 mila voti al primo turno, hanno deciso addirittura un apparentamento formale con Sala, malgrado avessero presentato esposti contro Mr. Expo considerato ineleggibile per il ruolo mantenuto fino a poche settimane fa nella società di gestione dell’esposizione universale. Per rassicurare gli elettori sospettosi nei confronti di Sala, era stato schierato in campo anche Gherardo Colombo, annunciato come garante della legalità nella futura amministrazione di centrosinistra. Il risultato è stato la vittoria. Hanno tirato un sospiro di sollievo i capi del Pd milanese, che erano rimasti fino alla serata di ieri con il fiato sospeso. Si giocavano la carriera politica.

Parisi con la sua campagna elettorale ha rimontato una distanza che all’inizio pareva incolmabile, ma al ballottaggio non è riuscito a superare l’avversario. I 224 mila votanti di Sala del 5 giugno sono diventati ieri 264 mila: 40 mila in più. Sono cresciuti anche gli elettori di Parisi, passati dai 219 mila del primo turno ai 247 mila del ballottaggio (28 mila in più). Non è bastato. Soddisfatto il Pd, che a Milano ha evitato la disfatta. Proprio qui, nella sede elettorale di Sala, era presente fin dal pomeriggio il vicepresidente del partito Lorenzo Guerini. “Siamo qui per commentare la grande vittoria di Beppe Sala”, ha detto. “Una vittoria contro la destra che qui si è presentata molto agguerrita e molto compatta. Ringraziamo ancora una volta Giuliano Pisapia. In tutto il Paese, vinciamo in maniera netta contro la destra, mentre paghiamo dazio contro i candidati Cinquestelle, forse perché questi raccolgono anche i voti della destra”.

Le prime dichiarazioni di Sala: “Ogni singola promessa fatta in campagna elettorale la faremo diventare realtà. Le periferie saranno da domani mattina la nostra ossessione. Ho fatto tante cose complicate nella vita, ma mai come questa volta ho capito quanto siano importanti gli altri. Mi sento portatore di una speranza, uno che, insieme a tanti altri, è riuscito a portare a casa un risultato straordinario”.

Il Fatto quotidiano, 20 giugno 2016 (versione modificata)
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